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Processo Ferrulli: l’ombra delle intimidazioni ai testimoni

Processare un poliziotto, dissero i pm della Diaz, è difficile come processare un capomafia o uno stupratore. Succede anche nel caso Ferrulli? I testi si nascondono spesso dietro i non ricordo. Troppo spesso. E la Corte chiede se hanno subito pressioni

 

Nuova udienza, oggi a Milano, del processo per l’omicidio di Michele Ferrulli, pestato durante un arresto arbitrario da parte di quattro agenti. Sono stati ascoltati due testimoni: la donna che corse ad avvertire la moglie di Ferrulli quando vide il pestaggio – «Corri che stanno massacrando tuo marito!» – e il secondo rumeno che era in strada con Michele quella sera. La donna, però, ha fornito una versione diversa da quella fatta al Pm nei giorni successivi alla morte di Ferrulli. Una ricostruzione confusionaria e più volte contraddittoria al punto che il presidente della corte è arrivato a chiederle se avesse subito pressioni o minacce e ha fatto presente alla donna le possibili conseguenze in caso di falsa testimonianza. Comunque, la donna ha confermato alcuni dettagli essenziali: la presenza di manganelli, negata finora dai poliziotti, e la circostanza che suo figlio è stato testimone delle fasi salienti del delitto.

Il cittadino rumeno, invece, era sparito da due anni ed è stato rintracciato in Romania. Ferrulli e i due rumeni stavano vevendo insieme e ascoltando la musica ballando per strada. A detta del testimone erano sei gli agenti sul posto ma non è stato in grado di riconoscere chi ha avuto la colluttazione. Ricorda di aver visto tutti gli agenti spintonare Ferrulli che, una volta a terra, viene bloccato a pancia in giù e ammanettato. Alcuni agenti erano sopra Michele e il rumeno a quel punto gli avrebbe detto di smetterla perchè così lo avrebbero finito per uccidere. A quel punto lo avrebbero preso, portato sulla volante e gli avrebbero sequestrato carta d’identità, chiavi del furgone bianco e cellulare. Quando sentì le urla d’aiuto di Michele, lo sentì rantolare, e successivamente quelle della moglie accorsa sul posto il teste era ormai a bordo di una delle volanti.

Prossima udienza il 24 ottobre alle 9. E, per il 5 novembre, è stato fissato l’esame degli imputati.

Intanto un altro testimone ha presentato una denuncia spiegando, in sostanza, di essere stato minacciato per non avere incolpato i poliziotti con le sue dichiarazioni in aula. La denuncia è stata acquisita stamani agli atti del dibattimento, davanti alla Corte d’Assise di Milano, che vede imputati i quattro poliziotti, accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Ferrulli avvenuta il 30 giugno 2011. Nella sua denuncia Fiorello Alabanda, un uomo che era presente quella sera alla periferia di Milano e che girò anche un filmato dell’accaduto, sostiene di essere stato chiamato «coniglio» da alcune persone vicine – così dice – ai «centri sociali» perchè, testimoniando in aula, non aveva detto la verità sul comportamento dei poliziotti. 

Checchino Antonini da popoff

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