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«Riace non doveva essere esclusa dallo Sprar». Il Tar dà torto a Salvini

Il comune riammesso nel sistema Sprar. Il Viminale aveva escluso il comune dal Sistema di protezione e accoglienza dei richiedenti asilo

C’è un giudice, finalmente, a Reggio Calabria. Il Tar della città dello Stretto accoglie il ricorso presentato dal sindaco (facente funzioni) di Riace, Giuseppe Gervasi, e annulla il provvedimento del Viminale che in autunno aveva sancito l’esclusione del comune della Locride dal Sistema di protezione e accoglienza richiedenti asilo (Sprar). «Ritiene il Collegio che i riconosciuti ed innegabili meriti del ’sistema Riace’ abbiano giocato un ruolo decisivo nel ritenere superate (e non penalizzanti) le criticità rilevate nel precedente triennio, le quali però non avrebbero potuto essere recuperate a posteriori, per motivare la revoca, se non rinnovando per intero il procedimento» si legge nel dispositivo.

Per i magistrati amministrativi, quindi, sono fondati due motivi del ricorso, predisposto dagli avvocati Gianfranco Schiavone e Lorenzo Trucco, «in quanto la decurtazione del punteggio è avvenuta senza il rispetto delle forme e delle condizioni stabilite in ordine alla previa diffida, e la conseguenziale revoca dei contributi è stata disposta sulla base di rilievi concernenti essenzialmente il progetto attuato nel triennio 2014/2016, in palese contraddizione con la circostanza che nel dicembre 2016, in presenza dei medesimi rilievi, lo stesso progetto era stato autorizzato dall’amministrazione alla prosecuzione».

Una vittoria su tutta la linea, dunque, per Riace, per Mimmo Lucano e per l’intera amministrazione comunale, a soli quattro giorni dalle elezioni per il rinnovo del consiglio. Una sconfitta per il Viminale e per il suo capo con la felpa, ossessionato in modo paranoico da Lucano e dall’idea di accoglienza sperimentata in quelle lande da quasi venti anni.

Con la circolare annullata il ministero degli Interni aveva disposto il 13 ottobre scorso «il trasferimento degli ospiti in accoglienza» e l’obbligo al comune di «rendicontare le spese sostenute». Si trattava, in pratica, dello smantellamento del sistema di integrazione multietnica celebrato in tutto il mondo. Tutto questo a una settimana esatta dalla straordinaria manifestazione popolare di Riace del 6 ottobre, conclusasi sotto la prigione domiciliare del sindaco (misura poi derubricata in divieto di dimora).

Ora la giustizia è stata, in parte, ristabilita. Anche se l’amarezza è tanta. Specie per il calvario del sindaco, costretto a commentare questo pronunciamento giudiziario fuori dalla sua Riace. «E’ una bella notizia per la nostra cittadina ma resta la delusione per aver interrotto un’esperienza positiva di accoglienza e solidarietà. Le persone sono state trasferite – ci dice al telefono – e i danni sono stati fatti. Ma, perlomeno, si ristabilisce dal punto di vista amministrativo un po’ di giustizia. Abbiamo operato in una terra col destino segnato e vogliamo continuare a farlo. Noi andiamo avanti e per quanto mi riguarda cercherò giustizia in tutte le sedi. Anche perché questa è l’ulteriore dimostrazione che io non avevo e non ho alcuna responsabilità per fatti assolutamente irrilevanti da un punto di vista amministrativo e penale. I servizi peraltro sono sempre stati erogati come, del resto, era già scritto nero su bianco nella prima relazione inviata dalla prefettura al Viminale».

«Un’altra sconfitta della crociata di Salvini contro chi si impegna per l’inclusione, per la solidarietà, per uno Stato moderno. Un abbraccio a Mimmo Lucano e alla Riace che resiste», twitta Nicola Fratoianni de La Sinistra. «Chi alza i muri dell’ideologia più reazionaria scegliendo di assumere a bersaglio della propria propaganda Mimmo Lucano, che ha avuto il merito elevare a modello d’integrazione un comune a rischio di desertificazione, uccide ogni prospettiva di sviluppo e di convivenza civile libera e democratica», commenta il segretario confederale della Cgil Giuseppe Massafra.

E così dopo la Cassazione, il mese scorso, ora anche la magistratura amministrativa non può non rilevare «gli innegabili meriti» del «sistema Riace». Solo la procura di Locri e il tribunale del Riesame di Reggio Calabria restano fermi nell’accusare di ogni nefandezza Lucano e il suo modello di accoglienza. La circolare annullata, come si ricorda, determinò la deportazione di molti immigrati, quasi 200, costretti a preparare i bagagli e partire. Con un colpo di penna il Viminale sette mesi orsono sbianchettò 16 anni di umanità e solidarietà sociale. Ora la parziale rivincita in sede amministrativa con cui nelle casse comunali torneranno finalmente i finanziamenti pubblici per l’accoglienza. Sperando che sia il miglior auspicio per il 26 maggio.

Silvio Messinetti

da il manifesto