Lettere e silenzi per non smettere di gridare contro il 41-bis e il carcere
di Ascanio Celestini
Ritrovo una lettera del 16 gennaio: «Caro Ascanio, ti spero bene (…) abbiamo rilevato un certo silenzio da parte di artisti e intellettuali sulla questione 41-bis e l’ormai imminente e tragico epilogo della battaglia di Alfredo Cospito. (…) Se ti fosse possibile dare un contributo tuo personale e anche condividerlo con altri/e. Grazie come sempre per l’attenzione. Un caro saluto». Io rispondo: «Ciao cara D. faccio tutto di fretta e mi perdo continuamente pezzi per strada anche quando le strade sono virtuali e le parole si scrivono sullo schermo di un telefono. Comunque ci ho provato a dire qualcosa per la tragica battaglia di Cospito. E continuerò a farlo. Non abbiamo molte altre alternative. Siamo fatti così». E subito dopo mi è tornato in mente una cosa scritta da Sante Notarnicola che D. conosceva bene e che ci ricorda come questa assurda storia sia l’ennesima che si ripete.
«Ci ho messo cinquant’anni a diventare comunista. E venti anni otto mesi e un giorno di prigione. E undici anni di carcere di massima sicurezza. E cinque anni di celle punitive. E la posta censurata. E i vetri divisori ai colloqui […] E le cariche dei carabinieri nei corridoi delle prigioni. E il sangue nelle celle. E il sangue dal naso. E il sangue dalla bocca. E i denti rotti. E la fame all’Asinara. E il silenzio obbligatorio al bunker della Centrale, a cala d’Oliva. E i racconti dei torturati. E i colpi contro la porta per non farti dormire. E i colloqui respinti senza un motivo. E la posta sottratta. E il linciaggio del vicino di cella. E il vivere col cuore in gola.
E la pressione che sale. E il cuore che senti ingrossare. E il compagno che se ne va con la testa. E le divisioni a cinque nei cortili. E le rotture politiche. E le divisioni che teoricamente dovevano rafforzarci. E il dilagare del soggettivismo. E i vetri infranti ai colloqui. E le rivendicazioni coi pugni chiusi. E la ritirata strategica. E gli scioperi della fame condannati.
E i sorrisi spariti. E i soggettivisti sconfitti. E gli odi tra compagni. E le demolizioni personali.
E la disgregazione umana. E le perquisizioni anali. E le sei diottrie perse. E l’assalto coi cani nelle celle. E i compagni colpiti da schizofrenia. E i primi tradimenti. E la massa di dissociati. E l’isolamento politico. E la piorrea che avanza. E gli anni che passano e i giorni che conti. E i silenzi, i silenzi, i silenzi».
da Comune-Info
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