“Spesso in carcere fanno più male le sofferenze che vediamo che quelle che subiamo” (Dal libro “Angelo SenzaDio” di Carmelo Musumeci, distribuito da Amazon)
In questi giorni mi ha colpito la dichiarazione della senatrice Liliana Segre, in visita al carcere di San Vittore: “Dai detenuti gli unici gesti di umanità prima della deportazione.” e ho pensato a Rosa Zagari, prigioniera dei “buoni”, che rischia la paralisi, dopo una caduta in carcere che le ha provocato fratture. È stata condannata in primo grado a otto anni, perché non darle la possibilità di curarsi fuori? Probabilmente perché non è una persona importante, forse perché ha parenti pregiudicati o forse, semplicemente, chi amministra la giustizia non si può permettere di avere un cuore al posto del codice. Fino a che punto può arrivare la giustizia degli uomini per tutelare i suoi cittadini? Può arrivare per esempio ad accanirsi contro una prigioniera, malata, stanca e depressa (le è appena mancata la madre). Io credo di no, credo che una democrazia che usi mezzi disumani sia una democrazia malata. Non ho mai visto nessun delinquente cambiare per effetto di trattamenti disumani e degradanti, e un Paese che li usa, comunque, fosse anche per fermare i fenomeni criminali, degrada se stesso.
Il giuramento di Ippocrate dice: “Medico, ricordati che il malato non è una cosa, o un mezzo, ma un fine, un valore”. Invece in carcere il malato detenuto/a è un malato/a sfortunato/a. Quando una persona in libertà è malata spesso, non sempre, l’ambiente in cui vive rispetta il suo stato, nel senso che la si cura e di norma almeno può essere sicura di ricevere attenzione dalla propria famiglia. Invece guai al paziente in carcere, la richiesta di attenzione genera disprezzo. Il prigioniero/a malato/a non gode della pur minima protezione, persino gli si fa una colpa della sua malattia. Alla prima occasione, al minimo lamento e tentativo di conforto, per un motivo normalmente di nessuna importanza, la malattia gli viene rinfacciata come una colpa e lui/lei viene additato come simulatore. E qualunque disturbo possa lamentare, non gli si crede. Purtroppo il detenuto/a malato/a è come un cieco a cui si rimprovera di non vedere.
Lancio un appello affinché a Rosa Zagari sia data la possibilità di curarsi in una struttura esterna al carcere, perché a mio parere non è così necessario che continui a stare in carcere in queste condizioni, e inoltre una giustizia umana è la migliore delle medicine, sia per i cattivi che per i buoni.
Carmelo Musumeci