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Roma 8 marzo 1972: Manganellate dalla polizia sulle femministe in presidio a Campo de fiori

La manifestazione dell’8 marzo 1972 venne organizzata in un clima di grande trasformazione nei gruppi femministi “originali”. La più significativa fu la fondazione nel 1971 di Lotta femminista, più celebre con il nome di Movimento femminista romano, che contribuì significativamente alla discussione sui temi dell’aborto, della contraccezione e della liberazione.

Per iniziativa loro, del Movimento di liberazione della donna, di Rivolta femminile e Udi, più di 20mila donnesi radunarono in occasione della Giornata della donna a Campo de’ Fiori, per protestare contro l’istituzione del matrimonio e il mammismo che dominava la società italiana. Curiosamente, tra di loro c’era anche Jane Fonda.

La piazza venne circondata dagli agenti di polizia, nonostante la massiccia presenza di donne disarmate e pacifiche. Molti uomini si avvicinarono alle contestatrici per insultarle o metterle in ridicono, urlando: “A casa! Le donne devono stare a casa!”, oppure: “Dai bambine, ora tornate sul marciapiede”. Le donne esponevano cartelli provocatori per l’epoca. Mariasilvia Spolato, considerata la prima attivista ad aver fatto coming out pubblicamente e fondatrice del Fronte di liberazione omosessuale, venne fotografata da Panorama con in mano un cartello con la scritta “Liberazione omosessuale”, fatto che le costò il licenziamento dal posto di lavoro come insegnante e l’allontanamento dalla sua famiglia. La situazione si fece ben presto incandescente e le attiviste vennero caricate dalla polizia mentre rispondevano verbalmente alle provocazioni dei contestatori. Alma Sabatini fu ferita alla testa da una manganellata e finì all’ospedale, fatto che destò grande attenzione mediatica dal momento che Sabatini era un personaggio molto noto.

La manifestazione fu duramente contestata anche dagli uomini di sinistra, che si trovarono per la prima volta attaccati dalle loro stesse mogli, fidanzate, sorelle o madri. “Nella famiglia, l’uomo è il borghese e la donna il proletario!”, recitava un famoso slogan che evidentemente non poteva piacere a chi era convinto di stare dalla parte degli oppressi. Presto, i movimenti femministi si staccheranno dai gruppi comunisti e autonomi, accusandoli di non dare importanza alle loro lotte o, ancora peggio, di sostenere la liberazione sessuale delle donne solo per portasele a letto più facilmente.

Dopo l’8 marzo 1972, il femminismo italiano non fu più lo stesso. E così la storia dell’Italia.

Il 5 giugno 1973 cominciò a Padova il processo a Gigliola Pierobon, esponente di Lotta femminista e accusata di aborto. Moltissime donne cominciarono ad auto-denunciarsi, tra cui Alma Sabatini. Cominciò così la grande stagione delle lotte che avrebbero portato all’approvazione della legge 194, nel 1978. Nello stesso anno, venne sequestrato e ucciso Aldo Moro. Lussana individua in questo evento lo spartiacque del femminismo italiano, che avrebbe sancito la sua definitiva frammentazione e de-nazionalizzazione in favore di piccoli circoli attivi soprattutto a livello locale.

Oggi, l’8 marzo è diventata per l’opinione pubblica la “Festa della donna”, un’occasione per regalare mimose e cioccolatini, postare frasi motivazionali su Facebook o passare una serata a vedere spogliarelli maschili, come se fosse l’unica possibilità a scadenza annuale di vivere un mondo alla rovescia in cui le donne vengono messe su un piedistallo per 24 ore. Sulla sua origine c’è ancora molta confusione e molti sono ancora convinti che la Giornata internazionale della donna commemori l’incendio della Triangle Shirt Waist Company a New York, avvenuto in realtà il 25 marzo 1911 o un altro incidente – di cui non esiste traccia documentata – nella fabbrica di abbigliamento Cottons, l’8 marzo 1908. In realtà non c’è nessuna strage da commemorare né alcuna donna da “festeggiare”, perché, come dimostrano le vere origini di questa ricorrenza, l’8 marzo è una giornata di lotta e impegno politico che andrebbe trascorsa raccogliendo l’eredità di quelle 20mila e più donne che aprirono la strada per la liberazione di tutte.

“Quella del movimento femminista,” scrive Fiamma Lussana, “è stata una rivoluzione copernicana: la sua sfida è stata ‘muoversi su un altro piano’, ovvero capovolgere il modo tradizionale di stare nella storia scegliendo la strada impervia di non adeguarsi all’ordine esistente”. La sua storia “parte da sé”, da quel personale che si fa politico – come diceva lo slogan di Carol Hanisch – e in quanto tale ha l’ambizione di cambiare la Storia generale. Oggi molti non conoscono né le origini della Giornata internazionale della donna né la storia della manifestazione di Campo de’ Fiori. A distanza di più di quarant’anni, i nostri diritti sono messi pericolo da chi ci vorrebbe nuovamente solo mogli e madri. L’unico modo per impedirlo è manifestare il nostro dissenso, come quell’8 marzo 1972.

(tratto da racconto di Jennifer Guerra da The Vision)