Processo Cucchi, assolto funzionario dell’amministrazione penitenziaria
- aprile 30, 2012
- in carcere, malapolizia, violenze e soprusi, vittime della fini-giovanardi
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Claudio Marchiandi è stato assolto con formula piena perché “il fatto non sussiste”. E’ la decisione dei giudici della III Corte d’Appello. Viene così accolta la tesi della difesa, respinta invece la richiesta del pg che, la scorsa udienza, aveva chiesto di confermare la condanna per falso e favoreggiamento e di assolvere l’imputato invece per l’accusa di abuso d’ufficio. Altre dodici persone sono sotto processo con rito ordinario. La prossima udienza il 9 maggio
È stato assolto nel processo di secondo grado Claudio Marchiandi, il funzionario del Prap (Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria) condannato con rito abbreviato in primo grado a due anni di reclusione dal gup Rosalba Liso (il 25 gennaio 2011) nell’ambito del processo sulla morte di Stefano Cucchi, il 31enne fermato per droga il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo nel reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini di Roma.
In particolare Marchiandi è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”. Ora si attende l’esito del processo principale.
LA CORTE D’APPELLO – Lo hanno deciso i giudici della III Corte d’Appello, presieduta da Laura Cerini, dopo circa due ore di camera di consiglio. Accolta così la tesi della difesa, rappresentata dall’avvocato Oliviero De Carolis, respinta invece la richiesta del pg che, la scorsa udienza, aveva chiesto al collegio di confermare la condanna per falso e favoreggiamento e di assolvere l’imputato invece per l’accusa di abuso d’ufficio. Altre dodici persone coinvolte nella stessa vicenda (sei medici, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria) sono invece sotto processo con rito ordinario davanti alla III Corte d’Assise.
L’ACCUSA – Secondo l’accusa Marchiandi avrebbe concorso alla falsa rappresentazione delle reali condizioni di Stefano Cucchi per consentire il suo ricovero al Pertini, di aver abusato del suo ruolo elaborando personalmente fuori orario di lavoro in ospedale la richiesta di disponibilità del posto letto, di avere aiutato gli agenti della penitenziaria a eludere le indagini.
LA DIFESA – “Siamo contenti per la decisione della Corte d’Appello – ha commentato l’avvocato De Carolis – sarebbe comunque importante conoscere la verità. Lo dobbiamo a Stefano Cucchi e speriamo che sulla sua morte sia fatta luce”. “Rispettiamo la decisione dei giudici – ha detto Giovanni Cucchi, padre di Stefano – perché per come era stata impostata l’accusa non c’erano i presupposti per giungere ad una decisione diversa. I nostri legali ci avevano preparato a questa assoluzione. Ce l’aspettavamo quindi ma restiamo comunque molto amareggiati. Con l’ipostazione che la Procura ha dato a questa vicenda ci stanno portando al massacro, stanno uccidendo di nuovo Stefano. Adesso speriamo che nel processo principale la superperizia che sarà disposta sia equa e che porti ad una verità che fino ad oggi non è arrivata”.
LA PROSSIMA UDIENZA – Per la prossima udienza, fissata per il nove maggio, i giudici della III Corte d’Assise, presieduti da Evelina Canale, affideranno ad un gruppo di esperti l’incarico di svolgere una nuova perizia per far luce sulle cause della morte di Stefano Cucchi. Lesioni aggravate, abuso di autorità nei confronti di arrestato, falso ideologico, abuso d’ufficio, abbandono di persona incapace, rifiuto in atti d’ufficio, favoreggiamento, omissione di referto, sono i reati contestati, a seconda delle singole posizioni processuali, agli imputati dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy. Sono i reati contestati, a seconda delle singole posizioni processuali, alle dodici persone sul banco degli imputati nel processo principale.
fonte: Paese Sera
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Quando succedono cose del genere è facile ridursi a dirigere la propria attenzione su pochi elementi del sistema. Se volessimo però iniziare a guadagnare una visione ampia dei problemi, vedremmo che alla loro origine c’è una cultura che non è stata fatta avanzare per nulla. Una società può avanzare entro i limiti posti dalla sua cultura. La nostra cultura è ancora ostaggio di docenti universitari assunti a vita in un sistema finto pubblico ch’è rimasto, proprio per colpa di tali baroni, come era al tempo in cui nacque, ai tempi della monarchia.
