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Processo per i fatti della statale a Lollo e Simo: finito il dibattimento, il 30 settembre 2015 le requisitorie finali.

Dopo un dibattimento pieno di “colpi di scena”, contraddizioni, versioni contrastanti ed enormi ambiguità nelle indagini, Mercoledì 30 Settembre si svolgerà l’udienza dedicata interamente alle requisitoria finali a cui presto seguirà la sentenza.

Qua sotto elenchiamo un riassunto delle lunghe udienze di questo processo, iniziato in realtà parecchio dopo i fatti contestati.

Comunicato degli avvocati della difesa, Eugenio Losco e Mauro Straini, subito dopo gli arresti.

http://cordatesa.noblogs.org/post/2013/09/04/ex-cuem-sugli-arresti-di-simo-e-lollo-liberi-subito/

Chiusura delle indagini.

http://www.senzasoste.it/istituzioni-totali/lollo-e-simo-criminalizzazione-e-una-bolla-che-si-sta-sgonfiando

Intervista radiofonica degli imputati poco dopo l’inizio processo.

http://www.radiocane.info/universita-statale-il-deserto-che-avanza-parte-seconda/

Nel resoconto delle udienze abbiamo utilizzato dei nomi di fantasia per riferirci ai testimoni dell’accusa, al fine di tutelarne la privacy. Su questo, evidentemente, ci teniamo – nonostante tutto – a distinguerci dalla stampa di regime, che generalmente sbatte in prima pagina nomi e cognome senza pensarci su due volte.

Udienza del 18/03/2015

Inizia il processo con le testimonianze di 3 dei 4 agenti indicati dalla Procura (quasi nulla rispetto alla portata dell’inchiesta che ha coinvolto antiterrorismo, Nuclei Informativi dei Carabinieri, reparti dei ROS e una valanga di intercettazioni telefoniche e ambientali indiscriminate). Il primo è quello “intervenuto” sul posto la sera del fatto, gli altri due sono agenti dei ROS, che hanno “curato” le indagini fino alla misura delle custodie cautelari, il 4 Settembre del 2013.

Il primo carabiniere inizia a parlando dell’identificazione avvenuta sul posto, nella serata dei fatti, affermando che ha parlato con persone lucide e corrette (come da rapporto che scrisse allora). Inoltre, parlando di uno degli identificati – poi divenuto imputato – afferma che ha fornito documenti alla richiesta, seppur chiedendo più volte spiegazioni, mentre l’altro (che diverrà poi testimone d’accusa e in seguito ritrattatore) non fornisce i documenti perché sprovvisto, andandosene poco dopo.

Alla richiesta di esibire la foto di un imputato (Lollo), sugli album dei riconoscimenti fotografici serviti per gli arresti, l’agente risponde che c’è di sicuro…sfoglia più volte l’album ma – paradossalmente – non trova nulla. L’avvocato della difesa svela l’arcano, affermando perentoriamente“non lo trova perché non c’è!”. L’agente abbassa la testa e ammette l’errore. Parte così uno “scarica barile” di responsabilità, con improbabili spiegazioni del Pm; in questo clima il teste viene congedato e la questione del riconoscimento resta un “mistero” (o è ancora più chiara a seconda dei punti di vista).

Teniamo a precisare che tutti gli album fotografici presentati, contengono solo foto di compagni in contesti di militanza.

Successivamente, durante le testimonianze dei ROS, curatori e coordinatori dell’inchiesta, non sanno spiegare il punto precedente, ossia come mai uno degli accusatori principali (sempre il soggetto di cui sopra) non fornisce mai nessun documento di riconoscimento, neppure in occasione delle testimonianze di sommarie informazioni rese ai carabinieri. Inoltre, non si riesce ad appurare nemmeno perché la stessa persona non venga identificata in più occasioni di redazione di verbali, mettendo al posto la generica “noto a questo ufficio”.

Udienza del 16/04/2015

Vengono ascoltati l’altro agente della volante intervenuta sul posto, la presunta vittima Armando, l’amico che era con lui nei momenti di tensione, Marco, e un amico o ex amico, testimone chiave dell’accusa, Ettore.

