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Respinta per la quinta volta la richiesta di domiciliari per Maysoon Majidi

Resta in carcere Maysoon Majidi, l’attivista 28enne curdoiraniana in fuga via mare dal regime degli Ayatollah, arrestata il 31 dicembre 2023 a Crotone con l’accusa, surreale, di essere stata uno degli scafisti di uno sbarco di migranti, accusa sempre respinta con segno da Majidi, anche attraverso un lungo sciopero della fame condotto in questi mesi di carcerazione preventiva.

Il Tribunale di Crotone, davanti al quale l’attivista é imputata di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” (accusa che più volte ha già traballato in aula) ha rigettato per la quinta volta l’istanza di domiciliari avanzata dell’avvocato Giancarlo Liberati, difensore della donna, per i domiciliari. Alla richiesta si era opposta anche l’accusa.

Pare ci sia nervosismo in procura, a Crotone. E forse qualche ragionevole dubbio comincerebbe ad erodere persino le granitiche convinzioni della magistratura inquirente, secondo la quale i giornali starebbero parlando troppo di questa vicenda, quindi la ragazza deve restare in carcere. È quanto si ricava dalle motivazioni con le quali la pubblico ministero Maria Rosaria Multari si è opposto alla concessione dei domiciliari. «Alla luce dell’inquinamento probatorio – scrive la pm – che emerge dagli atti acquisiti e da articoli e video postati sul caso, si esprime parere contrario». La pm ha esibito in tribunale articoli pubblicati dai quotidiani, sostenendo che «in questo procedimento tutta la macchina delle autorità giudiziarie italiane è stata accusata di falso» e chiedendosi come mai gli stessi testi irreperibili per le autorità giudiziarie italiane, abbiano parlato con Le Iene e con la difesa.

Eppure è facile ipotizzare che i testi si siano sottratti al dovere morale di dire la verità e scagionare Maysoon anche in un’aula di giustizia perché temono di essere a loro volta arrestati con l’accusa di scafismo, in applicazione del decreto Cutro. Durante l’ultima udienza, l’osservatore di Frontex, la cui audizione è avvenuta a porte chiuse per motivi di sicurezza, avrebbe affermato di non ricordare che i fatti si siano svolti come ricostruito nelle indagini.

I tecnici sentiti in aula hanno dichiarato che il telefono della ragazza non è mai stato utilizzato durante il viaggio. Inoltre la chat usata come blocco appunti da Maysoon conferma che i suoi compagni del partito Komala, attivo nel Kurdistan iracheno, hanno raccolto soldi per consentirle di affrontare la traversata. Il prossimo 17 ottobre, sulla richiesta di revoca della custodia cautelare, si pronuncerà il tribunale del Riesame di Catanzaro. Il 22, a Crotone, nuova udienza del processo. La rete Free Maysoon si organizza per essere davanti ai palazzi di giustizia, con la speranza e la fiducia che giustizia sia fatta.

A Radio Onda d’Urto le prime valutazioni post-revoca dell’avvocato Giancarlo Liberati, legale di Maysoon Majidi. Ascolta o scarica

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