“Guardi che queste mazze e questi picconi sono grossi, perché non portate via tutto, che non vorrei che poi ci accusassero di nascondere delle armi”. E’ la frase ironica che Anna Pizzo, ora consigliere regionale del Lazio e all’epoca del G8 responsabile del gruppo di comunicazione del Genoa Social Forum, rivolge al funzionario della provincia che le sta consegnando la scuola Diaz e le due stanze contenenti il materiale da cantiere per la ristrutturazione dello stesso istituto. Durante l’udienza di oggi Anna Pizzo ha confermato che le famose armi attribuite ai 93 arrestati (di cui 61 feriti) presenti alla scuola Diaz, non erano altro che materiali di un cantiere edile presente nella scuola: un altro alibi per i pestaggi della polizia che viene smentito, un’altra bugia svelata. Non è la sola: le difese dei 29 poliziotti accusati di lesioni, falso ideologico e calunnia, hanno spesso cercato di dimostrare che la scuola fosse effettivamente piena di black bloc – come se questo bastasse a giustificare un massacro come quello avvenuto – usando una telefonata che segnalava la presenza di persone del blocco nero alla Diaz nel pomeriggio del sabato. Anna Pizzo ha fatto luce (come già altri in precedenza) sull’origine di questa telefonata: “c’erano dieci ragazzi giovani, effettivamente mascherati di nero, che per qualche minuto si sono accampati vicino al media center, forse sperando di entrare senza pass che veniva dato a tutti coloro che ne facevano richiesta, ma senza non si entrava”. Equivoco risolto, nonostante il tentativo malizioso dei difensori degli imputati di riportarlo in auge in tribunale. L’ex redattrice di Carta poi, come anche i due avvocati presenti come testimoni in questa centoseiesima udienza, ha confermato la presenza di un ufficio legale al primo piano della scuola Pascoli in cui venivano raccolte testimonianze e dati anagrafici delle persone che avrebbero poi dovuto essere ricontattate per redigere le denunce. Tutto materiale sparito durante la perquisizione illegale, mentre gli avvocati accorsi venivano strattonati e “fisicamente impediti a prestare servizio presso le persone che li avevano nominati per assistere alla perquisizione in atto” (le parole sono dell’avvocato Alessandra Ballerini). Così come gli hard disk del computer usato dagli avvocati e le videocassette che riprendevano in parte l’irruzione in corso. Le bugie hanno le gambe corte, e in aula il percorso per disvelarle è più lento di quello che occorre alle persone che hanno visto le scene della notte cilena alla Diaz, per rendersi conto che qualcosa non quadra e che qualcuno ne dovrà rispondere.
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