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Processo d’Appello Aldrovandi, Legge Bavaglio e Giustizia

«Il caso che il tribunale deve affrontare riguarda la morte di un diciottenne, studente, incensurato, integrato, di condotta regolare, inserito in una famiglia di persone perbene, padre appartenente ad un corpo di vigili urbani, madre impiegata comunale, un fratello più giovane, un nonno affettuoso al quale il ragazzo era molto legato. Tanti giovani studenti, ben educati, di buona famiglia, incensurati e di regolare condotta, con i problemi esistenziali che caratterizzano i diciottenni di tutte le epoche, possono morire a quell’età. Pochissimi, o forse nessuno, muore nelle circostanze nelle quali muore Federico Aldrovandi: all’alba, in un parco cittadino, dopo uno scontro fisico violento con quattro agenti di polizia, senza alcuna effettiva ragione».


F.M.Caruso, giudice monocratico

Noi non apparteniamo a partiti, non siamo dei politici, noi siamo persone normali, siamo madri sorelle figlie impiegate operaie libere professioniste casalinghe, e abbiamo dovuto subire la tragedia di dover fare i conti con la giustizia italiana.
Questa giustizia guarda solo i ricchi e i potenti. Questa giustizia ignora in modo imbarazzante i diritti delle vittime dei reati e li calpesta. Questa giustizia processa più facilmente le vittime e i familiari di stato piuttosto che i loro carnefici. Siamo stanche di sentirci dire che la Legge è uguale per tutti. Siamo stanche di sentir parlare di riforma della giustizia e di processi brevi processi lunghi legge bavaglio e questa legge sulle intercettazioni. Questi sono problemi dei politici, non nostri. Di giustizia si muore e i processi sono insostenibili tanto per le vittime del reato quanto per imputati non in possesso di risorse adeguate. Noi chiediamo a tutte le vittime dei reati di Stato, o comunque di Potere, alle vittime della giustizia italiana, di protestare con noi perché le intercettazioni vengano salvaguardate, le leggi-bavaglio cassate e i politici si occupino dei problemi di giustizia della gente e non dei loro personali.
Le intercettazioni sono un problema dei potenti, non della gente per bene. Non si fa giustizia nel modo riservato a me, a Ilaria Cucchi, a Domenica Ferulli, Lucia Uva e tantissimi altri che vorremmo si unissero a noi. Vogliamo pubblici ministeri affamati di verità. Vogliamo giudici sereni, imparziali ma anche custodi del rispetto dell’immenso dolore dei familiari delle vittime. Insomma vogliamo i giudici e i pubblici ministeri del processo Aldrovandi anche per gli altri. Vogliamo che i parlamentari facciano gli straordinari per approvare la legge sulla tortura visto che l’Italia è l’unico Paese che si è rifiutato di farla nonostante l’articolo 13 della Costituzione che lo impone, e non per cancellare o nascondere le intercettazioni che mettono in imbarazzo buona parte dei loro colleghi.
Pertanto chiediamo il sostegno di tutti coloro che non hanno avuto giustizia dallo Stato o peggio sono stati uccisi. Noi saremo davanti a Montecitorio quando inizierà la discussione di questa ennesima vergognosa legge ad personam in materia di giustizia.

Patrizia Moretti, Ilaria Cucchi, Domenica Ferulli, Lucia Uva
da “il manifesto” del 29 09 011