L’agente parla dell’identificazione di un imputato (Lollo) e di Ettore, l’accusatore-ritrattatore. Afferma che l’identificazione avviene casualmente in quanto più vicini. Dice che avviene un breve dialogo e che uno dei due in particolare (Lollo) si era parecchio meravigliato e chiedeva spiegazioni sul perché dell’identificazioni. Aggiunge un po’ di cose che non aveva rapportato inizialmente (incomincia a parlare di “tono arrogante”, “un gruppo più numeroso” e altre sue sensazioni). L’avvocato fa notare le divergenze tra il rapporto di allora, simile ad una normale identificazione, e il profilo che cerca di tracciare ora l’agente. Questo “acrobaticamente” risponde che ora trova alcuni particolari rilevanti ma non sa spiegare il perché…emergono perciò dei pregiudizi forse anche dall’allora campagna mediatica denigratoria nei confronti di noi imputati…
Il clima di quest’udienza è decisamente “caldo”, con parecchie intimidazioni da parte del Pm, fino ad arrivare addirittura a un’interruzione, durante la quale il Pm si rivolge agli avvocati della difesa con toni decisamente inconsueti per un’aula di tribunale, arrivando addirittura ad affermare “vi faccio deferire dall’albo degli avvocati!”. Gli avvocati della difesa, invece, cercano di mantenere il controllo, smontando prontamente e letteralmente pezzo per pezzo le accuse nonostante questo “clima”

Alla ripresa è il turno della presunta vittima, Armando. Dopo un inizio balbettante, oltre a contraddirsi continuamente con una naturalezza disarmante (già in passato aveva dato buona prova ciò, poiché nella prima sua deposizione non si ricordava nulla e mesi dopo, invece, “casualmente” forniva pesanti e dettagliate ricostruzioni che avvaloreranno la tesi d’accusa e i 2 arresti cautelari…)[1], aiutato dal PM, prende coraggio e addirittura afferma di aver visto le pattuglie arrivare sul posto e altri dettagli mai detti finora. Nel frattempo la Corte, nelle ricostruzioni, chiede conferma di un’altra stranezza. Se è vero, date le presunte gravissime lesioni subite, che la rissa è avvenuta il 15 febbraio e se lui si reca al pronto soccorso solo il 27 febbraio. Risponde di sì, affermando che non si era accorto della gravità inizialmente! Negli album fotografici per i riconoscimenti dei presunti aggressori ammette che non gli venne nemmeno mostrata la foto di uno dei presunti aggressori (Lollo) a cui tra l’altro richiede 100 mila euro di danni. Nella visione di album successivi forse sì ma non avverrà mai il riconoscimento dalle foto! Infine, nel “delirio” della deposizione rincara addirittura la dose contro gli imputati dicendo che uno di noi (per l’esattezza sempre Lollo), assieme ad altre persone, avremmo aggredito svariati individui fra cui l’amico che era con lui (che verrà sentito dopo e negherà ogni riconoscimento); al termine ci indica, senza neanche guardarci, nel riconoscimento processuale come “persone tra gli aggressori”.

Ora si arriva al “teste chiave”: Ettore (accusatore – ritrattatore). Nella ricostruzione dei fatti e della serata arriva all’episodio per cui è stata – formalmente – prodotta l’inchiesta.

A un certo punto della serata afferma di aver visto svariate persone uscire dall’atrio dell’università, che non si era concentrato sui loro volti (la sua prima deposizione conferma questo, ma nella seconda e nella terza affermò addirittura di riconoscere noi imputati “nell’accompagnamento violento di Armando”) e che poi, solo in una fase successiva, ormai uscito dall’università, aveva notato che nel mezzo c’erano due suoi amici, Armando e Marco. Precisando continua che aveva capito – anche se non molto bene – che c’era una contesa su dei manifesti “NO TAV” e di solidarietà a “prigionieri in carcere” scarabocchiati da Armando. Il Pm incomincia perciò a chiedergli la descrizione dei presenti ed Ettore risponde che non si ricorda anche perché passato troppo tempo; il giudice, invece, date le varie versioni, chiede se ha al contrario ricevuto minacce da qualcuno ed Ettore risponde di no, non sa, non si ricorda, forse la sua amica; allorché Il Pm legge le dichiarazioni sulle descrizioni che portarono al nostro arresto e, vedendo che si rimangia tutto, gli chiede se sia veritiera la versione accusatoria di allora leggendola: in tutta risposta, per non accusare palesemente i ROS, afferma “se qualcuno l’ha scritta vuol dire che l’ho detta” ma ora non ne è più sicuro. Sempre più confuso, allude a pressioni avute dai ROS durante le prime fasi dell’indagine; addirittura, tra le tante volte in cui è stato contattato prima degli arresti, afferma di esser stato chiamato informalmente e senza rilascio del regolare verbale; il PM nelle domande a questo punto si concentra “stranamente” su episodi marginali,

