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Prove generali di guerra globale. Ecco perché lo Stato s’è assolto. I fatti del luglio 2001 nella cornice della svolta mondiale

La cornice in cui si situa il G8 di Genova è segnata innanzitutto dalla nuova tappa della svolta neo conservatrice a livello mondiale che si impone in parte già con l’amministrazione Clinton e diventa esplicita con Bush. Una delle caratteristiche cruciali di tale svolta riguarda le pratiche di potere o del dominio, ossia la tendenza assai palese a calpestare il rispetto formale delle norme dello Stato di diritto a vantaggio della guerra permanente e quindi della supremazia a tutti i costi da parte degli attori più forti.
Lo “scenario di guerra” a Genova 2001 è stato studiato dai diversi soggetti istituzionali dell’intelligence internazionale con largo anticipo ed era stato affinato sul campo dei diversi appuntamenti del movimento altermondialista che avevano preceduto le giornate del luglio 2001 (Seattle, Quebec, Praga, Nizza, Napoli, Goteborg). Le disposizioni date ai precedenti governi di centrosinistra presieduti da D’Alema e Amato, solo in parte modificate da quello di centrodestra entrato in carica nell’aprile 2001, provenivano infatti da quell’intelligence internazionale che in Italia aveva in Gianni De Gennaro il suo attore principale.
La preparazione del G8 genovese è stata accompagnata da un escalation allarmistica, grazie alla complicità dei media, allo scopo di accentuare la paura, soprattutto l’ansia sui giovani agenti che in alcune strutture e durante l’addestramento sono stati incitati ad accumulare sempre più odio verso i noglobal accusati di prepararsi a massacrarli e a distruggere la città.
Salvo qualche rara eccezione, nessuna personalità istituzionale ha obiettato al piano di sicurezza del G8 che prevedeva una militarizzazione inquietante della città ligure. Il dispositivo predisposto dai vertici della polizia e la scelta del personale da impiegare non sono stati conformi all’obiettivo di garantire lo svolgimento negoziato e pacifico delle manifestazioni. Molti dirigenti delle polizie, presenti a Genova, non erano esperti in servizi di ordine pubblico, ma al contrario abituati a operare in “teatri di guerra”. In particolare, la scelta di affiancare al battaglione Tuscania dei Carabinieri – unità militare, non certo avvezza alla gestione pacifica dell’ordine pubblico e con un passato alquanto oscuro – un’unità speciale (con a capo Canterini, condannato poi a 5 anni di reclusione per le violenze su manifestanti inermi), composta da personale proveniente dai reparti mobili incitati a “dare una lezione ai rossi…”. Gli attacchi portati a “freddo” da parte delle polizie, com’è testimoniato dai numerosi video, dimostra che non si è affatto trattato di comportamenti tipici di “schegge impazzite”, di “mele marce”. Come dimostrato anche in sede processuale, il blitz con la “macelleria messicana” alla scuola Diaz è stato assolutamente ingiustificato, deciso “a freddo”. Cosi come si afferma, sempre dagli atti processuali che hanno portato alla condanna gli agenti presenti alla caserma Bolzaneto, le pratiche adottate dagli operatori delle polizie si configurano come vere e proprie torture, sebbene tale reato non sia previsto nel codice penale italiano.
In altri termini, è assai difficile smentire la tesi secondo la quale i comportamenti delle polizie a Genova fossero dovuti all’obiettivo di dare una lezione durissima, se non risolutiva al movimento no global, tesi tra l’altro confermata anche da Condoleeza Rice al Congresso americano nell’audizione per l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001.
La ricerca della verità e della giustizia per la violenta repressione e il difendersi dai processi e dai teoremi a carico delle compagne/i imputate/i è stata, infine, un lavoro costante in questi dieci anni.
Alcuni processi individuali in sede civile si sono conclusi con il risarcimento dei danni subiti dalle vittime dallo Stato che teoricamente dovrebbe cercare i responsabili di tali danni. I processi per l’irruzione alla scuola Diaz e le torture alla caserma Bolzaneto, hanno visto condannati in secondo grado tutti gli imputati, anche se molti dei reati contestati sono caduti in prescrizione. Anche il regista principale della repressione l’allora capo della polizia ed oggi al vertice dei servizi segreti Gianni De Gennaro è stato condannato in secondo grado ad 1 anno e 4 mesi di reclusione per induzione alla falsa testimonianza. Ma la cosa più vergognosa è che lo Stato non solo non ha rimosso nessuno degli appartenenti alle forze dell’ordine prima imputati e poi condannati ma paradossalmente li ha premiati avanzandoli di grado.
In primo grado sono stati pure condannati per i reati di devastazione e saccheggio a una pena complessiva di 98 anni di carcere 10 dei 25 manifestanti imputati. Mentre sono stati tutti assolti gli imputati arrestati, nel novembre 2002, in merito all’inchiesta della procura di Cosenza contro la Rete del Sud Ribelle. Inchiesta partita da un dossier dei Ros, ritenuto inconsistente da più Procure e che trova un ambiente accogliente nella Procura di Cosenza e che porta all’arresto di venti militanti (alcuni di loro furono rinchiusi nelle carceri di massima sicurezza) con accuse pesantissime, per lo più relative ad articoli del codice penale di derivazione fascista, introdotti negli anni Trenta, come il “sovvertimento dell’ordinamento economico costituito nello Stato”.

Italo Di Sabato – Osservatorio sulla Repressione
pubblicato sull’inserto “Spirito di Genova” Liberazione 16 luglio 2011