Procedimenti disciplinari, ispezioni, il ministero fa pressione sui dirigenti che, per evitare «polemiche», bloccano il confronto
di Luciana Cimino da il manifesto
Il liceo Righi di Roma finisce un’altra volta sui giornali nel tentativo di evitare di scatenare polemiche. È il paradosso dei tempi della comunicazione digitale, dove tutto sembra consentito ma sempre sotto l’ombra della censura. Anche in questo caso si tratta del conflitto israelo-palestinese, tema tabù nelle scuole e nelle università, anche quando si tenta di tracciarlo storicamente. È accaduto con le ormai note manganellate agli studenti di Pisa ed è accaduto per la seconda volta allo scientifico nel centro della Capitale. A fine ottobre, qualche settimana dopo l’attacco terroristico di Hamas e i primi bombardamenti di massa ai palestinesi, il liceo era finito al centro di una vigorosa campagna stampa contro un docente, Salvatore Bullara, accusato di aver spinto la classe a commentare le politiche di Israele attraverso un tema e aver messo in imbarazzo uno studente di religione ebraica.
Come è stato ricostruito mesi dopo, il docente aveva tenuto una lezione complessa che affrontava anche Pasolini e le posizioni di Bettino Craxi sulla questione palestinese. Il ministro all’Istruzione (e merito) Valditara, come sempre molto solerte quando si tratta di mandare le ispezioni, anche in questo caso aveva reagito subito, minacciando sanzioni. In questi giorni la conferma che si trattava di narrazioni strumentalizzate e reazioni esagerate: la vicenda di Bullara si è chiusa con l’archiviazione del procedimento disciplinare ministeriale a suo carico senza alcuna sanzione. Il clima di censura sul massacro in atto a Gaza in una delle scuole più prestigiose di Roma, però, non è mutato. La dirigente, Cinzia Giacomobono, per evitare di finire ancora sui giornali, ha vietato, secondo i rappresentanti degli studenti, ogni incontro di approfondimento sull’argomento, finendo per censurare anche Amnesty International, invitata a fine dicembre a un incontro già concordato con il consiglio d’Istituto e bloccato due giorni prima dalla preside per «motivi di serenità all’interno della scuola».
«Come comunità studentesca – racconta Fulvio, uno dei rappresentanti d’istituto – abbiamo espresso la necessità di tenere una conferenza di carattere storico che abbiamo riproposto più volte trovando solo reticenza e ostruzionismo da parte della presidenza». Gli studenti hanno quindi provato con una raccolta firme, alla quale hanno aderito più di 700 persone, docenti e personale Ata inclusi, hanno coinvolto i colleghi della comunità ebraica, hanno predisposto un programma esclusivamente storico che, per evitare ogni tipo di aggancio con l’attualità, si fermava a qualche anno fa, ma la dirigenza è rimasta sulle sue posizioni. Probabilmente ha giudicato troppo alto il rischio di un altro provvedimento ministeriale, anche tenuto conto del fatto che, solo per citare un esempio, la circolare dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio per la Giornata della memoria invitava i dirigenti scolastici a controllare le opinioni degli studenti e degli insegnanti riguardo agli «scenari internazionali di crisi» (cioè la Palestina).
Uno studente dello stesso liceo, giorni fa, è finito al centro delle polemiche per aver mimato il gesto della pistola al Senato durante uno discorso della premier Giorgia Meloni. Lo studente si è poi scusato ed è stato sospeso, la preside si è vista costretta a mandare una lettera di scuse, poi letta dal presidente del Senato La Russa in Aula. Giacomobono ha di conseguenza valutato di non fare l’incontro ma la scuola è finita sui giornali lo stesso, stavolta proprio per la denuncia di censura degli studenti. «Nessuno mi ha fatto pressioni, tantomeno il ministero – ha spiegato ieri Giacomobono -. Con la mia decisione ho voluto tutelare la scuola, trattare del conflitto israelo-palestinese sotto un certo punto di vista porterebbe disordine e scompiglio nella componente studentesca ed essendo la dirigente ne risponderei io».
Per la preside sulla questione umanitaria di Gaza «ognuno ha il suo pensiero, ma non voglio che la scuola sia utilizzata a scopo politico». «È chiaro quanto stia diventando sempre più difficile nel nostro Paese informarsi in maniera imparziale a scuola e quanto il nostro governo sembri opporsi in ogni modo alla volontà autonoma di studenti che chiedono solamente che il proprio diritto all’istruzione e all’informazione venga rispettato», denunciano invece le associazioni studentesche e i collettivi del Righi che chiedono all’opinione pubblica di «mobilitarsi in difesa della nostra Costituzione democratica e antifascista». «Noi continueremo a insistere anche se non crediamo che cambi idea ma ormai rappresenta una questione di principio» ha concluso Fulvio.
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