L’avvocato della difesa fa emergere nel controesame le parecchie ambiguità, le versioni contrastanti e il pesante quadro delineatosi ancor meglio. Emerge che tra la rissa e gli arresti i CC e i ROS lo hanno contattato 7-8 volte per chiedergli versioni più “interessanti” dal loro punto di vista: emerge così, che Ettore ha ricevuto messaggi intimidatori dagli agenti sul proprio telefono come “ah ah ah! Sono il tuo omonimo romano!?” al fine di dare pressioni dopo la prima versione nella quale non accusava nessuno; afferma anche che viene sentito parecchie volte in via informale, addirittura spesso a casa sua. Infine, viene letta la sua ritrattazione: Ettore incomincia a giustificarsi per le varie versioni discordanti, la presidente della corte più volte dice di lasciar stare le versioni precedenti e “se in questa sede ed in coscienza è in grado di dire <<ho visto quelle persone…oppure forse, oppure no>>”. Risponde “ho già detto di no!“. Poi gli viene chiesto quando sono state pronunciate alcune frasi, come riferito da lui, dall’altro imputato (Simo) e chiarisce che è ampiamente dopo l’arrivo della pattuglia (ricordiamo che nelle imputazioni pesano le presunte minacce come fondamento per il reato di violenza privata). Dopodiché dice che non sa nemmeno se si rivolgeva a lui o alla sua amica. Ancora dopo, afferma che era un invito amichevole e in quel momento si sentiva rassicurato dallo scambio avuto con noi. Concludendo, nei riconoscimenti processuali afferma di ricordarsi di averci visti la sera dei fatti ma non come aggressori.

L’ultimo teste, Marco, amico – o ormai ex amico – della presunta vittima, dice che sia lui che Armando erano completamente sotto effetti di superalcolici e che quindi non possono ricordarsi nulla circa gli eventuali aggressori. Su richiesta, fa una breve ricostruzione della serata. Nei riconoscimenti (su consiglio della Corte, ormai persino loro, spazientiti per l’intera questione dei riconoscimenti) guarda attentamente noi imputati e dice a chiare lettere che non ci riconosce, come del resto aveva già dichiarato nei verbali all’epoca.

Udienza 6/06/2015

Altri testimoni dell’accusa, ossia un gruppo di persone che erano assieme alla festa, tra cui chi ha chiamato il 112 quella sera.

Il primo, Beppe, ricostruisce la serata affermando che non conosceva nessuno a parte il gruppo di persone assieme a lui. Risponde di aver visto un litigio e che è durato 2/3 minuti. A domanda specifica se è in grado di riconoscere qualcuno, risponde di no (come ha sempre detto, del resto!). Dopo insistenze risponde che sa solo dire che erano ragazzi, ma tutti girati di spalle e che quindi non può riconoscere nessuno. Afferma che dal momento che si era sparsa la voce dell’arrivo dei CC c’è stato un “fuggi fuggi generale” alludendo che noi imputati non potevamo essere tra quelli “coinvolti”, perché rimasti alla festa. Nei verbali prima degli arresti dichiarava “non sono in grado di riconoscere nessuno e, sono sicuro che, nemmeno tra i miei amici c’è chi è in grado di riconoscere qualcuno”.

È il momento di Gino. Il Pm sposta l’attenzione su episodi marginali rispetto alla rissa. Sul presunto atteggiamento aggressivo da parte di un imputato (Lollo) parecchio dopo i fatti finora raccontati nel processo e che coinvolgevano anche lui. Conferma il riconoscimento nel momento dello screzio richiesto nella domanda, ma di non averne avuto la certezza nei riconoscimenti fotografici, mentre non riconosce nessuno tra i contendenti della rissa.

Luca, invece, il terzo testimone di questa giornata, ricostruisce la serata parlando di aver visto a un certo punto da lontano un litigio. Afferma di non avergli “dato peso”in quanto non gli era sembrata una cosa grave. Viene spostata l’attenzione sugli screzi avuti successivamente con alcune persone tra cui un imputato (Lollo), e afferma che l’impressione era che, durante l’interrogatorio in fase d’indagine per le sommarie informazioni,da parte dei ROSci fosse stata lavolontà di suggerirele indicazioni sulle fotoprimadeiriconoscimenti.Il Pm si infuria e lo accusa di dire cose gravi e qualora accertata la falsità delle sua affermazioni verrebbe aperto un procedimento per calunnia. Ritratta subito e dice “vabbè…no, intendevo dopo”.Per il Pm quindi diventa uno scrupolo che hanno avuto gli agenti nel chiedere la conferma se fosse stato sicuro. Nei riconoscimenti fotografici per il litigio aveva indicato altre due persone vagamente somiglianti (non imputati).

Roberto, quarto e ultimo teste dell’accusa, afferma di aver notato da lontano un litigio e di non riconoscere nessuno (come da deposizioni rese prima degli arresti). Dopo le insistenze del Pm e della Corte dice che ha parlato in seguito di quella serata ma sono informazioni di “seconda mano” e ribadisce che non riconosce nessuno dei presunti aggressori.

Gli avvocati della difesa, contestano e chiariscono ogni anomalia, nei punti dove vi è una “propensione accusatoria”.

Infine, è il turno del consulente nominato di parte civile (c.t.p.) che ha valutato i danni fisici della presunta vittima. Qualche ragguaglio tecnico e viene congedato.

