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Tirana: proteste contro i cpr. «Accordo illegale, resistenza globale»

Due giorni di manifestazioni Italiani con gruppi locali contro l’esternalizzazione delle frontiere: «Rama ci svende». Alcune centinaia di persone, prevalentemente italiane e albanesi  hanno contestato l’accordo Meloni-Rama che prevede il trasferimento collettivo e coatto di richiedenti asilo verso il Cpr (Centro di permanenza per il rimpatrio) di Gjadër attraverso un breve passaggio all’hotspot di Shëngjin.

di Elisa Brunelli da il manifesto

«L’accordo è illegale, la resistenza è globale». Questo il coro che ha accompagnato le mobilitazioni di domenica e ieri in Albania, promosse dal Network against migrant detention. La rete transnazionale, nata i mesi scorsi durante un’assemblea al centro sociale Labàs di Bologna, coinvolge attivisti e collettivi da diverse parti d’Europa, con un ruolo di primo piano giocato dai gruppi albanesi, che accusano l’accordo tra i due paesi di alimentare la stessa criminalizzazione che i migranti albanesi hanno subito (e continuano a subire) in tutta Europa. Erano una decina, il 16 ottobre scorso, a radunarsi di fronte l’hotspot di Shenjin, per protestare contro l’arrivo della nave della marina militare italiana Libra con i primi migranti da Egitto e Bangladesh. Questa volta, grazie alla nutrita presenza italiana, compreso il fumettista Zerocalcare e altre delegazioni europee, sono tornati in più di 200.

«La vostra presenza ci dà la forza per continuare a lottare e dà speranza a chi, ogni giorno, viene rinchiuso nei centri di detenzione» ha sottolineato Edison, del collettivo albanese Mesdhe, rivolgendosi agli attivisti italiani. «Siamo noi l’amicizia storica italo-albanese, non la partnership ai vertici tra Rama e Meloni che ha alzato l’asticella dell’orrore delle politiche migratorie» ha rimarcato Nicoletta di Melting Pot Europa, mentre la manifestazione si spostava lungo la spiaggia di Shenjin, dove è stata creata con dei teli un’enorme scritta «Stop lager». «L’accordo è sospeso in attesa della Corte di Giustizia Europea, ma non sarà la sua pronuncia a fermare queste politiche – ha aggiunto l’attivista -. Il protocollo Italia-Albania è una sperimentazione del Patto europeo su migrazioni e asilo, basato su detenzione ed esternalizzazione delle frontiere».

La protesta del network si è poi spostata al Cpr di Gjader. A presidiarlo è la Polizia albanese, mentre quella italiana si intravede a malapena tra le altissime sbarre. «Non dimenticheremo mai che quella stessa maggioranza che oggi compone il governo Meloni, fino a ieri tappezzava Milano con i manifesti “un voto alla Lega, un albanese di meno”» ha denunciato al megafono il consigliere comunale di Bologna, Detjon Begaj, originario di Valona. Proprio in quelle ore dall’Italia, arrivava la reazione della vice capogruppo di Fdi alla Camera, Augusta Montaruli, che ha invocato controlli di Polizia per gli attivisti di ritorno in Italia. Dichiarazioni, quelle di Montaruli «che riassumono il clima intimidatorio e repressivo del governo come dimostra il ddl Sicurezza» hanno ribadito gli attivisti, rilanciando la manifestazione nazionale del 14 dicembre a Roma.

Ieri le iniziative sono ripartite da Tirana. In centinaia hanno dato vita a un corteo nel cuore della città. Dopo aver toccato il palazzo del governo, dove gli attivisti albanesi hanno accusato Edi Rama di «svendere il proprio territorio all’Italia mentre migliaia di cittadini vengono rinchiusi e deportati dai centri di tutta Europa», il corteo è proseguito fino alla sede della Europe House, istituzione finanziata dall’Ue per aumentare la propria visibilità in Albania. Khaled, Khaydar, Ahmed, Youssef, Hassan: sono i nomi pronunciati da Zeno, attivista del collettivo Rotte Balcaniche, per ricordare alcuni giovani morti tra i boschi della Bulgaria. «Se riconosciamo le morti del sistema dei confini, dobbiamo riconoscerne i responsabili, diretti e indiretti. E i responsabili – ha indicato – stanno in palazzi come questo, che sventolano alta la bandiera Ue». Tappa finale all’ambasciata italiana, dove i manifestanti hanno intonato Bella Ciao: «Questo luogo lavora per difendere gli interessi italiani in Albania. Gli interessi di chi occupa e militarizza i territori, ma anche degli imprenditori».

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