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Stefano Cucchi, l’ultima registrazione "Scusate, non riesco a parlare bene"

Ah…buongiorno, sono Cucchi Stefano, nato a Roma il primo ottobre 1978…mi scusi, non riesco a parla’ tanto bene…”. E’ un sospiro, la voce di Stefano Cucchi, quella che si ascolta per un minuto al Tg3 delle 19 (versione integrale sul sito A Buon Diritto ). Un minuto che basta per capire come il calvario del 31enne ragioniere romano, morto il 22 ottobre del 2009 nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini, fosse iniziato subito dopo l’arresto per spaccio, avvenuto il 15 ottobre.
La registrazione risale infatti al 16 ottobre, udienza di convalida del fermo. La voce di Stefano è flebile, spezzata dai sospiri. Elencando i suoi dati anagrafici, Stefano è lento, come anestetizzato. Ad ogni imprecisione si scusa. Nelle pause, è perfettamente percepibile il suo arrancare col respiro. E’ evidente che sta male, sebbene sia stato arrestato solo il giorno prima.
“Mi dichiaro tossicodipendente…”. “Ha la facoltà di non rispondere…Intende rispondere?” “Sì, mi dichiaro innocente per l’accusa di spaccio, colpevole per quella di detenzione”. “Compro il metadone, ma non vado al Sert, ho avuto discussioni con quelli là…lo compro in piazza”. “Non ci vado più al Sert, ero segnato fino all’anno scorso…Ho ancora l’esenzione della tossicodipendenza e dell’epilessia…poi ho altre cose…l’anemia…”.
Come detto, Stefano Cucchi spira sei giorni dopo aver pronunciato quelle parole.
Per la sua morte, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di 12 persone: sei medici, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria. C’è poi Claudio Marchiandi, funzionario del Prap, il provveditorato regionale amministrazione penitenziaria, che aveva chiesto il rito abbreviato: per lui l’accusa ha chiesto due anni. Lesioni aggravate, abuso di autorità nei confronti di un arrestato, falso ideologico, abuso d’ufficio, abbandono di persona incapace, rifiuti di atto d’ufficio, favoreggiamento e omissione di referto. Sono questi i reati contestati, a seconda della posizione processuale.
Decaduta, invece, l’accusa di omicidio preterintenzionale a carico degli agenti penitenziari: come ha spiegato durante la requisitoria il pm Maria Francesca Loy, la consulenza dei medici legali “ha dimostrato che non vi sia alcun nesso causale tra la morte del giovane e le lesioni subìte. Non è necessaria altra perizia: gli aspetti della morte sono stati esaminati con chiarezza, senza lasciare dubbi”.
Dubbi che invece restano alla famiglia di Stefano , per la quale il giovane è stato pestato nei sotterranei del Tribunale e questo audio ne sarebbe prova ulteriore. Botte che diedero inizio alla corsa di Stefano verso la morte, conclusasi in un letto della corsia-carcere del Pertini, “dove Stefano era finito complice il tentativo di copertura di quel pestaggio, assicurato dal dirigente del provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, che ora ha chiesto il rito abbreviato”.
Per questo, la famiglia Cucchi insiste sull’intenzione di chiedere una perizia definitiva. Lo ricorda Giovanni Cucchi, papà di Stefano, che ha dichiarato: “Il lavoro fatto dai pubblici ministeri noi lo apprezziamo. Certo è che presenteremo alla prima udienza del processo la richiesta affinché venga effettuata una perizia definitiva per accertare le cause della morte di Stefano”.
fonte: La Repubblica