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Il razzismo a bassa intensità

La china razzista e criminale. Dallo «squadrone della morte» di Parma ai bangladeshi picchiati dopo Dacca, all’aggressione mortale a Fermo,  la xenofobia cresce

Di Emmanuel, il trentaseienne nigeriano ridotto in fin di vita da un italiano a Fermo, sappiamo che era arrivato in Sicilia a bordo di un barcone con la compagna Chimiary, costretta ad abortire per le botte subite in Libia.

Fuggiva dai fondamentalisti islamici di Boko Haram ed è stato ammazzato da un bullo di casa nostra. Pochi mesi fa aveva contratto un matrimonio da «irregolare», officiato da un don Vinicio Albanesi in vena di disobbedienza civile, ora è in coma irreversibile a causa delle sprangate ricevute per aver tentato di difendere sua moglie dall’aggressione di un pasdaran di casa nostra, secondo i sospetti componente di una banda che negli ultimi tempi ha preso di mira, con attacchi dinamitardi, alcune chiese della cittadina marchigiana perché ospitano più di un centinaio di profughi. Emmanuel era uno di questi, sopravvissuto alle intemperie della vita e morto in una stagione di bonaccia.

Quella accaduta a Fermo è una brutta storia di razzismo destinata a cadere presto nel dimenticatoio, schiacciata da mille altri eventi terribili. Forse non sarà l’ultima ma di sicuro non è la prima: appena un mese e mezzo fa abbiamo appreso da questo giornale dello «squadrone della morte» che, nel silenzio generale, ha massacrato un tunisino a pochi chilometri da Parma.

Nella stessa città in cui qualche anno fa fece notizia il pestaggio di Emmanuel Bonsu, un diciannovenne studente ghanese detenuto illegalmente e pestato da una squadretta di vigili urbani (saranno poi condannati in otto) in una stanza del locale Comando. Da ultimo, due giorni fa sul lungomare di San Benedetto del Tronto, ancora una volta nelle Marche, è toccato a due malcapitati venditori di rose bangladeshi finire vittima di una sorta di legge del taglione all’italiana per vendicare i morti di Dacca: non conoscete il Vangelo? E allora giù botte.

A leggere le Cronache di ordinario razzismo di cui l’associazione Lunaria tiene il conto giorno per giorno con meticolosità, ci si rende conto di quanto diffusa sia questa intolleranza a bassa intensità che raramente squarcia il velo dell’indifferenza mediatica. Ne va consigliata la lettura a chi si stupisce quando un estremista di destra fredda due senegalesi a Firenze o un commando di killer dei Casalesi stermina sette africani a Castelvolturno, e pure quando un ultras di una tranquilla cittadina di provincia finisce a colpi di segnale stradale un nigeriano sfuggito a jihadisti, contrabbandieri di vite umane e intemperie mediterranee. Non era un pazzo il primo e non erano solo camorristi i secondi.

Anche Amnesty International ha denunciato la «pericolosa china razzista» del nostro Paese, alimentata dalle campagne politiche e mediatiche di criminalizzazione degli immigrati. Bisogna essere consapevoli che il razzismo in Italia è diffuso e a volte uccide. Per contrastarlo, cominciamo a portarlo in prima pagina, dunque.

Angelo Mastrandrea da il manifesto