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Taranto: Sgomberato il centro sociale Cloro Rosso

Il C.S.O.A. Cloro Rosso di Taranto, da martedì 8 giugno, non ha più una casa. E, molto probabilmente, non avrà più nemmeno un futuro: almeno non nel breve periodo. Taranto perde una struttura che ha provato a rendere questa città un luogo migliore in cui vivere. Il tutto in un’indifferenza quasi generale e in un vuoto politico e istituzionale.
Ma l’8 giugno è solo il giorno dell’atto finale di un’operazione politica che nasce da lontano. Il 18 maggio scorso, il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, firma un’ordinanza «contingibile ed urgente» di sgombero immediato nei confronti del C.S.O.A., dichiarandolo «inagibile», dopo oltre due anni di attività. E’ giusto ricordare che l’occupazione avvenne nella notte tra l’8 e il 9 marzo del 2008 e che da allora il Cloro Rosso ha potuto crescere e svolgere diverse attività, pur incontrando non pochi ostacoli di puro ostruzionismo politico.
Il primo passo è stato il recupero della struttura, fatiscente e abbandonata dal Comune. Una ristrutturazione portata avanti a proprie spese: nel corso di pochi mesi rinacque il giardino circostante, si verniciarono pareti e muri esterni, sorsero dal nulla la palestra sociale, il laboratorio teatrale, la biblioteca popolare, i gruppi di acquisto solidale, i dibattiti, gli spettacoli, i film e la musica, i concerti [oltre 200 gli eventi svolti in appena due anni], l’Internet point, l’attività di volontariato per le categorie meno privilegiate. In più, il Cloro Rosso divenne sin da subito parte attiva e integrante del quartiere, così come esponente in prima linea della vivace lotta ambientale e politica della città.
Nell’aprile del 2008 il Comune tentò qualche timido intervento di ostacolo: prima si decise di assegnare la struttura alla «Direzione Decentramento» degli uffici comunali, poi una delibera «ad hoc? revocò quella stessa decisione, assegnando la struttura al «Gabinetto Sindaco? nell’attesa della “`predisposizione di bando pubblico finalizzato all’affidamento dell’immobile ad associazione o privati». Niente di tutto ciò avvenne.
L’8 settembre 2009 viene effettuata nella struttura una nuova ispezione degli addetti ai Lavori pubblici e Patrimonio del Comune di Taranto, al termine della quale nessun provvedimento é preso. Solo oggi, invece, veniamo a conoscenza del fatto che nel verbale redatto al termine di quella ispezione, il locale fu giudicato «sostanzialmente inagibile sia sotto l’aspetto igienico-sanitario che sotto il profilo della sicurezza, vista la mancanza del certificato di prevenzione incendi». Ma dato che la burocrazia italiana gode di una velocità da bradipo, il verbale approda sui tavoli della Procura con ben 7 mesi di ritardo. Presa visione la magistratura interviene intimando al sindaco lo sgombero immediato della struttura, onde evitare una denuncia ai suoi danni e a quelli del segretario comunale.
Il Sindaco firma l’ordinanza n. 35 di martedì 18 maggio 2010, nella quale dichiara che «sussiste un’attuale situazione di pericolo per la pubblica e privata incolumità che richiede urgente intervento del Comune per la necessità improrogabile di adeguare l’edificio alle vigenti norme di sicurezza pena l’inutilizzabilità dell’immobile per lo svolgimento di qualsiasi attività». Dunque bisogna «sgomberare e lasciar libero l’ex edificio scolastico dalla medesima associazione occupato abusivamente e senza titolo» e «immediatamente cessare qualsiasi attività ivi abusivamente esercitata». E si legge ancora «in caso di inadempimento scatterà la denuncia all’autorità giudiziaria»
Ciò che sconcerta maggiormente però, non è tanto quanto scritto nell’ordinanza ma il protocollo d’intesa che prevedeva l’accollarsi dei lavori da parte del Comune per la messa a norma della struttura e l’assegnazione ad uso temporaneo del cine-tetro Mignon, situato nel quartiere Paolo VI di Taranto. Quel protocollo d’intesa però non vedrà mai la luce. Anche perché il consiglio circoscrizionale del quartiere Paolo VI, ha ribadito l’assoluto e categorico rifiuto ad ospitare i ragazzi del centro sociale nella struttura del cine-teatro, preferendo lasciare il Mignon abbandonato a se stesso.
Ed eccoci all’8 giugno. Alla buon’ora, arriva uno spiegamento di forze dell’ordine imponente: vigili urbani, polizia in assetto anti-sommossa, Digos. In tutto un centinaio di uomini pronti ad effettuare lo sgombero forzato della struttura. La sorpresa dei ragazzi è tanta: perché, se è vero che l’ordinanza di sgombero, scaduti i 10 giorni previsti dalla legge, si è tramutata in un atto di sgombero forzato e immediato, è anche vero che il protocollo d’intesa raggiunto era inteso proprio per evitare un simile triste finale.
Sono diverse le domande che rimangono senza riposta. Dove andranno a finire gli attrezzi della palestra sociale messa in piedi per permettere ad oltre 60 ragazzi di usufruire di un servizio gratuito? Dove troveranno posto i tanti libri che riempivano gli scaffali della biblioteca sociale, che chiunque poteva leggere e prendere in prestito? Ma, soprattutto, cosa ne sarà di quel gruppo di ragazzi che oltre due anni fa ha «sfidato» la politica e la burocrazia della «Molle Tarentum», per provare a dare un segno di svolta alla realtà di questa città?

Gianmario Leone