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Storica ordinanza della Cassazione sul diritto alla salute nei centri di accoglienza

Nessun potere pubblico in Italia può “incidere sul diritto alla salute” delle persone ospitate nei Cas prefettizi. Accolto il ricorso dell’Asgi per garantire il distanziamento nel centro Mattei di Bologna e azzerare le discriminazioni. Una battaglia legale partita nel marzo 2020. L’avvocata Nazzarena Zorzella spiega la portata della decisione

di Duccio Facchini 

Nessun potere pubblico in Italia può “incidere sul diritto alla salute” delle persone richiedenti asilo ospitate nei centri di accoglienza straordinaria -come il centro Mattei di Bologna-, e non può in alcun modo “degradarlo”. Perché salvaguardare la salute degli accolti nei Cas, garantendo ad esempio il distanziamento, è un “dovere intimamente legato al principio di solidarietà pubblica e istituzionale”, che non offre alcuno spazio a “forme discriminatorie di tutela”.

Sono solo alcuni dei passaggi chiave delle 18 pagine dell’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, depositata il 15 febbraio 2022 (primo presidente Pietro Curzio, relatore Roberto Giovanni Conti). Un’ordinanza “storica, meravigliosa, a garanzia dei diritti fondamentali” -come la descrive sollevata l’avvocata Nazzarena Zorzella, socia dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)- che giunge dopo una battaglia legale iniziata nel marzo 2020, con lo scoppio della pandemia da Covid-19 nel nostro Paese e con le prime misure di distanziamento personale.

Avvocata Zorzella, facciamo un passo indietro e ricostruiamo i passaggi principali.
NZ

Tutto è iniziato nel marzo 2020, in pieno lockdown, quando sono state assunte le prime misure di prevenzione e di distanziamento personale di almeno un metro. Ce lo ricordiamo: si trattava giustamente di un mantra per tutte le persone disciplinato tramite decreti del presidente del Consiglio (Dpcm) e decreti legge.

Il messaggio era “restate a casa, distanziati”. E al centro di accoglienza straordinaria Mattei di Bologna?

In quel centro mancavano le mascherine, la sanificazione non si sapeva se ci fosse o meno e soprattutto i richiedenti asilo erano costretti a vivere (e a mangiare) in stanze da 8-10 persone, senza spazi comuni compatibili con le misure che ho citato prima. Il Coordinamento dei migranti di Bologna denuncia tutto questo e insieme a loro e ad altre associazioni si chiede alla prefettura di affrontare la questione, eventualmente con trasferimento dei richiedenti asilo.

Che cosa succede?

Come associazione decidiamo di presentare un ricorso di urgenza al Tribunale ordinario di Bologna per chiedere che venga garantito il diritto alla salute mediante l’attuazione delle stesse regole che valevano per tutte le persone in Italia. Il ricorso d’urgenza viene presentato il 30 marzo 2020 chiamando in giudizio il ministero dell’Interno, la prefettura, l’ente gestore (Consorzio L’Arcolaio), il Comune di Bologna e la Regione Emilia-Romagna. Anche questi ultimi infatti hanno una specifica competenza in qualità di autorità locale di sanità pubblica e hanno potere di intervenire.

Che cosa vi rispondono?

Chiamate in giudizio, le istituzioni sostengono innanzitutto che come Asgi non avevamo legittimazione per proporre la causa e poi, in ogni caso, che questa doveva essere proposta al Tribunale amministrativo perché nei centri di accoglienza straordinaria la Pubblica amministrazione eserciterebbe un potere discrezionale. Naturalmente abbiamo contestato quella impostazione.

Ma?

Il Tribunale di Bologna ci dà torto e condanna pesantemente l’Asgi al pagamento delle spese di giudizio. Stiamo parlando di decine di migliaia di euro, un colpo durissimo. Non ci diamo per vinti e facciamo reclamo, bocciato anche in quel caso per difetto di giurisdizione. Siamo a luglio 2020 e nel Centro Mattei emerge un “cluster” di contagi. In quella fase non potevamo rivolgerci alla Cassazione per chiedere di chiarirci quale fosse il giudice competente perché si era ancora in una fase cautelare. Quindi abbiamo dovuto iniziare la causa di merito.

Il tempo passa, arriviamo all’autunno 2021.

Nell’autunno del 2021 la causa di merito si conclude e anche il terzo giudice del Tribunale di Bologna rigetta il nostro ricorso per difetto di giurisdizione dicendo di rivolgerci al Tar. A quel punto, nelle more del giudizio, abbiamo potuto proporre il regolamento di giurisdizione, chiedendo alla Corte di Cassazione di dirci quale giudice avrebbe dovuto giudicare.
Per questo motivo abbiamo anche chiesto al Tribunale di sospendere il giudizio di merito in attesa del giudizio della Cassazione ma siamo stati ignorati. Per la terza volta ci hanno bastonato sul lato delle spese legali. Complessivamente, nelle tre fasi del giudizio, la condanna alle spese si aggira intorno 60mila euro. Per l’Asgi non è poco. Dato il significa punitivo di quel pronunciamento abbiamo chiesto al Comune di Bologna, nostra controparte, di rinunciare alle spese in coerenza con la disponibilità dimostrata in origine di voler risolvere la “ferita” del Cas Mattei. Purtroppo il Comune ha preteso il pagamento delle spese e questo mi ha davvero rammaricata.

Nel frattempo, quando tutto sembra perduto, arriva l’udienza in Cassazione. Siamo a dicembre 2021.

Esatto. Abbiamo spiegato perché riteniamo che il diritto alla salute, anche dei richiedenti asilo, vada esaminato dal giudice ordinario, cioè dal Tribunale, e perché non vi sia alcun potere discrezionale a fronte di misure pre-determinate dal legislatore (come sul distanziamento personale) in modo tale da non consentirne attuazioni differenziate e discriminatorie.

La Cassazione vi ha dato ragione su tutta la linea. Il diritto alla salute sancito all’articolo 32 della Costituzione, si legge nell’ordinanza, è “assolutamente incomprimibile”, “inderogabile e indegradabile”, non esiste “alcun margine di discrezionalità”, dominano i “canoni costituzionali di uguaglianza e parità di trattamento”.

Sono principi di straordinaria importanza che valgono per qualsiasi altra circostanza. Ora faremo le nostre valutazioni e capiremo come proseguire il giudizio, recuperare le spese legali e chiedere alle amministrazioni di intervenire sul centro di accoglienza Mattei. Incluso il Comune di Bologna.

da Altreconomia