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Roma: CIE Ponte Galeria. Violenze contro i detenuti

Una telefonata che finisce in diretta su Onda Rossa, la radio degli antagonisti romani. «E’ arrivata la polizia con bastoni e mascherine, ci sono feriti». A chiamare è un uomo di origine maghrebina detenuto al centro identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, denuncia il rimpatrio ingiusto di quattro nigeriani che avevano fatto domanda di asilo e ancora non avevano ricevuto risposta. Racconta per lunghi minuti: «La gente grida, alcuni sono caduti e hanno sbattuto la testa per terra, c’è del sangue». Le sue parole arrivano concitate.Le violenze hanno origine nel mattino, quando il personale della Croce Rossa avvisa quattro migranti della Nigeria che presto verranno portati a Fiumicino per tornare a casa. I quattro protestano con forza, ripetono di essere dei richiedenti asilo e di avere il diritto di rimanere in Italia per conoscere l’esito della richiesta. A quel punto entra un manipolo di agenti, alcuni in borghese, incaricati di sedare la rivolta. L’uomo al telefono dice che i poliziotti hanno picchiato i nigeriani, sbattendoli a terra. Ma non può fornire dettagli, visto che si trova rinchiuso in una sezione senza la possibilità di uscire. «Qui siamo in guerra», avverte. «E non capiamo se comanda il giudice o comanda la polizia».Il prefetto Mario Morcone, titolare del dipartimento Libertà sicurezza e diritti civili del Viminale, si mette in contatto con i gestori del Cie romano e riceve una rassicurazione: nessun episodio di violenza, la situazione è tranquilla. Morcone spiega che era stato effettivamente dato l’ordine di rimpatriare 34 persone da Ponte Galeria, 28 donne e sei uomini. Tutti nigeriani «rintracciati nei giorni scorsi nella provincia di Caserta in posizione irregolare», secondo quanto scritto nella scarna nota del ministero dell’Interno. Tre dei sei uomini avevano fatto domanda di asilo, ma era stata rigettata per due volte. Il quarto nigeriano aveva ricevuto un diniego lo scorso 11 maggio, ma secondo il Viminale non aveva fatto ancora ricorso. I trentaquattro espulsi si trovavano a Fiumicino già nel pomeriggio, diretti a Lagos.Il testimone però non ha smesso di fornire particolari sulla detenzione, denunciando una scarsa attenzione del personale medico nei confronti dei migranti malati («mettono lo zucchero nelle ferite»), e in generale della pessima condizione di vita all’interno del centro. Parla di un algerino che la scorsa settimana è stato picchiato a sangue perché protestava contro il rimpatrio: «Una volta all’aeroporto, il pilota si è rifiutato di accoglierlo a bordo perché sanguinava. Lo hanno riportato a Ponte Galeria, lo hanno medicato, gli hanno fatto ingoiare un sonnifero e così è tornato in Algeria dormendo». Secondo l’uomo, alcuni detenuti destinati al rimpatrio sono in possesso di regolare permesso di soggiorno. Particolari difficili da verificare. Due giorni orsono il presidente del Lazio, Piero Marrazzo, aveva fatto visita a Ponte Galeria riscontrando una precaria situazione igienica, cumuli di rifiuti ovunque, e diversi migranti che lamentavano poca o nulla assistenza medica. L’assessore Luigi Nieri aveva denunciato la presenza di un uomo anziano, infermo, che doveva essere alzato di peso da quattro persone per potere andare in bagno. In questo centro sono morte due persone dall’inizio dell’anno: il primo, un algerino di ventiquattro anni, fu trovato senza vita la mattina del 19 marzo. Il giorno prima aveva chiesto aiuto in infermeria, diceva di sentirsi male ma secondo le testimonianze dei reclusi non aveva ricevuto soccorso e, anzi, era stato picchiato dai poliziotti. Il 7 maggio, invece, si è impiccata una donna tunisina in Italia da quasi vent’anni, non voleva rimpatriare per non dovere affrontare la vergogna di una vita fallita.Nelle scorse settimane la consigliera regionale Anna Pizzo aveva denunciato che un funzionario di polizia del Cie l’aveva allontanata in malomodo dai cancelli, strappando penne e blocchetti dalle mani dei consiglieri in visita e dagli assistenti, trattando con strafottenza i detenuti che accorrevano per raccontare le loro miserie.Nel frattempo sono quasi completati i lavori di ricostruzione del centro di prima accoglienza di Lampedusa, ora vuoto, andato in fiamme lo scorso febbraio dopo una rivolta deimigranti tunisini. La nuova parte potrà ospitare 396 persone. Secondo il governo, la ricostruzione è stata «rapida» – un mese soltanto di lavori – ma non è chiaro il destino del cpa che nei mesi scorsi era stato trasformato in Cie dal ministro Roberto Maroni. Pochi giorni fa un assessore lampedusano aveva avvertito che ormai il governo preferisce oscurare l’arrivo dei migranti. Gli sbarchi, insomma, sono certamente diminuiti ma non certo azzerati: i migranti soccorsi vengono portati a Porto Empedocle.