Inizia questa mattina a Cremona, davanti al Gip Letizia Platè, l’udienza preliminare per i diciotto imputati, dieci di Casa Pound e otto del centro sociale Dordoni, coinvolti a vario titolo nei gravissimi fatti del 18 gennaio 2015, quando nei pressi dello stadio, a seguito di un violento scontro, un aderente al centro sociale, Emilio Visigalli, rimase a terra colpito quasi a morte.
Era una domenica sera. Già il giorno precedente un aderente del Dordoni era stato inseguito da alcuni fascisti. Nel corso della stessa giornata del 18, quasi un avvertimento, alcuni adesivi di Casa Pound erano stati provocatoriamente attaccati sul portone del centro, chiuso la domenica anche per evitare momenti di tensione con la tifoseria della Cremonese, apolitica ma non di rado infiltrata da esponenti dell’estrema destra. E proprio questo accadde.
Quelli di Casa Pound, provenienti anche da fuori, si erano infatti dati appuntamento in curva. In campo si affrontavano Cremonese e Mantova e non casualmente si erano registrati battibecchi tra alcuni gruppi di ultras locali e i fascisti per i tentativi messi in atto da questi ultimi per caratterizzare politicamente la curva, ma sembrerebbe anche per le intenzioni manifestate per il dopo partita. Le voci di un’aggressione al centro sociale erano nel pomeriggio corse velocemente arrivando fino alle orecchie dei ragazzi del Dordoni. Da qui la decisione di un gruppo di accorrere a difendere la sede, portando con sé anche qualche casco.
Lo scontro fu violentissimo. Verso le 18.30, provenienti dal bar vicino allo stadio, abituale ritrovo della tifoseria, si mossero in direzione del centro sociale una dozzina di militanti di Casa Pound (tra loro Gianluca Galli, il capo, candidatosi a sindaco nelle precedenti elezioni comunali del 2014), mentre di fronte alla sede si ritrovarono non più di otto del Dordoni.
Dietro ai fascisti, forse solo per assistere allo spettacolo, si radunò anche un nutrito gruppo di tifosi. Emilio Visigalli, cinquant’anni, senza casco, da sempre militante di sinistra, fu ripetutamente colpito al capo e poi ancora a terra su tutto il corpo con un asse di legno che inizialmente impugnava lui stesso per difendersi e che gli fu sottratto. Se non fosse intervenuto un ragazzo del Dordoni con un estintore a disperdere chi si accaniva su di lui, con ogni probabilità sarebbe morto. A spiegarlo, lo stesso referto medico, che riscontrò «un trauma cranico-encefalico con frattura dello splancnocranio» (ovverosia della faccia) e relativo «interessamento delle orbite». Un vero e proprio tentato omicidio che ha reso Emilio Visigalli invalido permanente, costringendolo a sottoporsi a ripetuti interventi chirurgici.
Le manifestazioni di risposta del sabato successivo videro per le strade di Cremona almeno diecimila antifascisti. Più che scontri con le forze dell’ordine vi fu un lungo fronteggiamento da parte dei manifestanti giunti da tutto il nord d’Italia con il lancio di fumogeni e petardi. Nulla più. Alcune vetrine andarono in frantumi, di una banca in particolare e di alcuni uffici della vigilanza urbana. Le critiche agli «antagonisti violenti» da parte del Sindaco e dell’intera giunta non si fecero attendere, da destra come da sinistra, Sel compresa. L’attenzione si spostò sulle vetrine rotte, dimenticando la violenza dei fascisti. Nel frattempo in sedici, tra Casa Pound e Dordoni, furono arrestati, quattro in carcere, due per parte.
Si deciderà al termine dell’udienza preliminare se rinviare tutti gli imputati, sia di Casa Pound che del Dordoni, per rissa, ma soprattutto se portare a giudizio i due neofascisti Guido Taietti e Gianluca Galli per tentato omicidio nei confronti di Emilio Visigalli. Si scopriranno nell’occasione anche le intenzioni di quelli di Casa Pound per l’eventuale ricorso a riti abbreviati o a patteggiamenti. L’intenzione del collegio difensivo del Dordoni (composto dagli avvocati Sergio Pezzucchi, Manlio Vicini, oltre che dagli avvocati Biagio Borretti e Benedetto Ciccarone per il solo Visigalli) è invece già delineato: andare al dibattimento per fare emergere in tutta la sua gravità quanto accaduto.
