E’ di mercoledì 2 novembre la notizia che una squadra di calcio di terza categoria del girone E della Figc è stata inibita dalla Divisione Anticrimine della Questura a continuare a giocare fino a che non cambierà il nome. La squadra è la Assata Shakur, derivata dalla Polisportiva Antirazzista che porta lo stesso nome, e risiede ad Ancona. Da 10 anni organizza tornei di calcio antirazzista, si impegna nella costruzione di palestre popolari, ed è uno dei riferimenti antirazzisti ed inclusivi della provincia di Ancona, assieme all’Ambasciata dei Diritti, alla Rete migranti “Diritti Ora!”, all’Arci, ai sindacati, al mondo cattolico, impegnati tutti nella progettualità in rete con le istituzioni anche riguardo ai rifugiati, nella riduzione delle conseguenze della crisi nei confronti degli immigrati licenziati che perdono il permesso di soggiorno. Non è un caso che il Comune di Ancona da anni finanziasse alcune attività della Polisportiva e che il torneo organizzato in piazza Pertini o al vecchio convento dei Saveriani fossero momenti di gioia e vitalità. Forse non è nemmeno un caso che la Questura si sia mossa dopo avere incriminato il presidente Alessio Abraham, ultrà dell’Ancona, per avere violato il Daspo, avendo seguito la sua squadra durante una trasferta. Sono voluti andare a fondo della questione ed hanno concluso che dietro ai nuovi antirazzisti ce n’era una “vecchia”, che fu perseguitata dalla polizia statunitense negli anni 70. Colpirne uno per educarne cento?
Marcello Pesarini
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