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Si scrive Bolzaneto si legge tortura

Le motivazioni della Cassazione che confermò le condanne per le torture a Bolzaneto nel luglio 2001

Nella caserma di Bolzaneto – dove furono portati i manifestanti no global arrestati e percossi durante il G8 di Genova del 2001 – per le violenze e le illegalità commesse dalle forze dell’ordine c’è stato un «clima di completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto». Lo scrive la Cassazione nelle 110 pagine della sentenza 37088 depositata oggi e relativa al verdetto emesso lo scorso 14 giugno che ha confermato gli abusi anche se quasi tutti coperti da prescrizione e indulto.

La Corte confermò la prescrizione dei reati per 33 imputati, la condanna di 7 e pronunciò 4 assoluzioni, riducendo in parte, per ragioni procedurali, i risarcimenti alle vittime.

Resta lo scandalo dell’assenza del reato di tortura ma le sentenza parlano di questo. «Infatti la sentenza spiega che fu tortura (ed è stata sempre impedita una reale inchiesta parlamentare) ma che non è stato possibile punirla perché manca una legge contro la tortura. Ora più che mai – spiega Paolo Ferrero, il segretario di Rifondazione – è giusto e urgente che il Parlamento discuta e approvi la lege di inziaitiva popolare firmata da decine di migliaia di persone».

Si legge nelle carte che il «trattamento» dei detenuti fu «contrario alla legge» e «gravemente lesivo della dignità delle persone». Vi furono «vessazioni» «continue e diffuse in tutta la struttura» quelle a cui vennero sottoposti i no-global reclusi . Non si trattò di «momenti di violenza che si alternavano a periodi di tranquillità ma dell’esatto contrario».

Piazza Cavour punta il dito contro chi era preposto al comando: «non è da dubitarsi che ciascuno dei comandanti dei sottogruppi, avendo preso conoscenza di quanto accadeva, fosse soggetto all’obbligo di impedire l’ulteriore protrarsi delle consumazioni dei reati». Oltretutto, scrivono i supremi giudici, «non risulta dalla motivazione della sentenza che vi fossero singole celle da riguardare come oasi felici nelle quali non si imponesse ai reclusi di mantenere la posizione vessatoria, non volassero calci, pugni o schiaffi al minimo tentativo di cambiare posizione, non si adottassero le modalità di accompagnamento nel corridoio (verso il bagno o gli uffici) con le modalità vessatorie e violente riferite» dai testimoni ascoltati nel processo.

La Cassazione denuncia come il «compimento dei gravi abusi in danno dei detenuti si fosse reso evidente per tutto il tempo, data l’imponenza delle risonanze vocali, sonore, olfattive e delle tracce visibili sul corpo e sul vestiario delle vittime». Ecco perchè, osserva la Quinta sezione penale, è «inaccoglibile la linea difensiva basata sulla pretesa inconsapevolezza di quanto si perpetrava all’interno delle celle, e anche nel corridoio durante gli spostamenti, ai danni di quei detenuti sui quali i sottogruppi avrebbero dovuto esercitare la vigilanza, anche in termini di protezione della loro incolumità». Piazza Cavour denuncia i comportamenti inaccettabili di chi aveva il comando e non ha mosso un dito per fermare le violenze sui No global: «è fin troppo evidente che la condotta richiesta dei comandanti dei sottogruppi consisteva nel vietare al personale dipendente il compimento di atti la cui illiceità era manifesta: ciò non significa attribuire agli imputati una responsabilità oggettiva, ma soltanto dare applicazione» alla norma che regola «la posizione di garanzia da essi rivestita in virtù della supremazia gerarchica sugli agenti al loro comando». La Cassazione denuncia le «ingiustificate vessazioni ai danni dei fermati non necessitate dai comportamenti di costoro e riferibili piuttosto alle condizioni e alle caratteristiche delle persone arrestate, tutte appartenenti all’area dei no global». Insomma, conclude la Suprema Corte che le violenze commesse alla caserma di Bolzaneto sono state un «mero pretesto, un’occasione per dare sfogo all’impulso criminale».

«L’Italia è un Paese in cui si pratica la tortura, ma si fa finta che non sia così», aveva commentato Lorenzo Guadagnucci uscendo dal Palazzaccio il giorno della sentenza di Cassazione quando la Quinta sezione penale della Cassazione ha messo un paletto definitivo sul capitolo delle violenze avvenute nella caserma di Bolzaneto, carcere provvisorio del G8 di Genova, confermando 7 condanne e concedendo 4 assoluzioni. Oronzo Doria, Franco, Trascio e Talu, sono i nomi degli agenti assolti. Mentre sono state confermate le condanne – inflitte dalla Corte d’appello di Genova il 5 marzo 2010 – per l’assistente capo della polizia Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi), che divaricò le dita delle mano di un detenuto fino a strappare la carne, gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (1 anno) e il medico Sonia Sciandra.

Pene confermate a un anno per gli ispettori della polizia Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi che avevano rinunciato alla prescrizione. Anche nei confronti di Amenza i giudici della Suprema Corte hanno cancellato la condanna per il reato di minaccia. Ma la quinta sezione penale del Palazzaccio – presieduta da Gaetanino Zecca – ha fatto di più, riducendo i risarcimenti nei confronti delle vittime delle violenze. Il verdetto, infatti, stabilisce che i danni subiti dai manifestanti, dovranno essere rideterminati da un giudice civile «per assenza di prova». (continua a leggere su popoff)