Sgombero di Piazza Indipendenza, ecco come gli idranti hanno protetto la speculazione edilizia e finanziaria
- settembre 11, 2017
- in lotte sociali, sgombero
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Dietro il violento sgombero di agosto che ha buttato per strada centinaia di persone, si nasconde una fitta rete di banche e fondi di investimento che utilizzano le città per i loro azzardi speculativi (in parte o del tutto illeciti). Con la protezione della politica, delle forze dell’ordine e di una legalità con due pesi e due misure.
Se il proprietario della terra era una banca, o una società finanziaria, i rappresentanti dicevano: La Banca – o la Società – intende… vuole… ha bisogno… esige… quasi che la Banca o la Società fosse un essere mostruoso, dotato di intelletto e sentimento, che li tenesse prigionieri tra i suoi tentacoli. Né s’assumevano alcuna responsabilità in nome della banca o della società, in quanto essi si ritenevano esseri umani e schiavi, laddove le banche erano al tempo stesso macchine e padroni
(J. Steinbeck, Furore)
Secondo Gualtiero Tamburrini, presidente di Idea Fimit – la proprietà dell’immobile in via Curtatone dove abitavano circa 800 richiedenti asilo sgomberati il 19 agosto – la situazione di occupazione, che avrebbe generato 4 milioni di euro perdite alla società in bollette e imposte, era «subita soprattutto dagli investitori nei nostri fondi, che sono anche famiglie e non sono solamente i grandi operatori. Ci sono, per esempio, le casse di previdenza, le quali con il ricavato delle gestioni devono far fronte ai loro obblighi, per cui queste situazioni influiscono sulla redditività».
Eppure era stata la stessa assemblea dei delegati, in rappresentanza di 5 sigle sindacali del fondo pensioni del gruppo Sanpaolo IMI che partecipa con una quota del 23,54% al Fondo Omega – di cui fa parte l’immobile in Via Curtatone – a sollevare alcune criticità in merito ad una «gestione opaca» del Fondo già in occasione dell’approvazione del bilancio 2009. «In particolare –scrivono – la rilevante presenza in portafoglio degli immobili strumentali della banca, racchiusi nel Fondo Omega, ci sembra inopportuna».
Nel corso del 2007 e 2008 Intesa Sanpaolo aveva conferito una grossa fetta del suo patrimonio immobiliare, 285 immobili, a una società-veicolo interamente posseduta dalla banca, IMMIT Immobili Italiani spa, «con l’obiettivo strategico di una migliore valutazione del patrimonio immobiliare del Gruppo attraverso la quotazione della stessa IMMIT». Ma, «nonostante l’apprezzamento e l’interesse manifestati dagli investitori nella primavera del 2008, le avverse condizioni dei mercati finanziari hanno reso opportuno il ritiro dell’offerta pubblica di vendita» – si legge nella relazione del CdA di IMMIT.
Così nell’estate del 2008, non riuscendo a vendere il suo patrimonio immobiliare, Intesa Sanpaolo decide di accantonare l’dea di quotare in borsa Immit spa e a dicembre conferisce i 284 immobili al Fondo Omega, gestito da Fimit (poi IDeA FIMIT, all’epoca guidata da Massimo Caputi), al prezzo di 848,7 milioni di euro, cedendo il 70% delle quote a investitori istituzionali e partecipando al Fondo con il rimanente 30%. «Per inciso – scrive il Sinfub (Federazione Nazionale Sindacati Autonomi del personale di credito, finanza e assicurazioni) – questa operazione consentirà a Intesa Sanpaolo di realizzare una plusvalenza di circa 79 milioni di euro».
Oltre al Fondo Pensioni Sanpaolo IMI, a cui sono iscritti circa 25 mila dipendenti del gruppo creditizio torinese, al Fondo Omega partecipano Enasarco (22,16%), Inarcassa (14,68%), il fondo immobiliare gestito da Fimit Gamma, Fondiaria Sai (1,94%) e Milano Assicurazioni (3,6%).
Con quali risorse i fondi immobiliari comprano gli immobili messi in vendita dalle banche? Come si è finanziato il Fondo Omega per sostenere l’investimento di 848,7 milioni?
Per 273,70 milioni con l’emissione di quote. Per il resto, 575 milioni, si è indebitato. Con chi? Con le banche: Intesa Sanpaolo in testa, nel ruolo di finanziatore e banca agente, per 205 milioni. Unicredit Corporate Banking ha partecipato con 170 milioni, Mps con 100 milioni, Barclays con 40 milioni, Bpm e Bnl con 30 milioni ciascuna. Della serie ti svendo gli immobili a tu mi paghi interessi salatissimi.
