Ancora poliziotti nelle nostre case, ancora procuratori a caccia di fantasmi, ancora antifascisti sotto inchiesta.
Mercoledi 15 giugno, la questura di Roma ha eseguito una perquisizione a casa di un nostro compagno. Il P.M. Monteleone aveva richiesto che venissero sequestrati alcuni indumenti, il computer e il cellulare per utilizzarli come prove nell’indagine in corso per i fatti di via dell’acqua bullicante del 14 maggio.
Il risultato è stato un fermo di qualche ora e il sequestro di alcuni oggetti che nulla hanno a che fare con quelli indicati nel mandato di perquisizione.
Non ci interessa utilizzare questo comunicato per rispondere all’ennesimo castello di carte costruito dalla procura e dalla DIGOS, ci penserà a tempo debito il nostro avvocato.
Del resto I fatti sono già noti a tutti:
Una settimana prima della marcia di casapound a colle oppio i militanti di estrema destra avevano organizzato un banchetto elettorale in un quartiere multiculturale e antifascista, il risultato è stato che alcuni abitanti della zona hanno impedito questa ennesima provocazione.
Nonostante in quei giorni furono quotidiane le aggressioni e le intimidazioni di cui sono stati protagonisti i militanti di casapound, l’atteggiamento della polizia è stato subito eloquente: l’unico intervento è consistito nel tentato arresto di uno degli abitanti antifascisti.
Dunque non stupisce che oggi si continui ad indicare negli antifascisti i nemici dell’ordine pubblico.
Cogliamo l’occasione, invece, per segnalare con quali modalità procura e questura continuino la loro campagna di criminalizzazione degli antifascisti: sono ormai ordinarie le perquisizioni arbitrarie, le inchieste costruite su testimonianze false di agenti di polizia, le misure amministrative che eludono l’onere della prova, è consuetudine in questura essere invitati a firmare verbali falsi e incriminanti.
Lo segnaliamo per chiarire che la legalità è poco più di un feticcio anche per chi per mestiere sarebbe chiamato a far rispettare le leggi.
Antifasciste e Antifascisti di Roma