In queste note, che alludono alla torsione autoritaria dell’Unione Europea (dal “diritto comune europeo ” del “manifesto di Ventotene “all’attuale “stato di eccezione permanente ) parto dalla marxiane critica dell’economia politica. Il capitale, infatti, permanentemente riorganizza lo sfruttamento rendendo più feroce il suo dominio. Riorganizzando, in direzione autoritaria l’intera società.
Dahl parla di fuga dalla democrazia che è nelle viscere della globalizzazione liberista. Il mercato assoluto, abbattendo la sovranità popolare, diviene esso stesso produttore di norme giuridiche. E’ il fondamento del contemporaneo sovversivismo dei ceti proprietari.
Lo “stato di eccezione”, in secondo luogo, è dentro l’escalation della guerra permanente. Guerre non convenzionali, dirette a massacrare le popolazioni, per motivi imperiali e geopolitici.
Le lobbies militari /industriali/poliziesche si integrano con le lobbies finanziarie globali. Tutti i paesi europei, non a caso, aumentano spese militari e, soprattutto, di polizia. I territori vivono un assedio permanente, retto dalla legge marziale ,in nome della “crociata antiterrorismo”. Le popolazioni sono costrette a rinunziare a diritti e libertà in nome della difesa della nostra presunta “civiltà”. Potremmo risalire all’art. 48 della Costituzione di Weimar del 1919 che, nella articolazione repressiva del concetto di “sicurezza”, fu fondamento giuridico del regime nazional / socialista.
Penso alle tecnologie sicuritarie, ai dispositivi biometrici, alle impronte digitali, alla videosorveglianza. E’ la deriva biopolitica del potere contemporaneo, che pretende non cittadini ma sudditi, corpi docili ed ordinati.
Siamo allo “stato del controllo”. All’Europa della deportazione dei migranti delle misure naziste della spoliazione dei beni dei migranti. Le galere etniche e i campi di concentramento diventano le nuove istituzioni frontaliere interne (anche come imbrigliamento e controllo della forza lavoro, nelle forme del “modello tedesco”).Cresce la recrudescenza autoritaria di tutte le segregazioni, che coinvolge migranti e movimenti anticapitalistici e border line. Nessuno si salverà da solo. Se permetteremo che esistano, girando lo sguardo dall’altra parte, campi di concentramento che recludono i migranti contribuiremo a costruire l’ingabbiamento anche del nostro antagonismo e della nostra critica del potere.
Vi è, mi pare, una stretta connessione tra la guerra come nuovo principio ordinatore e pratiche del controllo sociale diffusione del comando poliziesco sul territorio. I popoli, in un contesto di “rivoluzione passiva” (così l’avrebbe descritta Gramsci ),soggiacciono per lo più passivamente (o, peggio, con vandeane attitudini l lepeniste, leghiste, renziane, grilline) alla simbiosi tra scenari di guerra e immaginario indotto della “sicurezza”.
Nelle aree metropolitane il ghetto si militarizza e diventa prigione ed il carcere tracima nel territorio. Il rapporto tra statualità e cittadinanza è travolto dal populismo oligarchico ed autoritario. Per questo credo alla necessità di una campagna politica europea sull'”amnistia sociale” e sull’abrogazione di quell’insieme di norme vecchie e nuove (a partire dai reati fascisti di “devastazione e saccheggio”) che formano un arsenale repressivo dispiegato contro i movimenti (a partire dai “no Tav”).
Pestaggi, denunce, schedature di massa, fogli di via, domicilio coatto, Daspo, applicazione alle avanguardie di norme che erano state applicate solo a mafiosi. Le “zone rosse”, da Genova 2001 alla Val Susa sono considerate, dal governo, aree di interesse strategico nazionale, difese, quindi, da soldati e non solo da poliziotti.
Vi è un secondo tema di gravissima incostituzionalità. Sempre più spesso, nello spazio giuridico europeo, polizia e magistratura motivano azioni e condanne sulla base della cosiddetta “pericolosità sociale “di chi protesta. Vi è, cioè, un passaggio gravissimo dall’imputazione del reato alla imputazione del reo (come nel caso emblematico del migrante rinchiuso nelle galere etniche senza che abbia commesso alcun reato).Il diritto penale subisce, insomma, una torsione: da sistema giuridico fondato sulla responsabilità personale a sistema fondato sulla ragion di Stato.
Dobbiamo rivendicare il diritto di resistenza, basandone la legittimazione forte nella Costituzione, aprendo, finalmente, di fronte alle nostre coscienze troppo fievoli una critica radicale della società penale.
L’UE, dopo Parigi e Colonia, sta, strumentalmente, costruendo la base di massadello ” stato di eccezione”.
La Francia, costituzionalizzando lo ” “stato di emergenza “si mostra con il volto di Hobbes. I socialisti francesi rivotano i crediti di guerra. Ricordo il precedente del regime di Vichy quando Petain, abrogando i decreti che avevano concesso la nazionalità francese agli ebrei, favorì la deportazione. Penso ai tribunali speciali istituiti per gli anarchici e i comunisti. Perciò temo l’assuefazione di massa ad un regime di semilibertà. Dovremo riflettere sulla connessione sempre più stretta tra conflitti, rivolte e lotte democratiche.
Giovanni Russo Spena
(Sintesi della relazione di Giovanni Russo Spena al convegno europeo “Europa da stato di diritto a stato di eccezione – Roma 15 gennaio 2016)