Non si può pretendere che strutture, concepite a volte più di un secolo fa, che mantengono lo stesso piglio antidemocratico, impositivo e repressivo che fu dato loro dal Re in persona, non continuino a produrre quello Stato di cose tipico di quel tempo. Solo i tanti docenti universitari, con la magna pompa di cui si sono ammantati, possono rimbecillire le persone, giovani ed adulti, fino a far loro credere il contrario.
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Polizia di Stato
Le origini dell’amministrazione della pubblica sicurezza, in senso moderno, vengono fatte risalire al re Carlo Alberto, che la costituì nel 1848 come amministrazione civile.
http://it.wikipedia.org/wiki/Polizia_di_Stato#Storia_della_Polizia_in_Italia
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Arma dei Carabinieri
L’istituzione del corpo fu ideata a Cagliari nel giugno 1814 da Vittorio Emanuele I di Savoia, re di Sardegna, con lo scopo di fornire al Regno un corpo di polizia simile a quello francese della Gendarmerie.
http://it.wikipedia.org/wiki/Arma_dei_Carabinieri#La_fondazione
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Diamoci dunque da fare a far avanzare la nostra cultura e FACCIAMOLO DA SOLI, senza farci più deviare dai baroni. Solo così potremo liberare l’Italia da una generale organizzazione statale che risale ad epoca di molto antecedente quella democratica e per questo continua a produrre episodi del genere del caso Cucchi e della Diaz.
Senza considerare ora il complessivo pietoso andamento della società che ha stessa identica origine e soluzione. Mettiamo bene a fuoco il problema: gli stessi politici sono condizionati dai docenti universitari. Tutto il sistema è costruito su loro indicazioni. Che si dichiarino di destra o di sinistra non significa nulla. A tutti loro importa una sola cosa: conservare quell’indegno privilegio del posto “pubblico” fisso che fu concesso loro dal re e dal duce e per raggiungere questo osceno scopo tengono bloccata l’intera nostra cultura e società.
Danilo D’Antonio
Quando succedono cose del genere è facile ridursi a dirigere la propria attenzione su pochi elementi del sistema. Se volessimo però iniziare a guadagnare una visione ampia dei problemi, vedremmo che alla loro origine c’è una cultura che non è stata fatta avanzare per nulla. Una società può avanzare entro i limiti posti dalla sua cultura. La nostra cultura è ancora ostaggio di docenti universitari assunti a vita in un sistema finto pubblico ch’è rimasto, proprio per colpa di tali baroni, come era al tempo in cui nacque, ai tempi della monarchia.
Non si può pretendere che strutture, concepite a volte più di un secolo fa, che mantengono lo stesso piglio antidemocratico, impositivo e repressivo che fu dato loro dal Re in persona, non continuino a produrre quello Stato di cose tipico di quel tempo. Solo i tanti docenti universitari, con la magna pompa di cui si sono ammantati, possono rimbecillire le persone, giovani ed adulti, fino a far loro credere il contrario.
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Polizia di Stato
Le origini dell’amministrazione della pubblica sicurezza, in senso moderno, vengono fatte risalire al re Carlo Alberto, che la costituì nel 1848 come amministrazione civile.
http://it.wikipedia.org/wiki/Polizia_di_Stato#Storia_della_Polizia_in_Italia
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L’istituzione del corpo fu ideata a Cagliari nel giugno 1814 da Vittorio Emanuele I di Savoia, re di Sardegna, con lo scopo di fornire al Regno un corpo di polizia simile a quello francese della Gendarmerie.
http://it.wikipedia.org/wiki/Arma_dei_Carabinieri#La_fondazione
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Diamoci dunque da fare a far avanzare la nostra cultura e FACCIAMOLO DA SOLI, senza farci più deviare dai baroni. Solo così potremo liberare l’Italia da una generale organizzazione statale che risale ad epoca di molto antecedente quella democratica e per questo continua a produrre episodi del genere del caso Cucchi e della Diaz.
Senza considerare ora il complessivo pietoso andamento della società che ha stessa identica origine e soluzione. Mettiamo bene a fuoco il problema: gli stessi politici sono condizionati dai docenti universitari. Tutto il sistema è costruito su loro indicazioni. Che si dichiarino di destra o di sinistra non significa nulla. A tutti loro importa una sola cosa: conservare quell’indegno privilegio del posto “pubblico” fisso che fu concesso loro dal re e dal duce e per raggiungere questo osceno scopo tengono bloccata l’intera nostra cultura e società.
Danilo D’Antonio