Processo G8 Genova: pene ridotte per 4 compagni
- novembre 13, 2013
- in G8 Genova, misure repressive
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Pene ridotte per 4 manifestanti condannati per devastazione e saccheggio per fatti relativi alle giornate del G8 del 2001. La terza sezione della Corte di Appello di Genova, presieduta dal giudice Fenizia, ha infatti rivalutato l’attenuante richiesta dalla Corte di Cassazione, della “suggestione della folla in tumulto”. Si tratta di Carlo Arculeo (pena ridotta da 8 a 6), Antonino Valguarnera (da 8 a 6), Dario Ursino (da 7 a 6), Luca Finotti (da 10 anni a 8). A Carlo Cuccomarino non è stata invece ridotta la pena.
I manifestanti sono stati difesi dagli avvocati Francesco Romeo, Laura Tartarini e Alessandro Gamberini. Il pg nelle conclusioni aveva chiesto di rivedere la pena per tutti, tranne che per Carlo Cuccomarino, considerando l’attenuante della suggestione applicabile solo per i manifestanti di giovane età.
Nell’arringa il pg aveva anche ricordato come “in piazza in quelle giornate anche le forze dell’ordine avevano travalicato il limite della legalità” e come il reato di devastazione e saccheggio previsto dal Codide penale italiano sancisca pene molto dure, a differenza di quanto quelle per esempio decretate in Francia per i disordini delle banlieue.
E’ significativo rimarcare che nella requisitoria il Procuratore generale si è dichiarato favorevole alla riduzione della pena, anche se in misura inferiore a quella poi decisa dalla Corte.
Una delle ragioni fondamentali di questa posizione sta nella convinzione espressa nelle requisitoria che a determinare il comportamento degli accusati vi erano stati anche gli abusi delle forze dell’ordine e la follia nella gestione dell’ordine pubblico che caratterizzò quelle tragiche giornate. Nulla di diverso, quindi, dalle motivazioni della stessa sentenza della Cassazione.
Ma ancor più nulla di diverso dalla sentenza con la quale un’altra sezione della Cassazione aveva concluso il processo per la macelleria messicana alla scuola Diaz. I più alti gradi della polizia, altissimi grazie anche alle promozioni che nel frattempo erano intervenute, sono stati condannati a quasi cinque anni di carcere (che non faranno mai!), ma soprattutto a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, già avvenuta. La motivazione consiste nell’aver “prodotto il degrado dell’onore dell’Italia nel mondo”.
E si riferisce al falso vergognoso commesso da questi ignobili dirigenti, che obbligarono dei sottoposti a introdurre nella scuola due bottiglie molotov al fine di poter incolpare i 93 innocenti che dormivano nella scuola del reato di terrorismo. Va segnalato, a conferma della difficoltà di fare del nostro un paese davvero civile, che quegli alti dirigenti risultano tuttora insigniti di onorificenze al merito della Repubblica (d’altra parte è sempre cavaliere anche il presidente delinquente!).
La Corte di Cassazione, nella sentenza emessa nel luglio 2012, aveva decretato complessivamente 10 condanne, di cui 5 già passate in giudicato. Di queste cinque condanne, per due c’è stata la conferma integrale della sentenza di appello (6 anni e 6 mesi per Ines Morasca e 10 anni per Alberto Funaro). Per gli altri tre la Cassazione ha ridotto le condanne di circa 1 anno ritenendo che il reato di detenzione delle molotov fosse ricompreso in quello di porto. In secondo grado, comunque le pene erano state molto elevate: 12 anni e 3 mesi per Marina Cugnaschi, 13 anni e 3 mesi per Vincenzo Vecchi e 15 anni per Francesco Puglisi.
Gli imputati del processo, istruito a Genova dai pubblici ministeri Anna Canepa e Andrea Canciani, erano inizialmente 25. Durante le udienze di primo grado gli avvocati difensori dei no global dimostrarono però che ben 15 di loro – quasi tutti appartenenti al corteo dei disobbedianti che venerdì 20 luglio sfilò dallo stadio Carlini a Via Tolemaide – avevano agito per legittima difesa dopo che il corteo senza ragione era stato caricato proprio in via Tolemaide, poco prima dell’incrocio con corso Torino. Per quattro funzionari tra carabinieri e polizia i giudici rinviarono anche gli atti in procura per falsa testimonianza. Fu dimostrato inoltre che molti dei carabinieri che caricarono il corteo delle “tute bianche” utilizzavano bastoni e spranghe di ferro camuffate al posto dei “tonfa” in dotazione.
“Il difetto di motivazione della sentenza – scrive la Cassazione con sentenza del 13 luglio 2012 – è conseguenza del fatto che la Corte territoriale non si è fatta carico di rivalutare se, quali e quanto tra i ricorrenti al di là della partecipazione ai fatti di devastazione e saccheggio, preordinarono la manifestazione degli atti di violenza, non potendosi desumere dalla loro partecipazione ai delitti il ruolo di protagonisti delle condotte violente”.
E’ utile ricordare che i pm Anna Canepa e Andrea Canciani accusarono venticinque manifestanti di essere responsabili di tutto quello accaduto a Genova il 20 e 21 luglio, ricorrendo addirittura al rispolvero di un articolo del codice fascista Rocco, recepito nell’ordinamento ma mai applicato prima, che prevede il reato di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio.
I successivi tre gradi di giudizio avevano in gran parte smentito la incredibile elaborazione dei pubblici ministeri e in Cassazione quindici di quei venticinque vennero o assolti o condannati a pene minime cadute in prescrizione, perché ritenuti responsabili al più di un “reato di resistenza” (che sarebbe davvero assurdo considerare tale), nel senso che le loro azioni erano state provocate da “cariche violente e ingiustificate” dei reparti di carabinieri.
Per i restanti dieci, quasi come compensazione, vennero confermate pur con qualche riduzione pene rilevantissime per reati comunque riconducibili a danni alle cose e non a persone (in appello si erano erogati fino a 16 anni di carcere e anche in questo caso va ricordato che quattro poliziotti delinquenti riconosciuti responsabili dell’omicidio di Federico Aldrovandi sono stati condannati ciascuno a tre anni e mezzo, quindi quattordici anni in tutto).
La Cassazione chiese per cinque di essi di ritornare in Appello per la valutazione delle attenuanti. La sentenza ha accolto in gran parte le richieste della difesa e per quattro dei cinque ha ridotto la pena di due anni, cosa che consentirà almeno l’affidamento ai servizi sociali.
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