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Processo Rasman: morì a causa della brutalità dell’arresto. Il pm: agenti da condannare

Chiesta a Trieste la condanna dei quattro poliziotti imputati dell’omicidio colposo di Riccardo Rasman. Nel processo con rito abbreviato, il pm Montrone ha chiesto nove mesi di reclusione per due degli agenti e quattro mesi per gli altri due. Per la famiglia di Rasman, parte civile, ha chiesto una liquidazione provvisionale del danno morale per 50mila euro. La difesa, invece, ha chiesto il proscioglimento. L’udienza è stata quindi rinviata al 29 gennaio per le repliche e la camera di consiglio per la sentenza. Era il 26 ottobre del 2006 quando la polizia venne chiamata da alcuni vicini di Rasman perchè stava lanciando petardi dal balcone. Il giovane, 34 anni, s’era ormai calmato quando arrivò la volante che, al corrente del disagio psichico di Rasman, anziché chiamare il centro che lo aveva in cura, sfondò la porta terrorizzandolo. Soffriva di sindrome schizofrenica paranoide da quando aveva impattato la ferocia del nonnismo sotto le armi. Quel giorno stava festeggiando, con la radiolina a tutto volume e un paio di petardi, la chiamata a fare il netturbino. Ballava svestito sul terrazzo. I suoi vicini preoccupati chiamarono il 113. Ma Rasman si spaventerà alla vista delle divise. Due vigili del fuoco buttarono giù la porta con un piede di porco. Il ragazzone (1,85 per 120 chili) tenta di difendersi, getta a terra l’unica donna tra i poliziotti accorsi. Finirà pestato con un manico di piccone e quel piede di porco che gli aveva scardinato l’uscio. Imbavagliato, legato alle caviglie col fil di ferro, ammanettato. Non basta: gli agenti gli saliranno sul dorso. Lui rantola e morirà soffocato. Scrive Valerio Vangelisti: «Le pareti attorno paiono quelle di una macelleria». Il percorso verso l’archiviazione, quasi certa, si interrompe quando i legali della famiglia chiedono un supplemento di perizia. Haidi Giuliani, allora senatrice Prc, fece un’interrogazione. Uno dei legali è lo stesso che ha seguito il caso Aldrovandi. Le analogie sono impressonanti nella dinamica e negli effetti dell’arresto. Rasman è morto, stando all’accusa, per un’asfissia posturale determinata da una prolungata pressione sulla schiena. I vicini lo hanno sentito rantolare a lungo prima di morire. Solo allora i quattro agenti lo voltarono. Nell’ottobre 2007 il pm aveva chiesto l’archiviazione – i quattro sarebbero intervenuti nell’adempimento di un dovere – ma l’opposizione all’archiviazione ha portato a questo processo che, grazie al rito abbreviato, comporterà, nel caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena.