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Francia: Il rifugiato curdo Mehmet Yalçin consegnato alla Turchia

Il 16 settembre Parigi ha espulso Mehmet Yalçin,  un rifugiato curdo – prelevato in casa da una ventina di poliziotti – consegnandolo ad Ankara.

Forse per allentare la tensione sorta recentemente tra i due Paesi sulla questione delle acque territoriali e del contenzioso con la Grecia?

Non esattamente un semplice atto di cortesia comunque, visto che Mehmet Yalçin (richiedente asilo, in Francia da 15 anni, ma accusato di far parte del PKK) una volta imprigionato rischia di subire maltrattamenti e torture.

O almeno questa è la fondata preoccupazione espressa dall’OFPRA (Office français de protection des réfugiés et apatrides).

Per non parlare della drammatica situazione in cui è precipitata la sua famiglia, la moglie – che ora ha perso il permesso di soggiorno – e i tre figli nati in Francia.

Niente male per la patria dei Diritti dell’Uomo.

Arrestato a Bordeaux il giorno 15 settembre, Mehemet veniva immediatamente portato a Parigi e il 16 caricato su un volo della Turkish Airlines con scalo a Istanbul.

Condannato nel 2019 a due anni di prigione da un tribunale francese, il giovane curdo era già stato arrestato nel giugno scorso, ma poi rilasciato in seguito al suo sciopero della fame e alla significativa mobilitazione a suo favore.

L’avvocato Gabriel Lassort ha pubblicamente manifestato tutto il suo stupore per la grave decisione ricordando che il suo cliente era stato “liberato per decisione del tribunale amministrativo di Bordeaux, Tribunale che aveva giudicate infondate le ragioni per la sua detenzione”.

L’espulsione di Mehemet Yalcin è stata condannata dal Consiglio Democratico Curdo in Francia (CDK-F) in quanto rappresenterebbe “una grave violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Convenzione di Ginevra sui rifugiati”. Soprattutto perché “la Turchia non ha nulla di uno Stato di diritto e questo la Francia lo sa bene”.

Se servisse a rispolverare la memoria, ricordiamo che ogni giorno vengono arrestati e imprigionati dal regime di Erdogan esponenti politici, sindaci, militanti di sinistra, sindacalisti, avvocati, artisti, giornalisti e insegnanti.

La stampa viene imbavagliata e le reti sociali sottoposte a continui e sistematici controlli repressivi e persecuzioni.

Per non parlare dei numerosi casi di maltrattamenti e tortura ai danni dei prigionieri politici.

Gianni Sartori