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Torino: Arresti e misure cautelari per aver difeso una famiglia da uno sfratto

Torino è tra le città d’Italia che conta il maggior numero di sfratti per morosità incolpevole. La crisi morde, il lavoro manca e ben spesso i soldi per l’affitto, se si vuole continuare a mangiare, semplicemente non ci sono.

Da anni diversi collettivi si organizzano per opporsi ai tanti costruttori immobiliari e palazzinari che pretendono di sbattere in mezzo a una strada persone e famiglie in difficoltà economica che non riescono più a pagare l’affitto. Una resistenza popolare in cui s’incrociano spesso italiani e immigrati, fianco a fianco, per difendere un diritto fondamentale: il diritto alla casa. Che ci sia qualcuno che, invece di lamentarsi, si organizza per resistere contro i soprusi che subiamo ogni giorno non può certo andar giù a chi ci governa, che si tratti di un politico o di un magistrato. Per questo negli ultimi tempi è stata scatenata una vera e propria battaglia contro chi difende gli inquilini in difficoltà, una vera e propria crociata infame e vigliacca portata avanti a colpi di arresti, botte e multe stratosferiche.

Stamattina un’ennesima operazione di polizia ha colpito quelli che generosamente si mettono in prima linea nel fare ciò che è giusto, anche se la legalità sta dalla parte di chi ha tante case e pretende che altri non abbiano nessuna. All’alba la polizia politica DIGOS ha fatto irruzione nelle case di otto compagni per notificare altrettante misure cautelari: cinque obblighi di firma, due arresti domiciliari e un arresto in carcere.

Al centro dell’indagine, per cui la procura ha chiesto e ottenuto le misure restrittive prima di ogni grado di giudizio, c’è la resistenza allo sfratto di una famiglia residente in corso Regina 51, quella di Said, di Kadija e dei loro tre figli. La storia di Said è fin troppo banale di questi tempi, ha pagato regolarmente l’affitto per più di 10 anni ma nel 2014 ha perso il lavoro e non è più riuscito, come tanti, ad arrivare a fine mese.
Il 14 ottobre esce a fare la spesa dopo aver accompagnato i figli a scuola ma, mentre è via, una squadraccia inviata dal noto palazzinaro torinese  Giorgio Molino – anche conosciuto come il ras delle soffitte, proprietario di più di 1850 appartamenti in Torino e provincia, di 200 ettari di terreno agricolo, palazzi, negozi e perfino di una caserma – entra nel suo appartamento, distrugge i sanitari e cambia la serratura. Un gesto dei più vigliacchi, che ha messo per strada una famiglia con tre bambini, tra l’altro senza che il Comune o le autorità proponessero nessuna reale soluzione abitativa e in barba anche alle stesse procedure di sfratto che prevedono la presenza dell’ufficiale giudiziario: la legalità è la legge del più forte.
Chi ha portato avanti questa ennesima prepotenza non aveva però fatto i conti con la solidarietà del quartiere. Rapidamente si è formato un presidio che si è via via ingrossato nel corso della giornata. I solidali hanno  quindi bloccato i furgoni che stavano portando via alla bene e meglio i mobili della famiglia di Said e hanno cominciato a riportarli nell’appartamento per ricostruirlo sotto gli occhi sbigottiti della polizia. Sempre schierate dalla parte del più forte, le forze dell’ordine hanno deciso di caricare pesantemente il presidio per liberare l’entrata dell’alloggio. Ne sono seguiti duri scontri con i presenti, con barricate e cassonetti rovesciati per fermare l’avanzate dei poliziotti (QUI una cronaca della giornata).

Una bella giornata di resistenza e di riscatto, continuata nei giorni seguenti con una mobilitazione fin dentro al consiglio comunale per pretendere che la giunta 5 stelle si schieri effettivamente dalla parte dei “cittadini” e non dei poteri forti che governano la città come promesso in campagna elettorale senza che a oggi si veda il benché minimo segno di discontinuità con l’odiata amministrazione Fassino.
Oggi è arrivata la vendetta piccola e meschina dei burocrati delle procura, solerte braccio armato degli interessi che contano in città, coadiuvati da una polizia sempre attenta a non mordere la mano del padrone.

Giusto non vuol dire legale, noi stiamo con chi resiste e si organizza, le soluzioni ai nostri problemi non arriveranno da nessun politico ma dal mettersi in gioco tutti in prima persona. Un’abbraccio a chi lo ha fatto quel 14 ottobre dimostrando una volta di più che resistere è possibile e che farlo tocca a noi.

TROPPE CASE SENZA GENTE, TROPPA GENTE SENZA CASA, TUTTI LIBERI!

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da InfoAut

Ai microfoni di Radio Onda d’Urto  Dana, compagna del CSOA Askatasuna. Ascolta o scarica.