Processo 15 ottobre 2011: rinviata la requisitoria
- maggio 12, 2015
- in 15 ottobre, misure repressive
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Nell’udienza del processo per devastazione e saccheggio a carico di 18 compagni e compagne per i fatti del 15 ottobre 2011 a Roma, le motivazioni della difesa hanno permesso di ottenere un nuovo rinvio della requisitoria del PM Minisci.
Le nuove udienze – esclusivamente tecniche e nelle quali verrà discusso il materiale presentato dalla difesa – sono state fissate per l’8 giugno e il 6 luglio. La data della requisitoria, invece, non è stata ancora fissata ed è indicativamente prevista per il mese di settembre.
Alcuni momenti di tensione si sono verificati perchè a un compagno imputato era stato impedito, in un primo momento dalla Digos, di entrare in aula con una maglietta che recava sul fronte “Basta leggi fasciste” e sul retro “il 15 ottobre non si processa”.
Una volta fatto entrare in aula, ne è stato espulso dalla Presidente del Tribunale che gli aveva intimato di cambiare maglietta. Un altro compagno imputato ha presentato una dichiarazione di solidarietà ed ha abbandonato anch’egli l’aula in cui si teneva l’udienza.
Anche un compagno molto conosciuto è stato espulso per aver protestato contro le decisioni della Presidente e urlato cori in solidarietà con gli imputati.
Volantinaggio e striscione oggi all’università di Chieti. Università che molt* di noi hanno frequentato/frentano e che frequentava Chucky.
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IL 15 OTTOBRE NON SI PROCESSA!
Ieri, lunedì 11 Maggio, si è tenuta a Roma una nuova udienza del processo per “devastazione e saccheggio” a carico di diciotto compagni e compagne imputat* per i fatti del 15 ottobre 2011. Le motivazioni della difesa hanno permesso un rinvio (probabilmente a settembre) della requisitoria prevista invece per oggi 12 maggio. Sono in atto azioni di solidarietà alle persone imputate.
Sono passati quasi quattro anni e quello che resta del 15 ottobre è il ricordo di un blindato in fiamme in piazza San Giovanni. É ingiusto lasciare che sia questa l’immagine che s’imprime nella memoria collettiva. Il 15 ottobre romano, si inserì in una mobilitazione europea. Fu la giornata culmine di una serie di eventi, della creazione di reti, di dibattiti e incontri pubblici. Furono portati in piazza contenuti e modalità di dissenso da cui si possono anche prendere le distanze, ma che di fatto esprimevano la voglia di cambiamento ed il senso di rabbia di molti/e per la stretta del capitalismo sulle nostre vite.
Si scendeva in piazza contro l’austerità, per rivendicare il diritto al lavoro, fuori da dinamiche di mera produzione capitalista e all’abitare. In altri termini: si manifestava contro un sistema che schiaccia chi non si attiene alle sue regole, che relega chi è diverso/a ai margini della società, che crea disuguaglianza e distrugge l’ambiente.
A Roma, lo stato attaccò il dissenso con decine di cariche, centinaia di lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, ripetuti tentativi di investire le persone con autovolanti e blindati. Dalla sera stessa, iniziò la consueta condanna mediatica: incominciò una sorta di gara nel mostrare le immagini della violenza di chi manifestava. Così chi scese in piazza divenne “criminale”, “terrorista” con l’unico fine di sfasciare vetrine e bruciare macchine.
Fa amaramente sorridere la condanna da parte di chi quotidianamente inveisce contro “la casta”, lo stato e le banche; in una logica forcaiola, si dimenticano le sofferenze e le ingiustizie subite. Perché, in definitiva, valgono più una vetrina rotta ed un blindato in fiamme, della vita delle persone!
Le accuse contro i compagni e le compagne sono di “devastazione e saccheggio”: reato previsto dal codice Rocco, legge fascista che lo stato si è ben guardato dall’abolire, e che si torna ad utilizzare alla bisogna.
Non vogliamo lasciare soli/e gli imputati per quella giornata di lotta. Non rinneghiamo quello che fu il 15 ottobre romano, pur ammettendone alcuni limiti politici. Questo processo non deve cadere nell’indifferenza generale, perché chi era in piazza, era lì per sé e per gli altri/e, per partecipare ad una possibilità concreta di cambiamento.
Quel giorno dall’Università d’Annunzio partì un autobus per la manifestazione romana. Fra le persone che vi parteciparono, c’era Chucky. La mano pesante dello stato si abbattè inclemente su di lui come avrebbe potuto farlo su chiunque di noi, per fornire un capro espiatorio da dare in pasto all’opinione pubblica.
Non vogliamo dimenticare le ragioni che ci fecero scendere in piazza. Nel ricordo di Chucky, solidarizziamo con chi sta pagando da solo/a, quello che fu un grande movimento, presto dimenticato e semplificato nell’immagine di quel blindato in fiamme.
CON CHUCKY NEL CUORE!
Laboratorio delle Culture Antifasciste