Taser ai poliziotti. Uno strumento di tortura gira per le città
- giugno 20, 2018
- in misure repressive, tortura
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In piena orgia retorica securitaria l’unico provvedimento concreto – fin qui – l’ha preso il capo della polizia, Franco Gabrielli. Ha infatti avviato a sperimentazione della pistola Taser in sei città italiane, promettendo che ne sarà dotato alla fine ogni agente di polizia.
L’ha fatto – sarà stato un caso – il giorno dopo che una pattuglia di poliziotti chiamata per fare eseguire un Tso (trattamento sanitario obbligatorio) su un giovane con la psiche in disordine, lo ha ucciso con cinque colpi di pistola dopo essere stata aggredita dal ragazzo con un coltello.
Non sfugge dunque il tentativo di collegare i due fatti – l’”uso eccessivo della forza” da parte degli agenti e la necessità comunque, in determinate situazioni, di bloccare una persona non in grado di intendere e volere, ma abbastanza pericolosa – per far passare la distribuzione del Taser come una “misura di civiltà”. Se gli agenti di Milano l’avessero avuta in dotazione, insomma, probabilmente quel ragazzo sarebbe ancora vivo.
Vero, nel caso specifico, non c’è problema ad ammetterlo.
Ma quando si parla di armi in dotazione alle forze di polizia non ci si può ovviamente far incantare da un caso particolarissimo – un Tso su un giovane fuori controllo; un evento piuttosto raro – come se questo fosse la normalità dell’operare poliziesco. Al contrario, la maggior parte delle volte l’uso di mezzi violenti – dalla manganellata al colpo di pistola – non è affatto “necessario”, nonostante i rapporti presentati post factum dicano regolarmente l’opposto. Disporre di un’arma considerata “non letale” può insomma spingere molti agenti “poco professionali” a usarla spesso, anche quando assolutamente non indispensabile, per risolvere situazioni affrontabili altrimenti, magari con un po’ di “lavoro” in più. Ma un Taser non è un giocattolo o un “tranquillante”.
Persino una testata niente affatto bolscevica o vicina ai black bloc, come Lettera 43, solleva parecchi dubbi tecnici e politici sull’utilizzo del Taser. L’articolo, che qui sotto, vi proponiamo, ricorda intanto alcune cose che è bene sapere:
a) Il Taser è un’arma considerata non letale, ma è uno strumento di tortura (definizione approvata dall’Onu);
b) è un’arma a tutti gli effetti, tanto che per acquistarla serve il normale porto d’armi;
c) può uccidere, perché la soglia di tolleranza alle scosse elettriche varia da individuo a individuo; negli Stati Uniti, paradiso delle armi e della violenza poliziesca, i casi di omicidio con il Taser sono stati numerosi; «Ci sono tantissimi casi in cui vengono usati al termine di un inseguimento e dunque quando la persona che viene colpita è in condizioni di stress. Il problema è che non sai chi hai di fronte. Quando non sai chi hai di fronte e usi un’arma come quella rischi di fare un danno molto elevato»
Quanto basta per accogliere questa “sperimentazione” con forte sospetto e nessun sospiro di sollievo. Monitoreremo attentamente tutti i casi che la cronaca, indubbiamente, porterà in primo piano.
Avere in circolazione alcune decine di migliaia di uomini e donne in divisa, con al fianco uno strumento di tortura, non fa sentire affatto “sicuri”. Anzi…
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Taser: i rischi della pistola elettrica in mano alle forze dell’ordine
In sei città italiane partirà la sperimentazione. L’arma in sé non è letale. Ma Onu e Amnesty International l’hanno definita uno strumento di tortura.
I due dardi partono, viaggiano a 55 metri al secondo e poi si conficcano sotto la pelle. Arriva la scossa: il corpo si irrigidisce e cade a terra. Sono questi gli effetti del taser, la pistola elettrica che il capo della polizia Franco Gabrielli ha promesso alle forze dell’ordine italiane. La sperimentazione dovrebbe partire in sei città: Milano, Brindisi, Caserta, Catania, Padova e Reggio Emilia.
COME FUNZIONA IL TASER. Si presenta più o meno come una pistola. Quando si preme il grilletto invece dei proiettili vengono sparati due piccoli dardi di metallo collegati entrambi a un filo. Una volta che i due punteruoli, che restano sempre collegati al filo, toccano l’obiettivo, una scossa di corrente passa da una puntale di metallo all’altro creando un’immediata paralisi dei muscoli. Non è necessario che i due dardi si infilino sotto la pelle, è sufficiente che tocchino i vestiti. Come altre armi il taser prende il nome dal suo inventore, infatti è l’acronimo di Thomas A. Swift’s electronic rifle, il fucile eletrico di Thomas A. Swift.
GLI EFFETTI SUL CORPO. Nel settembre 2015 un collettivo di Youtuber ha mostrato gli effetti di questa arma. Gli Slow Mo Guys hanno registrato in slow motion il momento esatto in cui i dardi colpiscono la vittima. A fare da cavia umana per la causa è stato Dan Hafen, responsabile delle vendite di un’azienda che produce telecamere. Il video ha superato i 25 milioni di visualizzazioni. La fama val bene una scossa.
In Italia i taser non si possono acquistare liberamente. Può comprarli solo chi possiede un porto d’armi ma alcune armerie vendono versioni depotenziate. Nel 2007 una commissione dell’Onu si è espressa molto duramente sull’uso di quest’arma: «Costituisce una forma di tortura, che in certi casi può condurre alla morte com’è dimostrato da numerosi studi e da episodi accaduti in seguito all’uso pratico di questi strumenti».
I RISCHI SECONDO AMNESTY. ll rischio infatti è che la polizia li usi con più disinvoltura rispetto alle armi da fuoco. Sulla stessa linea anche Amnesty International, come dichiarato dal suo portavoce Riccardo Noury in un’intervista a Radio Popolare: «Ci sono tantissimi casi in cui vengono usati al termine di un inseguimento e dunque quando la persona che viene colpita è in condizioni di stress. Il problema è che non sai chi hai di fronte. Quando non sai chi hai di fronte e usi un’arma come quella rischi di fare un danno molto elevato».
da contropiano