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Scontri del 15 ottobre. Arresti nella notte

Nella notte la Digos e i Ros dei carabinieri hanno operato diversi arresti per gli scontri avvenuti il 15 ottobre a Roma, durante la manifestazione  indetta dagli indignados a livello internazionale contro la politica della Bce e  le politiche economiche del governo d’allora (Berlusconi).


Al momento si parla di 7 arresti domiciliari e di 6 obblighi di dimora, oltre a 14 perquisizioni, a Roma, Teramo, Ancona, Civitanova Marche, Padova e Cosenza.

Le accuse sono di devastazione, saccheggio e resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale 
Le indagini sono coordinate dal pool antiterrorismo della Procura di Roma e sono condotte in collaborazione con ROS e DIGOS di Roma. Il responsabile del ‘pool’ dell’antiterrorismo è il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed ha annunciato il ricorso al tribunale del Riesame per misure più “stringenti” nei confronti di chi oggi è stato raggiunto dalla morsa repressiva dello Stato.

L’operazione sembra l’ennesimo spot ad hoc per demonizzare il conflitto sociale in Italia, la miseria dell’indagine ne è testimone. Se da un lato quest’iniziativa della procura romana sembra un arrampicarsi sugli specchi a molti mesi da quella giornata di lotta, capace di esprimere contraddizioni intense in un contesto di crisi globale che in Italia non ha ancora prodotto una risposta di massa e articolata, dall’altro i media embedded vorrebbero dipingerla pomposamente come un’operazione chirurgica coordinata dal pool antiterrorismo di Roma, un’operazione che andrebbe a colpire i violenti che hanno “rovinato” la manifestazione degli indignati del 15 ottobre.

Ai domiciliari Davide Rosci, militante di Azione Antifascista Teramo, nelle ultime comunali candidato e primo dei non eletti nella lita di Rifondazione Comunista.  Oltre a Davide Rosci sono stati messi agli arresti domiciliari altre quattro teramani: Marco Gentile (37) di Teramo, Marco Moscardelli (32), Cristian Quatraccioni (33) e Mirco Tomassetti (30), tutti di Mosciano Sant’Angelo (Teramo).


A Roma provvedimento di restrizione della libertà personale per militanti del diritto all’abitare di 58 e 34 anni, tra cui un boliviano, e un anarchico di 28 anni, accusati di aver “coperto e protetto il saccheggio del supermercato Elite di via Cavour, impedendo ad altri l’accesso all’esercizio commerciale”. Il 58-enne ha precedenti. Perquisito anche un ultras della Lazio 30-enne, sospettato di aver partecipato agli scontri, precedentemente sottoposto a provvedimento di divieto di accesso allo Stadio. Due ultras romanisti del gruppo “Offensiva Ultras”, S.G. e Z.M. di 20 e 27 anni arrestati.


A Cosenza il 52 enne Giuseppe Parisi, dipendente di una cooperativa che lavora per il Comune di Cosenza, è ritenuto responsabile di resistenza e devastazione. Nella perquisizione a casa sua sequestrate sciarpe della locale squadra di calcio. Non è stato trovato nulla di particolare.


In dettaglio:

– 5 misure cautelari a Roma (2 arresti domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla PG);


– 4 misure degli arresti domiciliari a Teramo e provincia, nei confronti di esponenti di «azione antifascista Teramo» e delle locali tifoserie;


– 1 misura degli arresti domiciliari ad Ancona;


– 3 misure dell’obbligo di presentazione alla PG in Padova, Cosenza e Macerata, nonché 14 decreti di perquisizione locale e personale nelle medesime località.

La Procura aveva sollecitato al gip la custodia cautelare in carcere per tutte le 13 persone coinvolte.

Attualmente per la manifestazione del 15 Ottobre – Indignati si trova in carcere Giovanni Caputi, condannato a 3 anni e 4 mesi. Condannati a 4 e 5 anni Giuseppe Ciurleo e Lorenzo Giuliani. Condannato a 4 anni di reclusione il compagno Valerio Pascali.


Tutti per resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale e tutti ragazzi tra i 20 e i 22 anni.

Mentre nel paese, da Nord a Sud, iniziano a sentirsi i primi rumori di un conflitto sociale latente che sempre più diventa popolare e condiviso, la controparte vuole battere un colpo, cercando di mostrare i denti, ma non sarà certo questo ad impedire la crescita dei movimenti sociali e di lotta. Proprio mentre in Val Susa un grande ciclo di lotta si fa esempio e riproducibilità per un intero paese, che in piccolo in varie parti di Italia ne mette in campo le pratiche e lo spirito, si tenta di porre un argine a questo ancora silenzioso fluire.



La nostra solidarietà non può che essere a fianco di chi ha subito quei provvedimenti infami, sapendo bene che continuare a lottare è l’omaggio migliore che gli si possa fare.


LIBERI TUTTE/I

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L’operazione giudiziaria che questa mattina ha colpito in diverse città  il movimento antagonista italiano, in relazione alla manifestazione del 15 ottobre, è a dir poco inquietante. Inquietante perché, ancora una volta, si vogliono nascondere le rivendicazioni e le ragioni di quella piazza attraverso il fantasma dei black block e la macchina della repressione. Decine di compagni e compagne, scelti a caso e sottoposti a varie misure cautelari al sol scopo di consentire alla procura della repubblica di riaprire le indagini. La procura aveva chiesto, ed ha già presentato ricorso avverso la decisione del giudice, la custodia cautelare in carcere per tutti i compagni indagati. Ma il 15 ottobre non può essere ridotto ai capi di imputazione orchestrati dalla procura romana. È stata una giornata in cui il conflitto sociale è esploso esprimendo l’indisponibilità a pagare la crisi . Ed oggi che questa crisi si materializza sempre più, con tagli alla spesa pubblica incalcolabili e sacrifici chiesti ad una popolazione sempre meno disposta ad accettarli, anzi, tutt’altro, vengono messe in atto strategie repressive per tacitare ed intimorire una conflittualità sociale sempre più diffusa. La manovra fatta dal governo tecnico non basterà a salvare banche e lobby di potere. Da qui a poco dovrà vararne
un’altra e questo significherà altri tagli, nuovi disoccupati, altri suicidi. Ma noi non ci stiamo. Non accetteremo la logica del divide et impera, dei buoni e cattivi. Nessun black block, migliaia di precari, disoccupati, lavoratori a nero. Generazioni senza diritti ne futuro, costrette a pagare la crisi dei padroni, che alzano la testa e lottano quotidianamente per non rimanere schiacciati dalle logiche di mercato che ci impongono la quota pro-capite di debito pubblico e di sacrifici.
Esattamente come i 13 compagni sottoposti a misure restrittive, come il Coreano, compagno storico di questa città che arriva ad ogni corteo orgoglioso del suo bandierone rosso e del suo essere compagno. Un
precario come tanti colpevole come tutti noi di voler difendere i propri diritti e di non voler pagare il prezzo della crisi. Liberi tutti.


Compagni e compagne di Cosenza