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Terni: detenuto di 48 anni si impicca in cella

Un detenuto sassarese di 48 anni, G.A.S., si è tolto la vita ieri intorno a mezzogiorno in una cella del carcere di Terni dove stava scontando una condanna a 8 anni di reclusione per evasione, calunnia, rapina aggravata e ricettazione a seguito di una sentenza che era stata pronunciata di recente.

L’uomo si è impiccato utilizzando un lenzuolo e per agire ha profittato di un momento in cui era rimasto solo in cella, perché i compagni di detenzione erano fuori per partecipare a una partita nel campo sportivo della struttura carceraria.

Inutile, purtroppo, l’intervento degli agenti della polizia penitenziaria che hanno prestato i primi soccorsi e fatto scattare l’allarme: per G.A.S. non c’era più niente da fare. Del fatto è stato informato il magistrato che ha disposto tutti gli accertamenti del caso.

Sulla vicenda è intervenuto il segretario nazionale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria Donato Capece: “Un fatto grave – ha commentato – che lascia in noi amarezza e sgomento il suicidio di un detenuto costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze”.

Capece ha ricordato che la situazione nelle carceri resta ad alta tensione: dall’inizio dell’anno sono 24 i detenuti che si sono tolti la vita. E proprio a Terni si sono verificati diversi episodi critici: 8 tentati suicidi sventati dagli agenti, 46 atti di autolesionismo, 12 ferimenti e 27 colluttazioni. I detenuti sono 432 rispetto ai 400 posti disponibili.

Sulla vicenda è intervenuto ieri sera anche il deputato del Partito democratico Silvio Lai. L’ennesimo morto in carcere non può essere considerato solo un numero che si aggiunge a tanti altri – ha detto Lai – ma deve spingere tutti ad una riflessione sulla condizione carceraria in Italia e su cosa fare per prevenire simili tragedie”. Secondo il parlamentare del Pd è diventato ormai necessario un intervento legislativo, ma non solo. “Perché dietro ad un atto estremo come il suicidio si deve riuscire ad andare anche al di là dei numeri, per guardare ad ogni singolo caso e al sistema carcerario italiano in generale. Nel caso dell’Italia, l’Unione Europea è intervenuta in modo pressante ed in più di un’occasione per far sì che si diffonda una vera e propria cultura della prevenzione. Questo vuol dire agire su quella che i medici chiamano “perdita di ogni speranza” ma significa anche rivedere e ripensare alla funzione del carcere, perché non si tratti solo di strutture per punire o reprimere, ma che rappresentino anche o soprattutto occasioni di recupero. È nostro compito fare in modo che fatti come quello accaduto a Terni non si ripetano. E dobbiamo partire dal rispetto che si deve ad ogni essere umano”.

fonte: La Nuova Sardegna