— Lei questo cellulare lo deve spegnere
— Mi dispiace ma non posso
Ho paura, non c’è nessuno che mi faccia da testimone, il cellulare è l’unico strumento che ho a disposizione per creare prova documentale di ciò che mi sta accadendo e non sono in alcun modo disposto a smettere di registrare.
— Mi può spiegare perché mi sta fermando, per cortesia?
— Perché lei non può filmare.
— Io posso filmare, invece.
— Lei non può filmare.
— Non c’è nessuna legge che mi vieta di filmare; quello che sta accadendo a me, tra l’altro. Di cosa sono accusato?
— Lei non è accusato di niente, sto facendo solo un controllo di polizia.
— Per quale ragione?
— Perché io devo vedere perché lei stava lì sotto a filmare, no?
— Ma io non stavo lì sotto a filmare!
— Come no, lei sta filmando ancora adesso!
— Adesso sto filmando perché mi ha chiesto i documenti…
— Se non lo spegne sono costretto a sequestraglielo!
— Ma… sulla base di cosa me lo sequestra, mi scusi?!
— Perché lei non può filmare!
La conversazione non cambia di tenore mentre salite le scale ci ritroviamo all’esterno della stazione, e poi subito di nuovo al suo interno, percorrendo un corridoio che porta al binario 24, lì dove c’è il posto di polizia ferroviaria.
Va compreso che in tutto questo trambusto io sono sempre un paio di passi avanti al poliziotto, e dietro di lui la guardia giurata e l’uomo in borghese di cui ho origliato la conversazione. È per questa ragione che ad un certo punto del tragitto mi volto su me stesso, in modo da filmare tutta la scena nel migliore dei modi, ma nel farlo incespico su una valigia di una passante, ed è in quel momento che il poliziotto non si lascia scappare l’occasione: allunga il braccio ed il suo stesso corpo per cercare di prendere il telefono dalle mie mani, facendolo cadere ed interrompendo la registrazione, ma io sono più veloce e riesco a recuperarlo per primo. Vengo strattonato a sinistra da lui, poi a destra dalla guardia giurata, faccio quindi una giravolta su me stesso per divincolarmi dalle prese, alzo il telefono in alto oltre la mia stessa testa di modo che sia da loro irraggiungibile e mi sposto di qualche metro all’indietro per poter essere libero di telefonare.
Sono terrorizzato ed al contempo estremamente arrabbiato: sono stato appena aggredito senza ragione, ed in barba alla legge, da chi ha prestato giuramento per tutelarla, e da un altro signore che nessuna autorità ha per potermi usare contro la forza, il tutto solo per prendere dalle mie mani un cellulare sul quale, ormai mi è chiaro, loro pensano ci siano immagini che non vogliono siano rivelate. Qualcosa è successo, prima del mio arrivo, qualcosa per loro pericoloso, e quel mio bluff li ha mandati in allarme al punto da farli sentire liberi, così mi è evidente, di contravvenire alla legge.
Grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza scoprirò poi che i miei sospetti sono fondati, in questo momento però non ho il tempo di pensarci, l’unica cosa che mi interessa è la mia stessa incolumità. Decido di chiamare quindi i carabinieri, visto che la polizia è proprio lì ad aggredirmi, ma la telefonata al numero 112 si rivela un futile esercizio di una ventina di squilli a vuoto. Provo quindi a chiamare un’amica avvocato — mi serve un avvocato, penso! — ma non sente la telefonata e per altri infiniti secondi il telefono squilla senza risposta. Ho giusto il tempo di un ultimo tentativo, perché ormai sono quasi arrivato al posto di polizia — nel frattempo sono ritornato sui miei passi, ché non volevo essere accusato di aver tentato di fuggire — e questa volta sono fortunato: dall’altra parte una voce sorpresa incontra la mia concitata.
— Ernesto, sono Fabio, non ho tempo di spiegarti tutto nei dettagli, ti prego di fidarti di me. Ho bisogno che tu venga al binario 24 della Stazione Centrale, o che tu faccia venire qualcuno: mi servono testimoni.
— Ma che è successo?!
— Sono stato fermato dalla polizia, temo che stia per accadere qualcosa di brutto, ti prego, vieni tu o fai venire qualcuno.
Sono ormai dentro, nell’atrio del posto di polizia. Alla mia destra un gabbiotto che funge probabilmente da reception, alla mia sinistra un corridoio cieco con delle panche e delle macchine distributrici di snack e bevande, giusto un po’ oltre un altro corridoio e davanti a me un largo spazio con una telecamera attaccata al centro del soffitto.
— SPENGA IMMEDIATAMENTE QUEL TELEFONO!
— Mi scusi, avete i miei documenti, procedete pure all’identificazione, io ho bisogno di avvisare che sono qui.
— LE HO DETTO DI SPEGNERE IL TELEFONO!
Non lo so ancora, ma lui si chiama Stefano Valletta, vicequestore aggiunto in servizio presso il compartimento Polfer Campania e Molise di Napoli, dirigente in comando lì in quel momento. È iracondo, io intorno ho solo poliziotti, sono terrorizzato. Saluto Ernesto chiedendogli un’ultima volta di fare presto e chiudo la telefonata.
Potrei non dirlo, potrei farlo e basta, senza farmene accorgere, ma mosso dallo spaventato e nell’ipotetica eventualità che una mia estrema onestà e trasparenza sia positivamente valutata da chi l’onestà e trasparenza la dovrebbe tenere in elevata considerazione, decido di annunciarlo.
— Ok, ho chiuso, ma vista la situazione, per la sicurezza di tutti io registrerò in audio qualunque cosa accadrà in questo luogo da ora in poi.
— Cosa dice?! Lei non può registrare niente! PRENDETELO!
Valletta è il primo a scagliarmisi contro, poi dopo un secondo o due seguono tutti gli altri. Sono 5, forse 6 poliziotti, tra di loro anche la guardia giurata, mi circondano e mi piantano per terra, calci e pugni ovunque, con l’obiettivo di togliermi il cellulare dalle mani, ma la mia morsa sorprende me stesso per la sua forza ed entrambe le mie mani rimangono salde intorno al telefono a tal punto che per i due giorni successivi avrò dei segni nelle parti tra l’indice ed il pollice.
Com’è finita la faccenda di Luca?
ormai l’arroganza e la sicumera della sbirraglia non ha confini………..il potere li assolverà sempre e noi dovremmo attrezzarci……..forse il giorno che farà colare la goccia di troppo arriverà…….onore e stima a Italo di Sabato e alla vittima dell’identificazione……….