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Revocato l’obbligo di dimora a Aldo Milani, coordinatore nazionale Si Cobas

Accolta la revoca dell’obbligo di dimora per Aldo Milani, coordinatore nazionale SiCobas, indagato a Modena per una presunta estorsione

Liberato Aldo Milani! Alla vigilia dello sciopero generale di logistica e trasporti, è stata accolta l’istanza di liberazione per il coordinatore del SiCobas che era costretto all’obbligo di dimora a Milano dal 28 gennaio data in cui era stato arrestato con l’infamante accusa di estorsione assieme a un personaggio estraneo al sindacato di base.

La decisione, pochi minuti fa, è della gip di Modena, Eleonora di Marco, dopo che Marina Prosperi, legale di Milani ha presentato sia la documentazione sull’attività sindacale svolta negli ultimi mesi dal coordinatore nazionale del Si.Cobas, sia le dichiarazioni del segretario generale della Fedit, confindustria dei trasportatori, che afferma la correttezza di Milani nelle trattative. Non c’è ragione per cui debba ulteriormente sopportare una limitazione alla sua libertà sindacale e di movimento.

Dunque Milani arriverà libero al processo, l’udienza preliminare è fissata per il 27 settembre, a differenza dell’altro imputato che è ancora ai domiciliari e che ha scelto la via del rito abbreviato. «Noi – dice Marina Prosperi – abbiamo scelto il rito ordinario perché respingiamo ogni accusa e continuiamo nella difesa in nome di una battaglia di verità».

Daniele Piccinini, questo il nome dell’altro uomo, è legato a una delle cooperative che forniscono manodopera all’azienda dei fratelli Levoni. Il suo ruolo nella vicenda è ancora oscuro ma già dalle prime ore dopo l’arresto, il SiCobas aveva smentito la sua appartenenza al sindacato e s’era chiesto che cosa ci stesse a fare al tavolo della complessa trattativa.

I 52 licenziati di Alcar Uno, filiera Levoni, all’atto di fare richiesta di accesso alla NASPI, avevano scoperto che le cooperativa Alcar Uno, in appalto per Levoni, non aveva versato i contributi INPS utili a maturare l’assegno di disoccupazione. Milani ha chiesto che Levoni saldasse quest’ammanco, «ovviamente non certo consegnando del denaro liquido bensì versando le somme contributive mancanti attraverso le modalità previste dalla legge così come risultanti dai modelli F24!», aveva specificato il SiCobas.

Il clamoroso arresto “per estorsione” ha ottenuto una copertura mediatica fuori dal comune per un mainstream giornalistico abitualmente cieco e ottuso di fronte alle vicende del sindacalismo combattivo. Troppi giornalisti si sono prestati alla pratica infame di sbattere il mostro in prima pagina senza altra prova se non quella fornita dalla questura: una velina e un video a cui era stato scientemente tolto l’audio. “Ecco il film della mazzetta”, «Pagate 90mila euro per la cassa di resistenza e non ci saranno altre mobilitazioni», sono solo alcuni dei titoli comparsi nelle ultime 24 ore per sostenere l’idea di una violenza strumentalmente pilotata durante le proteste. «Abbiamo il sospetto – ha detto il procuratore capo di Modena, Lucia Musti – che altri imprenditori siano stati vittime di questo sistema estorsivo. A loro chiediamo di farsi avanti. La pace sociale non può essere merce di scambio». Sembrava una bomba contro il SiCobas e contro la possibilità per tutti che possano esserci pratiche sindacali conflittuali che, molto spesso, in questi anni hanno conseguito successi che le tiritere concertative non sono mai state in grado di conseguire. Negli hub, a macchia di leopardo e specialmente al nord, sono proseguiti gli scioperi dei facchini e almeno cinquecento persone hanno manifestato per due giorni di fronte al carcere di Modena dove s’è svolta l’udienza di convalida che aveva confermato i domiciliari per Piccinini e scarcerato Milani ma con l’obbligo di dimora.

Un’inchiesta che fin dall’inizio è sembrata un teorema antisindacale e che sembra un boomerang verso chi l’ha commissionata visto che il SiCobas ha continuato a lottare e crescere, anche a Modena dove la procura starebbe spulciando i video dei picchetti per insistere nel processo di criminalizzazione della lotta. Modena, capitale europea della filiera delle carni, è stata ancora epicentro di un’ondata di scioperi mentre il sindacato ha registrato un’impennata di nuove iscrizioni (forse 5mila a livello nazionale). La vicenda della controinchiesta è contenuta nel libro bianco “Carne da macello” pubblicato da RedStarPress.

Checchino Antonini

da Popoff