Nel maggio dell’anno scorso, il caso del detenuto basco Inaki Bilbao Goikoetxea (Txikito, originario di Lezama) aveva suscitato un certo scalpore (se pur modesto, compatibilmente con i tempi che corrono).
Nel carcere dove è rinchiuso (a Puerto III, una prigione ritenuta tra le più dure della penisola iberica) veniva costretto a portare le manette anche durante le visite.
Esasperato per quello che considerava un trattamento eccessivo, il prigioniero aveva dichiarato che – se le autorità carcerarie perseveravano – da quel momento si sarebbe rifiutato di presentarsi alle visite.
Nato nel 1956, Txikito viene considerato come il prigioniero basco che sta in carcere da più tempo. Ormai da ben 36 anni se pur in due fasi. Avendone scontato solo 12 della sua ultima condanna a oltre 68 anni (per l’uccisione del consigliere comunale del PSE Juan Priede), dovrebbe uscire non prima del 2070. Ha poi accumulato una serie di altre condanne per aver in più occasioni minacciato giudici e magistrati durante i processi.
Secondo le associazioni pro-amnistia e di sostegno ai prigionieri baschi, le autorità starebbero adottando nei suoi confronti metodi particolarmente duri come ritorsione per le sue posizioni critiche sull’abbandono della lotta armata da parte di ETA.
Dopo aver già condotto una protesta della fame e della comunicazione di 50 giorni, dal 9 settembre al 30 ottobre (e sospesa per non essere sottoposto all’alimentazione forzata), il 2 novembre ha iniziato un nuovo sciopero sia della fame che della sete.
Per rivendicare, stando alla sua dichiarazione «un Paese basco indipendente, socialista, riunificato (in riferimento – presumo- alla separazione tra Hegoalde e Iparralde; rispettivamente: Paese basco «spagnolo» e Paese basco «francese») e bascoparlante».
Talvolta Inaki Bilbao è stato presentato dai media come il «referente dei duri». Ossia dei militanti contrari al processo di soluzione politica adottato – per quanto tardivamente – da ETA nel 2011 (e per questo espulsi dall’organizzazione). In realtà si ha l’impressione che, non avendo ben colto la portata storica dei cambiamenti sociali e politici degli ultimi anni, sia rimasto in qualche modo imprigionato (non solo metaforicamente) in una visione del mondo forse ormai improponibile.
Tuttavia va anche segnalato che durante il suo ultimo sciopero della fame nel settembre-ottobre 2020 (ne aveva condotto un altro, durato oltre un mese, nel 2017), molti cittadini baschi avevano espresso vicinanza e solidarietà con la sua protesta. In particolare il 10 ottobre 2020, a Bilbao, quando era stata convocata una manifestazione nazionale. Una conferma che la questione dei prigionieri politici – fondamentale per una definitiva soluzione politica – è tutt’altro che morta e sepolta.
Gianni Sartori