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Sicurezza urbana o insicurezza sociale?

I reati sono in calo,  a dirlo non siamo noi ma gli stessi dati delle persone arrestate o denunciate dalle forze di polizia o le statistiche Istat, la metà dei denunciati è per reati minori. Se invece confrontiamo i dati odierni con quelli di 30 anni fa i reati e le persone denunciate sono decisamente maggiori. Ma tutti questi dati vanno letti non a fini statistici, ad esempio più reati riguardano la persona arrestata o denunciata mentre in Ue si sta rafforzando la tendenza, tipica delle amministrazioni di destra, di incrementare il numero delle denunce o degli arresti come parametro di valutazione e di efficienza delle forze di polizia.

Avviene ad esempio in numerosi enti locali gestiti dal centro destra con assessori che ogni giorno decantano, sciorinando dati su denunce, fermi e arresti, le lodi del loro operato attraverso la Polizia locale. In alcuni paesi europei i  fermi di minorenni sono funzionali all’apertura di fascicoli e schedature di massa, nell’era della società digitale le schedature aziendali sono un connotato di quella sorveglianza di massa tipica della attuale fase capitalistica.

Poi esistono le solite azioni mirate a drammatizzare i numeri, anzi alcuni politici nei paesi a capitalismo avanzato sono stati accusati di avere deliberatamente manomesso le statistiche al fine di giustificare il loro operato repressivo.

Se da una parte si va militarizzando la società dall’altra cresce invece il disorientamento e l’isolamento degli operatori  che dovrebbero avere tutti gli strumenti necessari a prevenire reati con interventi sociali ed educativi. Se guardiamo al numero degli assistenti sociali e agli strumenti in loro possesso, al budget di spesa assegnato si capisce come, dagli anni ottanta in poi, le politiche liberiste abbiano favorito processi repressivi e di militarizzazione a discapito degli interventi sociali, educativi atti a prevenire il disagio.

In ambito lavorativo poi molte aziende stanno assoldando guardie private per contrastare l’azione sindacale ai cancelli delle aziende, leggiamo di numerosi interventi contro operai inermi che andrebbero invece perseguiti, interventi che ci riportano agli albori del capitalismo quando i padroni assoldavano mazzieri e delinquenti per reprimere gli scioperi e minacciare i sindacalisti.

Un reato che risulta invece in continuo aumento, è quello della associazione mafiosa a conferma che la criminalità organizzata oggi guarda con sempre maggiore interesse al controllo degli appalti, allo smaltimento illecito dei rifiuti tossici, gli appalti diventano lo strumento con cui ripulire i soldi sporchi con la compiacenza di qualche politico da corrompere in cambio di finanziamenti alla sua campagna elettorale. Gli scandali legati alla corruzione politica sono invece in costante crescita, basterebbe scorrere la cronaca locale per capire come il fenomeno sia presente in ogni parte del paese. Alcune province del centro Italia sono state attenzionate per questa tipologia di reati , molte aziende legate alla criminalità organizzata hanno stabilito la loro sede al centro nord pur operando altrove come si evince dalle analisi della Scuola Normale Superiore.

Ci sembra evidente che la strada intrapresa negli ultimi lustri sia quella della repressione e non del recupero, nel caso di uso di  sostaze la informazione e la riduzione del danno sono visti come interventi inutili verso i quali tagliare fondi e personale specializzato. Nelle scuole si invia la polizia e i cani antidroga non operatori capaci di fornire informazioni sulle sostanze e sull’abuso di droghe, gli stessi piani di risanamento dei quartieri periferici finiscono con il finanziare grandi opere o cementificazioni, videosorveglianza o aiuole in nome della lotta al degrado e a tutela della sicurezza urbana che poi sono confinati solo a interventi di natura repressiva, ai daspo, ai fogli di via, alle denunce che vanno a colpire gli emarginati.

