Giorgia Meloni indossa il cappello d’alpino, Benito La Russa propone il ripristino della leva, Guido Crosetto istituisce il Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della difesa, Repubblica apre con il titolo a tutta pagina “Le armi italiane salvano vite”, Schlein si adegua. In un delirio di “onore alla Patria”, “guerre umanitarie” e “bombe intelligenti” a soccombere sono la Costituzione e il senso della misura.
di Loris Campetti
Giorgia Meloni, cappello d’alpino in testa, sente “odore di Patria” con la maiuscola e con la penna bianca, lo sentiva già indossando il berretto della Marina militare durante la visita alla nave “Carabiniere”. Odore di Patria, quale fratello o sorella d’Italia può dire di non sentirlo nel giorno della festa oltre che degli alpini della mamma, dato che la Patria è la madre di tutte le mamme?
Benito La Russa propone il ritorno a una leva non proprio obbligatoria ma fortemente consigliata, magari una mini-naja per «consentire, a chi lo vuole, di partecipare alla vita delle forze armate e realizzare il loro desiderio di onorare la Patria». I giovani, quelli nelle tende davanti alle università o quelli che la laurea l’hanno già conquistata ma sono dovuti andare a Londra o a Parigi per lavorare ed essere pagati non con un voucher, non sognano altro che onorare la Patria con la maiuscola, non prima di aver provato l’emozione di partecipare alla vita delle forze armate.
Guido Crosetto, dismessa la divisa da mercante d’armi (per usare un’espressione cara a Papa Francesco), e indossata quella da ministro della difesa (chi non capisce la differenza tra le due funzioni come il fisico Rovelli è in cattiva fede, cioè un putiniano), con un decreto ad hoc istituisce il Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della difesa, un think thank finalizzato a «cambiare la percezione» delle armi naturalmente difensive e a «far conoscere l’entusiasmo, la passione e la dedizione del personale della difesa». Un modo sicuro per «tutelare la correttezza del dibattito pubblico». In poche parole, per liberarlo dagli sproloqui dei finti pacifisti che non capiscono il valore morale di mitra, cannoni e missili ma in realtà sono solo putiniani camuffati. Di conseguenza, per tutelare il dibattito pubblico, del Comitato fa parte il fior fiore di giornalisti tipo (transit iniuria verbis) Gianni Riotta, impegnati nel formulare liste di intellettuali, scienziati, giornalisti, attori politicamente scorretti perché sono contro la guerra, peggio ancora contro tutte le guerre.
Piazza del Popolo, che è il salotto buono di Roma con la chiesa di Santa Maria del Popolo ricca di opere di artisti, scultori, architetti, pittori come Caravaggio, Pinturicchio, Carracci, Raffaello, Bramante, Bregno, da un po’ di tempo ha cambiato look e alterna a emozionanti esposizioni di armi e mezzi bellici dell’esercito, aerei da combattimento dell’aeronautica militare. Oltre che di Giorgia Meloni con il berretto adeguato al tipo d’arma esposta, è diventato luogo di visite speciali di semplici cittadini con il sogno americano di avere almeno un mitra sotto il cuscino e un obice in giardino, e innocenti scolaresche. Si può salire su un aereo e simulare una battaglia stellare, oppure su un’autoblindo e fingere uno scontro vittorioso con l’autoblindo nemica per il tempo necessario a un selfie in tuta mimetica. Un’emozione decisamente più virile della visita alla chiesa di Santa Maria del Popolo.
Del resto, perché tutto questo disprezzo verso le guerre e verso le armi? Da Belgrado in poi dovremmo aver capito che le nostre guerre sono umanitarie mica disumane e le nostre bombe intelligenti mica fesse. Si può dire che sono atlantiche. Aggrapparsi alla Costituzione per dire che dobbiamo ripudiare la guerra è strumentale. Anzi, si potrebbe fare una piccola modifica alla Carta fondamentale dello Stato (meglio dire Patria, quella che emana l’irresistibile odore che inebria Giorgia Meloni): «L’Italia ripudia le guerre non umanitarie» e di conseguenza anche le bombe non intelligenti. Come suggerisce in modo neanche troppo subliminale il titolo d’apertura di Repubblica – che ben conosce il valore morale di mitra, missili e cannoni – di domenica 14 maggio: “Le armi italiane salvano vite”. Proprio così recita.
È ingiusto accusare la neo-segretaria del Partito democratico Elly Schlein di abiurare il suo pacifismo delle origini visto che oggi sostiene l’invio di armi a un paese in guerra. In realtà, Elly ha solo frainteso i contenuti di una vecchia canzone cara alla sinistra estremista: «Cosa vuoi di più compagno/ per capire/ che è suonata l’ora/ del fucile». Evidentemente tra i dischi della segretaria non c’è quello che diceva «Buttiamo a mare le basi americane/ cessiamo di fare da spalla agli assassini».
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