 Udienza 20/05/2015 

Iniziamo con Luigi, amico della presunta vittima, Armando.

Luigi ricostruisce la serata dicendo che vede Armando e Marco allontanarsi nella confusione, e lui e la sua amica Teresa “cercano di capire meglio”. Riesce a raggiungerli dopo il litigio e trova Armando, Marco ed Ettore. I primi due tornano a casa, mentre lui, Teresa ed Ettore tornano invece indietro. Chiedono, ad uno sconosciuto, i motivi del litigio e gli viene spiegato che Armando scriveva “su un manifesto per persone in carcere e da lì inizia una discussione finita in rissa”. Tornati indietro verso l’università, parecchia gente gli urla di andarsene, ma loro insistono a voler capire.

A quel punto ricorda dell’arrivo dei CC e che uno di loro, Ettore, viene fermato dalla pattuglia, ma non si ricorda bene la dinamica; afferma però che ricevono alcune minacce, di cui non ricorda il contenuto, e riconosce uno degli imputati (Simo). Nel controesame della difesa gli viene contestata subito la divergenza con la versione nei verbali di allora: addirittura prima disse di essere stato minacciato alla presenza della pattuglia e adesso in Tribunale sostiene il contrario, poi fa confusione, alla fine glissa e chiude con un non ricordo. Emblematico il riconoscimento visivo in sede di udienza: indica l’imputato (Simo) mentre gira la testa dall’altra parte.

Nella stessa giornata veniamo sentiti noi imputati, con parecchie domande e interruzioni, nel tentativo continuo da parte del Pm di “buttarla in confusione”.

Entrambi rilasciamo comunque una dichiarazione spontanea all’inizio del rispettivo esame, nel quel ribadiamo ciò che abbiamo sempre detto: siamo del tutto estranei ai fatti che ci vengono contestati e abbiamo appreso quanto successo la mattina dell’arresto dall’ordinanza di custodia cautelare.

Il Pm dopo svariati tentativi, non riuscendo a trovare appigli cede e “passa la palla” all’avvocato della parte civile. Questa lamenta un fatto: Lollo parla come se fosse stato solo e, quasi riconoscendo la linearità delle ricostruzioni sulla nostra estraneità, asserisce che la nostra “colpa” sia quella di continuare a non collaborare con la Corte nella ricerca dei “colpevoli”.

Si arriva così ai 3 testimoni della difesa.

Purtroppo, uno di questi, nostro amico e compagno, è tragicamente scomparso di recente in un incidente stradale. Viene acquisita la sua testimonianza rilasciata in sede di indagine, che supporta la nostra versione.

Agli altri due, invece, vengono poste delle domande che non chiariscono nessun particolare, se non quello che si erano accorti di una sorta di “parapiglia” e che ricordano benissimo che – nel mentre – uno degli imputati (Lollo) era vicino a loro e non aveva modo di partecipare in nessuna maniera al “parapiglia”.

Udienza 15/07/2015

Viene sentita l’ultima teste dell’accusa che non aveva potuto presenziare alle precedenti udienze perché all’estero.

Teresa, non ha ricordi molto lucidi su quanto avvenuto 2 anni e mezzo prima, non riesce a ricordare particolari dettagli, e il Pm sembra quasi cercare di metterla continuamente in difficoltà per questo motivo, citando spesso le sue precedenti testimonianze redatte sia di fronte ai ROS, che di fronte a lui.

Tra queste emergere un dettaglio diciamo “particolare”: in un riconoscimento fotografico svolto durante la fase d’indagine, Teresa non riconosce la sua firma sul verbale. Il Pm dà la colpa alla fotocopia venuta male, ma anche una versione migliore, ribadisce il dubbio se sia quella o meno la firma di Teresa.

Comunque, durante il resto dell’esame, Teresa conferma più o meno lo svolgimento della vicenda, ma continua ad affermare di non ricordare particolari come il riconoscimento degli imputati, cosa avrebbero detto o fatto quella sera e altre cose del genere.

Come si può vedere, nello svolgimento del processo, sono sorte fin troppe ambiguità. Non siamo di certo qui per puntare il dito contro nessuno o per gridare allo scandalo, ma ci sembra abbastanza chiaro che, nello svolgimento degli eventi, le nostre testimonianze, lineari e mai cambiate dal primo giorno, siano un elemento che non si possa trascurare e che dimostrano già loro di per sé la nostra estraneità ai fatti.

Invitiamo chiaramente tutti coloro che ci hanno seguito, sostenuto e che hanno dato la loro solidarietà, ad ascoltare le requisitorie finali di questo processo, la mattina del 30 Settembre 2015 alle ore 9,30 presso l’8^ Sezione Penale, piano 3° del tribunale di Milano.

Lollo e Simo

26 settembre 2015