Diversi Enti locali stanno riorganizzando le forze di polizia comunale nell’ottica di combattere il degrado urbano, nascono nuclei speciali, strutture cinofile anti droga a discapito di tutte le altre funzioni spettanti alla Pm, i bandi di concorso privilegiano sovente le prove fisiche a discapito della conoscenza dei codici.

Quasi il 55 per cento degli adulti indagati per vari reati nell’anno 2017 è stato scagionato da ogni accusa con l’ archiviazione, la prescrizione dei reati, per la lentezza della Giustizia, invece riguarda solo il 4% dei casi nonostante testate giornalistiche riconducibili al centro destra parlino ogni giorno di una macchina della ingiustizia che” lascia impuniti i delinquenti”.

Se guardiamo poi i dati del Viminale nel periodo del lockdown ci rediamo conto che in pochi mesi sono stati controllati circa 27 milioni di cittadini con quasi mezzo milioni di denunciati, la pandemia  ha decisamente abbattuto ogni genere di reati. Nonostante ciò la popolazione carceraria non sembrerebbe diminuire se pensiamo  agli oltre 60 mila detenuti  nel 2019, 7 mila in più comunque dei detenuti nel 2020 quando , causa pandemia e sovraffollamento, il Governo ha optato per misure alternative alla pena per piccoli reati e per quanti avevano solo pochi mesi da scontare.. Ma a beneficiare di queste misure alternative non sono le donne e gli stranieri che una casa dove scontare l’arresto domiciliare non la possiedono. E le statistiche del Viminale lo dimostrano eloquentemente.

Nelle carceri, causa sovraffollamento, strutture fatiscenti e mancanza di fondi, mancano sovente progetti lavorativi e formativi che permettano , a fine pena, il reinserimento sociale dei detenuti. Numerose cooperative nate per collocare ex detenuti nel mercato del lavoro hanno chiuso i battenti perché gli enti pubblici presentano bandi fuori dalla loro portata chiedendo alle ditte partecipanti requisiti economici che difficilmente possono possedere.

Gran parte dei detenuti sono in carcere per piccoli reati che potrebbero prevedere, se questa fosse la volontà politica, misure alternative alla detenzione e percorsi di inserimento sociale, nelle galere i colletti bianchi restano ben poco perché hanno avvocati di grido che assicurano loro arresti domiciliari in comode case dove scontare la pena, basterebbe leggere i giornali per capire questa disuguaglianza sociale davanti alla Giustizia italiana.

I detenuti che lavorano in carcere o in affidamento sono per antonomasia sfruttati, nel loro caso o non si applicano i contratti nazionali di categoria o le paghe sono decisamente irrisorie, sarà per questo motivo che negli Usa il lavoro carcerario è così diffuso e rappresenta anche nei paesi Ue una suggestione sempre più attrattiva.

Un ragionamento  a parte meriterebbe il capitolo dei costi per la sicurezza, gli operatori sono nel novero delle categorie usuranti per i quali è previsto un anticipo dell’età previdenziale, anticipo invece precluso a innumerevoli attività lavorative assai più logoranti.

Salvatore Palidda (Polizie, sicurezza e insicurezze) scrive che la sicurezza oggi dominante ignora le insicurezze e le loro vittime, che sono la maggioranza elle morti per malattie da contaminazioni tossiche o per condizioni di lavoro e di vita invivibili, focalizza l’attenzione sugli autentici malesseri  della società, sul venir meno di uno stato (sociale) capace di occuparsi dei reali bisogni della popolazione optando invece per la repressione e la cultura securitaria, nel nome della lotta a quel degrado urbano divenuto ormai il faro guida dell’azione amministrativa degli Enti locali.

Sarebbe sufficiente guardare a quanto il nostro paese spenda per il sociale, per il welfare, per la scuola e l’istruzione, capiremmo che non servono solo investimenti infrastrutturali ma interventi dello Stato contro la precarietà umana e lavorativa.

Federico Giusti