Marwan Barghouti, prigioniero politico palestinese, rinchiuso in una cella di isolamento. si teme per la sua vita, afferma il gruppo per i diritti dei prigionieri.
da MEMO
La Commissione palestinese per gli Affari dei detenuti ha dichiarato lunedì di temere per la vita dell’importante leader Marwan Barghouti, che è stato messo in isolamento nella prigione israeliana di Ramla per la terza volta da quando lo Stato di occupazione ha iniziato la sua devastante guerra contro la Striscia di Gaza assediata.
Come alto funzionario di Fatah, Barghouti, 65 anni, venne arrestato nel 2002 e condannato a quattro ergastoli con l’accusa di aver commesso atti ostili contro Israele durante la Seconda Intifada. I sondaggi indicano che un’ampia fetta di palestinesi vuole che Barghouti succeda a Mahmoud Abbas come presidente.
Il ministro della Sicurezza nazionale israeliano d’estrema destra Itamar Ben-Gvir ha confermato mercoledì scorso che Barghouti è in “isolamento”. La mossa, ha dichiarato su X, è avvenuta dopo aver ricevuto “informazioni su un’intifada [rivolta] pianificata”.
“Impedire agli avvocati di visitare [Barghouti] solleva reali timori per la sua vita, soprattutto perché l’isolamento è accompagnato da incitamenti diretti e continui contro di lui da parte dei media israeliani”, ha dichiarato Qaddoura Fares, capo della commissione. “L’isolamento di Barghouti rientra nel quadro della presa di mira di tutti i prigionieri […] e dei leader del movimento nazionale in cattività, attraverso massicce operazioni di trasferimento, detenzioni collettive e in isolamento, oltre a torture sistematiche”.
Secondo Fares, la dichiarazione di Ben-Gvir è stata “un altro tentativo di mettersi in mostra davanti all’opinione pubblica israeliana”.
È la terza volta che Barghouti viene messo in isolamento nel giro di due mesi.
Prima era stato trasferito dalla prigione di Ofer all’isolamento del carcere di Ramla e poi all’unità di isolamento di Rimonim, prima di essere riportato a Ramla.
Fares ha chiesto alle istituzioni internazionali e alle autorità locali di assumersi le proprie responsabilità e di accelerare il lavoro di visita delle carceri e di fermare tutte le violazioni contro i prigionieri.
Lo Stato dell’Apartheid ha lanciato un’offensiva mortale sulla Striscia di Gaza a seguito di un’incursione transfrontaliera guidata da Hamas il 7 ottobre, durante la quale sono stati uccisi 1.200 soldati e civili israeliani, molti dei quali dai carri armati israeliani e da un elicottero d’attacco. Il successivo bombardamento israeliano ha ucciso più di 29 mila palestinesi e ne ha feriti quasi 70 mila. Circa il 60% delle infrastrutture civili di Gaza è stato distrutto e vi è una grave carenza di beni di prima necessità, tra cui cibo, acqua, medicine e ripari.
Israele è accusato di genocidio dalla Corte internazionale di giustizia. A gennaio, una sentenza provvisoria ha ordinato a Tel Aviv di fermare gli atti di genocidio e di adottare misure per garantire l’assistenza umanitaria ai civili di Gaza. Questo provvedimento è stato ampiamente ignorato dallo Stato di occupazione.
Traduzione per InfoPal di F.H.L.
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