Torino, Aula bunker, 6 Giugno 2014. C’è un po’ più di zucchero che al maxiprocesso ma la sostanza è amara lo stesso. Il Presidente Cappello è un simpaticone (!), è tollerante col pubblico e con gli imputati in gabbia, fa anche le battute e tiene a posto i pm ma poi comunque decide a senso unico.
Infatti comunica subito in apertura il rigetto delle eccezioni della difesa della prima udienza e ammette come parte civile la Presidenza del Consiglio, Ltf e Sap (il sindacato di destra della polizia); respinta anche l’ incostituzionalità e cosi si torna ai box di partenza.
Oggi il pubblico è ridotto rispetto alla prima udienza perché decimato nei ranghi: molti di quelli che c’erano, sono oggi in carcere per l’ennesima retata di pochi giorni fa con 111 provvedimenti cautelativi ma appena compaiono i detenuti si levano i cori di saluto.Un bel gruppone occupa l’area esterna del parcheggio. In aula ci sono anche i genitori degli imputati che circondano gli avvocati e fanno ogni genere di domanda ma a molte di quelle neanche gli avvocati sanno o possono rispondere. Lo zio di Claudio viene dal Canavese ma non può fermarsi a lungo perché deve tornare al lavoro. Si aggira nervosamente fuori e poi dentro l’ aula cercando di celare con tipico contegno piemontese l’angoscia che lo tormenta.
E’ l’avvocato Dominioni del Foro di Milano, difensore di Mattia, che prende per primo la parola per sollevare altre eccezioni procedurali e di incostituzionalità: la materia è complicata, molto tecnica ma sostanzialmente vuole mettere in discussione quelle che ritiene incongruenze dell’azione penale del Gip e dei pm, l’irregolarità di una mancata udienza preliminare. Nel complesso, rileva “uno stravolgimento della procedura che viola le regole processuali” e le illustra ampiamente.
Rinaudo ribatte brevemente e la Corte si ritira per la prima delle soste della mattinata. Il pubblico srotola uno striscione e gli imputati sembrano di buon umore; per ora sei mesi di regime speciale non sono riusciti a piegarli. Alla gabbia si avvicina la sorella di Chiara con la neonata nipotina in braccio e tutti, guardie e carabinieri compresi, si fermano in silenzio a guardare.
Alla ripresa, la decisione è sempre la stessa: respinte tutte le eccezioni e si apre formalmente il processo.
I pm elencano gli elementi di prova a carico: fotografie, intercettazioni, i filmati della videosorveglianza del cantiere, la relazione Brinkhorst 2013, addirittura i libri Non solo un treno (Pepino & Revelli) e Sabotaggio, vari altri documenti. Chiamano a testimoniare poliziotti, operai del cantiere, consulenti e tra gli altri,Virano e Brinkhorst.
La difesa cita i suoi testimoni tra cui Paolo Prieri e Ivan Cicconi. Poi si apre la battaglia vera.
La questione è fondamentale: i pm hanno costruito il loro teorema terroristico ampliando il contesto dei fatti a prima e dopo l’azione notturna del 14 maggio 2013 e sostenendo che quell’azione fu solo una delle tante in un lungo arco di tempo a perseguire l’interruzione dei lavori. Nel conto, mettono anche le manifestazioni di solidarietà successive all’arresto degli imputati come aspetti dello stesso scenario criminale. Rinaudo ammette di aver voluto considerare fatti e testimoniaze estranee alla responsabilità individuale per dimostrare “che l’azione del 14 Maggio è parte di un’attività più generale messa in atto per contrastare l’opera…con riferimento a condotte e azioni che hanno la stessa finalità…” Si riferisce infatti “… a un lungo stillicidio di manifestazioni anche violente che rivendicano l’illegittimità dei provvedimenti” o ad azioni complementari a quelle imputate, come per esempio il monitoraggio del territorio precedente all’azione notturna.
E’ un’impostazione opposta a quella che gli stessi pm adottano nel maxiprocesso: li contestano i reati individuali e negano validità al contesto (illegittimità dell’intevento, attacco della polizia al corteo), qui fanno perno sul contesto, su fatti precedenti e susseguenti l’azione per cui i ragazzi sono imputati, per attribuire reati di terrorismo. Su questa impostazione, che è la chiave del processo, si scagliano subito gli avvocati Pelazza e Losco. Su tutto questo si combatterà contro i mulini a vento del “sistema Torino” di cui i pm con l’elmetto sono ormai apertamente riconosciuti come gli esecutori. Prossima udienza il 13 Giugno.