Saverio Ferrari da il manifesto
Inizia questa mattina a Cremona, davanti al Gip Letizia Platè, l’udienza preliminare per i diciotto imputati, dieci di Casa Pound e otto del centro sociale Dordoni, coinvolti a vario titolo nei gravissimi fatti del 18 gennaio 2015, quando nei pressi dello stadio, a seguito di un violento scontro, un aderente al centro sociale, Emilio Visigalli, rimase a terra colpito quasi a morte.
Era una domenica sera. Già il giorno precedente un aderente del Dordoni era stato inseguito da alcuni fascisti. Nel corso della stessa giornata del 18, quasi un avvertimento, alcuni adesivi di Casa Pound erano stati provocatoriamente attaccati sul portone del centro, chiuso la domenica anche per evitare momenti di tensione con la tifoseria della Cremonese, apolitica ma non di rado infiltrata da esponenti dell’estrema destra. E proprio questo accadde.
Quelli di Casa Pound, provenienti anche da fuori, si erano infatti dati appuntamento in curva. In campo si affrontavano Cremonese e Mantova e non casualmente si erano registrati battibecchi tra alcuni gruppi di ultras locali e i fascisti per i tentativi messi in atto da questi ultimi per caratterizzare politicamente la curva, ma sembrerebbe anche per le intenzioni manifestate per il dopo partita. Le voci di un’aggressione al centro sociale erano nel pomeriggio corse velocemente arrivando fino alle orecchie dei ragazzi del Dordoni. Da qui la decisione di un gruppo di accorrere a difendere la sede, portando con sé anche qualche casco.
Lo scontro fu violentissimo. Verso le 18.30, provenienti dal bar vicino allo stadio, abituale ritrovo della tifoseria, si mossero in direzione del centro sociale una dozzina di militanti di Casa Pound (tra loro Gianluca Galli, il capo, candidatosi a sindaco nelle precedenti elezioni comunali del 2014), mentre di fronte alla sede si ritrovarono non più di otto del Dordoni.
Dietro ai fascisti, forse solo per assistere allo spettacolo, si radunò anche un nutrito gruppo di tifosi. Emilio Visigalli, cinquant’anni, senza casco, da sempre militante di sinistra, fu ripetutamente colpito al capo e poi ancora a terra su tutto il corpo con un asse di legno che inizialmente impugnava lui stesso per difendersi e che gli fu sottratto. Se non fosse intervenuto un ragazzo del Dordoni con un estintore a disperdere chi si accaniva su di lui, con ogni probabilità sarebbe morto. A spiegarlo, lo stesso referto medico, che riscontrò «un trauma cranico-encefalico con frattura dello splancnocranio» (ovverosia della faccia) e relativo «interessamento delle orbite». Un vero e proprio tentato omicidio che ha reso Emilio Visigalli invalido permanente, costringendolo a sottoporsi a ripetuti interventi chirurgici.
Le manifestazioni di risposta del sabato successivo videro per le strade di Cremona almeno diecimila antifascisti. Più che scontri con le forze dell’ordine vi fu un lungo fronteggiamento da parte dei manifestanti giunti da tutto il nord d’Italia con il lancio di fumogeni e petardi. Nulla più. Alcune vetrine andarono in frantumi, di una banca in particolare e di alcuni uffici della vigilanza urbana. Le critiche agli «antagonisti violenti» da parte del Sindaco e dell’intera giunta non si fecero attendere, da destra come da sinistra, Sel compresa. L’attenzione si spostò sulle vetrine rotte, dimenticando la violenza dei fascisti. Nel frattempo in sedici, tra Casa Pound e Dordoni, furono arrestati, quattro in carcere, due per parte.
Si deciderà al termine dell’udienza preliminare se rinviare tutti gli imputati, sia di Casa Pound che del Dordoni, per rissa, ma soprattutto se portare a giudizio i due neofascisti Guido Taietti e Gianluca Galli per tentato omicidio nei confronti di Emilio Visigalli. Si scopriranno nell’occasione anche le intenzioni di quelli di Casa Pound per l’eventuale ricorso a riti abbreviati o a patteggiamenti. L’intenzione del collegio difensivo del Dordoni (composto dagli avvocati Sergio Pezzucchi, Manlio Vicini, oltre che dagli avvocati Biagio Borretti e Benedetto Ciccarone per il solo Visigalli) è invece già delineato: andare al dibattimento per fare emergere in tutta la sua gravità quanto accaduto.
Saverio Ferrari da il manifesto