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Se la gente veramente sapesse la verità…

Se la gente sapesse la verità, se si conoscessero davvero le nostre storie, se non voltassero tutti lo sguardo dall’altra parte…Se, se, se… non avremmo dovuto salire sulla torre di via Imbonati! Sì, perché questa storia di salire sulla torre è nata così: per far conoscere la situazione assurda in cui decine di migliaia di noi immigrati sono intrappolati e pretendere una soluzione, nel rispetto della nostra dignità. Siamo saliti sulla torre e ci siamo accampati sotto dopo che i fratelli di Brescia si erano arrampicati sulla gru.
Proviamo a cominciare dall’inizio. Se non hai un lavoro, non puoi avere un permesso di soggiorno ma se non hai un permesso di soggiorno non puoi avere un lavoro regolare. Sembra un’idiozia o uno scherzo cattivo. Invece, no: è la Legge! La stessa legge prevede che i datori di lavoro contattino delle persone (senza averle mai viste) in un altro continente per farle venire a lavorare in Italia. Una follia. Non esiste una maniera legale per entrare in Italia a costruire una vita migliore per sé e per la propria famiglia. Per questo gli immigrati vengono considerati “clandestini”. Anche questa parola è senza senso: mica siamo noi che vogliamo rimanere nascosti!
Comprensibilmente, quando l’altr’anno è stata annunciata una sanatoria, in moltissimi hanno pensato di poter ottenere un permesso di soggiorno. Chi ha potuto ha stipulato un contratto part-time da colf o badante e ha fatto domanda per “sanare” la propria posizione. Molte di queste domande però sono state rigettate perché, nel frattempo, la “circolare Manganelli” aveva cambiato le carte in tavola: i provvedimenti di espulsione, che la stessa legge prometteva di cancellare, diventavano motivi ostativi al rilascio del permesso. Qui sta la prima truffa: lo Stato e l’Inps incassano svariate centinaia di euro per ogni domanda sotto forma di tasse, bolli e contributi versati a fondo perduto e poi i permessi non vengono rilasciati. Parallelamente si sviluppa un “mercato nero” di contratti fasulli. A gestirlo sono soprattutto truffatori e profittatori italiani, con degli stranieri come intermediari. Molti immigrati, per disperazione e ingenuità, ci cascano: pagano migliaia di euro a questi farabutti in cambio della promessa di un contratto di lavoro posticcio e di una domanda di regolarizzazione. In molti casi, gli squali prendono i soldi e spariscono. Succede in tutta Italia. Tra chi ha visto la propria domanda respinta e chi è stato truffato, cinquantamila immigrati sono rimasti esclusi dalla sanatoria. A partire dalla primavera scorsa in tutto il Paese associazioni di immigrati e di antirazzisti solidali si attivano. A Milano, nel giugno scorso, prendiamo l’iniziativa. Insieme a varie realtà e singoli che avevano dato vita al Primo Marzo 2010, organizziamo assemblee e incontri. (…) Ci si rende conto rapidamente che non c’è soluzione “burocratica”, è necessaria una vera e propria mobilitazione. Così si indicono nuove assemblee per raccogliere tutti gli esclusi e i truffati. Ci troviamo sempre più numerosi, decidiamo di passare all’azione: manifestazioni e presìdi di fronte alla prefettura milanese. Il gruppo romano del Comitato si sta muovendo nella stessa direzione. Idem in altre città. A Roma ottengono un incontro col ministero degli Interni. Ma la risposta è sempre la stessa. I “tecnici” dicono che in mancanza di una decisione politica non è possibile fare nulla. Ma chi ha il potere di prendere tale decisione (il ministro, il governo, il parlamento) non muove un dito. I nostri fratelli del Comitato Immigrati di Roma si sentono, giustamente, presi in giro. Noi anche.
Arriviamo così al 30 ottobre. La grande manifestazione a Brescia e la decisione di Arun, Jimi, Rachid e Sajad di salire sulla gru. La lotta fa un salto di qualità grazie a questi nostri fratelli. (…) Dal presidio di Piazza San Faustino, sotto la gru, la richiesta è subito esplicita: «Che si faccia qualcosa anche nelle altre città, la lotta sarà difficilissima e lunga!». E’ proprio per rispondere a questo appello che il Comitato Immigrati, a Milano, organizza un nuovo presidio, questa volta nel cuore di un quartiere dove vivono moltissimi immigrati, in Via Imbonati, dove c’era la Carlo Erba. (…)
