Sentenza processo “Plan Condor”: condannati solo alcuni assassini già in galera, assolti quelli liberi
Otto condanne all’ergastolo per omicidio plurimo aggravato e sequestro di persona, 19 assoluzioni e sei proscioglimenti dovuti alla morte degli imputati.
Si è chiuso così a Roma il 17 gennaio 2017 il primo grado del processo a carico di esponenti delle dittature militari di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay in carica tra gli anni ’70 e ’80, che hanno preso parte al famigerato «Plan Condor» voluto dalla CIA in Cile, Paraguay, Uruguay, Brasile, Bolivia, Perù e Argentina .
L’accusa chiedeva 27 ergastoli e una assoluzione. È il secondo processo in assoluto nel mondo contro le dittature sudamericane pilotate dagli USA in quel periodo e che fecero migliaia di morti , sparizioni, torture e uccisioni di oppositori politici. Secondo le stime 50.000 persone furono assassinate, 30.000 furono i desaparecidos e 400.000 vennero incarcerate.
La chiusura dell’inchiesta risale a sei anni fa e riguardava 140 persone, ma problemi burocratici legati alla notifica e la morte di numerosi esponenti delle giunte militari hanno fatto scendere il numero delle persone finite sotto processo.
I condannati sono accusati, a vario titolo, della morte di 23 cittadini di origine italiana. Non contestata la strage per un vizio di procedibilità riscontrata nell’ambito delle udienze preliminari.
I condannati sono Luis Garcia Meza Tejada (ex presidente della Bolivia), Luis Arce Gomez (ministro interno Bolivia), Juan Carlo Blanco (ministero degli esteri dell’Uruguay), Jeronimo Hernan Ramirez Ramirez (Cile), Francisco Rafael Cerruti Bermudez (ex presidente del Perù), Valderrama Ahumada (ex colonnello dell’esercito del Cile), Pedro Richter Prada (ex primo ministro del Peru’) e German Ruiz Figeroa (capo servizi segreti Perù).
La giornata si è chiusa quindi con la condanna dei vertici di quelle dittature, ma non degli esecutori materiali di quei crimini. Presenti in aula anche diversi famigliari delle vittime e personalità istituzionali dei paesi coinvolti.
Radio Onda d’Urto ne parla con Nadia Angelucci, giornalista e corrispondente de “La Diaria” di Montevideo che ha seguito il processo. Ascolta o scarica
Per Marco Consolo responsabile America Latina per Rifondazione Comunista la sentenza rappresenta una “Vergognosa l’assoluzione di ben diciannove imputati, la maggioranza uruguaiani. Tra questi Jorge Nestor Fernandez Troccoli, uruguaiano di origini italiane. All’epoca dei crimini, Troccoli era capitano del servizio segreto della marina uruguaiana (S2), dove era conosciuto come «el torturador». Nato a Montevideo il 20 marzo 1947, passaporto italiano dal 2002, grazie alla sua doppia nazionalità (e ad amici potenti) alla vigilia di un possibile arresto, Troccoli fuggì dall’Uruguay per nascondersi nel salernitano, tra Marina di Camerota e Battipaglia. Già arrestato in Italia nel 2008, poi scarcerato anche per vizi procedurali, ieri è stato vergognosamente assolto nonostante le prove schiaccianti per gli omicidi contestati, tra cui quelli degli italo-uruguaiani Raul Borrelli, Yolanda Casco, Edmundo Dossetti, Raul Gambaro, Ileana Garcia, e Julio D’Elia. Il PRC-SE ricorda che la loggia massonica P2 ha avuto tra i suoi iscritti molti dei responsabili latinoamericani dell’orrore, mentre l’Uruguay e l’Argentina erano una importante base operativa di Licio Gelli. Incomprensibilmente, suo figlio è oggi ambasciatore del Nicaragua in Uruguay. Con questa sentenza l’Italia sbatte la porta in faccia alla richiesta di giustizia e verità, violando la Convenzione internazionale tra Italia ed Uruguay. Ancora una volta i poteri occulti hanno garantito l’impunità a molti dei carnefici. In attesa dell’appello della Procura a questa vergognosa sentenza“