Secondo i delegati del fondo pensioni del gruppo Sanpaolo IMI nel 2009 «la gestione degli immobili (di Fimit) continua a rivestire caratteri di elevata anomalia. A dispetto di un modello dichiarato di investimenti immobiliari diversificati per area geografica e per destinazione d’uso, con quotazioni chiare e trasparenti, ci ritroviamo ad avere in pratica tre fondi immobiliari chiusi, non quotati, che hanno tratto origine da operazioni discutibili. Siamo ripetutamente intervenuti per segnalare l’originalità di investimenti in palese conflitto d’interesse: Omega rappresenta gli immobili di Intesa Sanpaolo derivati dal fallito collocamento di Immit; Omicron rappresenta gli immobili di Unicredit (72 immobili), acquisiti probabilmente nella logica di uno scambio di favori incrociati (noi compriamo un po’ di Omicron, loro comprano un po’ di Omega: organizza FIMIT). La rivalutazione delle quote di Omega ha dato molto lustro alle performance, ma come essere certi che siano realistiche? Spesso i prezzi reali, in questi tempi di crisi, si scoprono solo quando si vende davvero, o quando si prova a vendere, come ci sembra si stia facendo, con qualche difficoltà un po’ imbarazzante».
Nel 2009 le quote del Fondo Omega subiscono infatti un’oscillazione il cui andamento, scrive il Sinfub, «ha del miracoloso, in un momento, tra l’altro, avverso al mercato immobiliare».
I valutatori immobiliari indipendenti che, con un ruolo simile a quello delle agenzie di rating protagoniste della recente crisi finanziaria, emettono le perizie su cui si basano le compravendite immobiliari, avevano certificato per il Fondo Omega un aumento del valore del 66%, irrealistico rispetto alle cifre correnti di mercato.
Infatti quando nel 2010 il fondo previdenziale cerca di vendere le sue quote, non trova compratori. A questo punto i gestori del fondo, cioè dei soldi dei lavoratori, iscrivono al bilancio un taglio del 20 per cento del valore di Omega.
Chi erano i valutatori indipendenti del Fondo Omega? La società Reag, finita sotto inchiesta dalla Procura di Milano con l’accusa di aggiotaggio e concorso in falso di bilancio del gruppo Risanamento, schiacciato da 3 miliardi di debiti, avrebbe emesso perizie «su misura» e valutazioni con due pesi e due misure, come riportava la stampa.
Attraverso questo tipo di valutazioni del patrimonio immobiliare le banche speculano per fare profitti con operazioni-scommessa che non sempre funzionano.
Qualche esempio: sempre a Fimit facevano capo i palazzi di Casal Lombroso e quello in via della Stamperia, il primo acquistato per 75 milioni e inserito nel Fondo Alfa, poi valutato a 68,4 milioni e dopo crollato a 35,2 milioni. Il secondo fu ceduto da Fimit per 26,5 milioni a un senatore del Pdl che lo rivendette il giorno steso all’Enpap per 44,5 milioni, sempre in base a una perizia di un valutatore indipendente (in entrambe i casi si trattava di Pro.Ed.In.).
Nel 2008 Intesa Sanpaolo cedette 5 immobili a Milano al prezzo di 100 milioni, per ricomprarli qualche anno dopo a 145 milioni, dopo averci pagato l’affitto per 45 milioni, con un risultato finale di 90 milioni buttati: le scommesse sui fondi immobiliari costringono le banche a interventi di salvataggio dei fondi immobiliari stessi, per salvare i conti ed evitare il deterioramento dei crediti concessi (tanto poi magari poi saranno i soldi pubblici a salvare le banche).
Nel capitalismo finanziario che sta ridisegnando la città, espellendo i suoi abitanti, questo genere di affari e transazioni con i soldi dei “risparmiatori” e dei “pensionati” sono al limite dell’illecito, se non puramente illecite. Ma le operazioni di azzardo speculativo non sono al di fuori del funzionamento del mercato: sono la sua logica razionale, sono la norma.
La legalità invocata per liberare l’immobile di via Curtatone da 800 rifugiati e richiedenti asilo altro non è che fumo negli occhi per affari assai più redditizi che non dare casa a chi non ce l’ha. Sbloccare gli investimenti con il getto degli idranti, cacciare i poveri con il consenso della politica, dare il via a operazioni di speculazione immobiliare: questo vuole il potere finanziario a Roma. Una ‘legalità’ con due pesi e due misure.
Sarah Gainsforth
da DinamoPress