Un gruppetto s’arrampica sulla torre. Con l’aiuto di chi è rimasto giù si preparano gli striscioni da calare giù dalla ciminiera. Alla base della torre si comincia a pensare come non lasciare da soli i fratelli “saliti di sopra”: piano piano il presidio si trasforma in un accampamento. Ma piove! Piove sempre! Ci si attacca al telefonino per trovare altre tende, teli, sacchi a pelo qualcosa per ripararsi dal freddo e dall’acqua e altra gente che possa aiutare. (…)
Quando arrivano i gazebo prestati da associazioni solidali come Emergency e Arci, insieme a tavoli, sedie, altre tende da campeggio, lì sotto sembra esser nato un piccolo villaggio. Ci sono gli attivisti e le attiviste del Comitato Immigrati che coordinano un po’ tutto e mettono la loro esperienza a disposizione della lotta e del neonato villaggio. Ma tutti si danno un gran daffare, anche i “nuovi arrivati”. (…) Per portare avanti questa lotta ci sono mille cose da fare, tutte importanti. E intanto piove! Piove sempre! Sotto la pioggia, dopo un po’, salta anche la tradizionale divisione di ruoli e mansioni tra uomini e donne. La lotta unisce e l’autorità di alcune compagne (ops! “sorelle”) è indiscussa. Per gli stessi animatori del Comitato è un’esperienza inedita e, col trascorrere del tempo, impariamo a lavorare come una vera squadra: si suddividono i compiti e ci sosteniamo a vicenda come non avevamo mai fatto prima.
Però, piove! Piove sempre. (…) I sempre più numerosi segnali di solidarietà concreta danno la forza di proseguire. Non solo da parte delle associazioni o dei sindacati di base sensibili alle nostre istanze. Passano anche cittadini comuni, sempre più spesso: chi lascia qualche euro, chi sottoscrive la petizione di sostegno, chi porta un bel pezzo di parmigiano, chi un telo di plastica, chi un semplice scontrino per andare a ritirare una coperta termica, ordinata e pagata alla farmacia in fondo alla via. (…) C’è chi coordina lo smistamento degli approvvigionamenti, chi raccoglie le firme spiegando la petizione a ogni passante, chi cerca di moltiplicare i contatti con le associazioni e le organizzazioni di ogni tipo. (…)
Una volta tanto, i giornalisti fanno il loro mestiere e, dopo la conferenza stampa organizzata nel villaggetto, i giornali cominciano a riportare le parole di Saidou, Jorge, Edda e Najat. (…)
Giovedì sera si assiste ad Annozero. Col fiato in gola guardiamo i fratelli sulla gru, le immagini delle cariche sono impressionanti. L’intervento del prete ci fa arrabbiare, ma poi parla Umberto di “Diritti per Tutti”: bravo! Giusto! Sei dei nostri! Quando l’inviato annuncia un’altra ospite e la inquadrano di spalle, la riconosciamo subito: è Edda, una dei nostri otto portavoce… ce l’aveva detto che andava a Brescia dai fratelli della gru…. per parlare alla tv.
Meglio di un gol ai mondiali! In poche parole spiega tutto il pasticcio e come lo si potrebbe sbrogliare. (…)
Arriva sabato, è passata una settimana. Per qualche ora… non piove! Giusto il tempo di tenere la “lezione straordinaria” di Università Migrante, il corso organizzato dall’omonima associazione, che per l’occasione ha trasferito qui, all’aperto, la sua classe. La materia è “vita da immigrato”. I professori siamo noi. In cattedra ci sono Najat, Edda, Alì e Omar. (…)
La domenica, sotto la torre si svolge l’assemblea nazionale convocata qualche giorno prima in fretta e furia. Partecipano diverse città di Italia: Brescia, Milano, Parma, Trieste, Bologna, Vicenza, Padova, Massa Carrara, Bergamo, Genova. L’assemblea decide la prosecuzione della mobilitazione e lancia un appello affinché, dopo Brescia e Milano, in altre città si dia vita ad altre iniziative. Si fissano due appuntamenti: una giornata di lotta in tutte le città per sabato 20/11 e un’altra assemblea nazionale per il 28/11 a Firenze.
Queste decisioni assumono ancora più importanza dopo che i fratelli a Brescia sono, finalmente, scesi dalla gru. Abbiamo tirato un respiro di sollievo per loro ma sappiamo che la lotta deve proseguire in altri luoghi e in altre forme. Sappiamo che qui, sopra e sotto la torre, abbiamo ancora più responsabilità. Così ci prepariamo alla manifestazione cittadina di sabato prossimo, appuntamento alle 15, sotto la torre.

Comitato Immigrati in ItaliaMilano

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