Torino diventerà il principale polo europeo delle tecnologie di difesa, intelligenza artificiale e sicurezza informatica. L’investimento mette insieme risorse di un fondo multinazionale della Nato e del Pnrr.
di Angelo Mastrandrea
Con i soldi della Nato e un progetto che mette la ricerca pubblica al servizio delle aziende di cybersecurity e dell’aerospazio utilizzando investimenti privati e alcune centinaia di milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), Torino si avvia a diventare il principale polo europeo nel campo della tecnologia militare.
La mattina del 30 giugno 2022, al vertice dell’Alleanza atlantica di Madrid, il ministro della difesa italiano Lorenzo Guerini, del Partito democratico, ha firmato la costituzione del primo fondo di investimenti multisovrano al mondo. Il Nato innovation fund sarà finanziato e gestito da 21 paesi alleati su 30 e fa parte di un programma denominato Defence innovation accelerator for the north Atlantic (Acceleratore di innovazione nella difesa per l’Atlantico del nord), il cui acronimo è Diana. Partirà con un capitale di un miliardo di euro e finanzierà per i prossimi quindici anni start up e piccole e medie imprese ad alto contenuto tecnologico, secondo un modello importato dagli Stati Uniti, dove si contano 270 start up tecnologico-militari finanziate da società di investimento vicine al dipartimento della difesa.
I settori sui quali si concentrerà saranno quelli dell’aerospazio, dell’intelligenza artificiale, delle biotecnologie e della bioingegneria, dei computer quantistici, della sicurezza informatica, dei motori ipersonici, della robotica, dell’industria navale e delle telecomunicazioni. “È il primo fondo di capitale di rischio (venture capital) al mondo di questo tipo, dobbiamo mantenere la nostra spinta tecnologica ora che Cina e Russia ci sfidano in questo settore chiave”, ha detto il segretario della Nato Jens Stoltenberg, per il quale i soldi messi a disposizione dai paesi alleati contribuiranno “a dare vita a quelle tecnologie nascenti che hanno il potere di trasformare la nostra sicurezza nei decenni a venire, rafforzando l’ecosistema dell’innovazione dell’Alleanza e sostenendo la sicurezza del nostro miliardo di cittadini”.
Archeologia industriale
L’acceleratore di investimenti avrà la sua prima sede europea nelle Officine grandi riparazioni di Torino. Da questo stabilimento industriale di fine ottocento tra le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa, e dove un tempo si aggiustavano locomotive e vagoni ferroviari, all’inizio del 2023 saranno lanciate le prime nove gare e definiti i progetti da finanziare. Gli esperimenti e i test saranno invece effettuati al Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) di Capua e al Centro di sperimentazione e supporto navale (Cssn) di La Spezia. Ma si tratta solo del primo passo.
Entro il 2026 gli uffici del Diana saranno trasferiti all’interno della città dell’Aerospazio, che sarà costruita lungo corso Marche, nella periferia ovest della città, dove hanno già la sede alcune compagnie dell’industria aerospaziale italiana. Il progetto finale prevede la riqualificazione di un’area di 184mila metri quadrati tutto attorno e sarà finanziato con 300 milioni del Pnrr e altri 800 provenienti dalle 70 aziende del settore che vi stabiliranno la loro sede. Tra queste anche Leonardo, una società partecipata al 30 per cento dal ministero dell’economia, che ha donato alcuni terreni per la sua realizzazione e che coordinerà tre progetti del nuovo sistema di difesa europeo: il sistema di navigazione satellitare Galileo, finanziato dall’Unione europea con 35,5 milioni di euro; quello di tecnologia sicura Essor, che ha ricevuto 34,6 milioni; e il progetto degli anti-droni Jey Cuas, che costerà altri 13 milioni di euro.
Metà degli spazi saranno occupati dal nuovo campus del Politecnico, con laboratori, edifici per la didattica e residenze. Nell’altra metà ci saranno uno Space center e un museo dell’Aeronautica, un parco pubblico e spazi per il coworking, gli uffici del programma Diana e alcune aree per la sperimentazione di nuove tecnologie di terra e di volo. Il vecchio aeroporto Aeritalia – dove il 4 maggio del 1949 sarebbe dovuto atterrare l’aereo Fiat G212 della Ali con a bordo la squadra del Grande Torino, se non si fosse schiantato contro un terrapieno della basilica di Superga – sarà recuperato e messo al servizio della città aeronautica.
Aerospazio pubblico e privato
“Facendo leva sulla collaborazione tra Leonardo e il Politecnico, si creerà un sistema interconnesso dove coesistono l’accademia, la ricerca e i laboratori di sviluppo tecnologico, le start up e le piccole medie imprese, e la grande impresa”, si legge sul progetto della città dell’Aerospazio pubblicato sul sito del comune di Torino. Il modello economico si reggerà su tre gambe: i finanziamenti statali, gli investimenti privati e quelli del fondo multisovrano della Nato. Il 5 luglio il ministero dell’università e della ricerca (Miur) ha approvato un ulteriore finanziamento di 145 milioni di euro, presi dal Pnrr, per quattro progetti di ricerca in partenariato pubblico-privato presentati dal Politecnico e che avranno la loro sede nella città dell’Aerospazio. Uno di questi, denominato Ism4Aerospace e finanziato con 32,4 milioni di euro, riguarda l’innovazione in campo aeronautico. Saranno invitate a partecipare alcune multinazionali del settore. Il programma Diana finanzierà invece le start up innovative della cittadella aerospaziale, dove la ricerca pubblica sarà al servizio di compagnie private e delle esigenze difensive europee.
Al rafforzamento della difesa comune l’Unione europea ha destinato 600 milioni di euro per il 2022 e otto miliardi entro il 2027, con l’obiettivo di creare nuovi sistemi di difesa basati su tecnologie intelligenti. All’Italia solo per quest’anno andranno 40,36 milioni, che si aggiungeranno agli investimenti del fondo multisovrano e ai finanziamenti del Pnnr.
Chi si oppone spiega che la città e i lavoratori non sono stati consultati
“L’obiettivo di queste linee di bilancio è la ricerca e lo sviluppo su nuovi armamenti, così come il miglioramento di quelli esistenti, integrando tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale, i sistemi senza pilota o autonomi”, si legge in un rapporto della Rete europea contro il commercio di armi e del Transnational Institute intitolato “Accendere le fiamme. Come l’Ue sta alimentando una nuova corsa agli armamenti”. Le due ong hanno denunciato che nove dei sedici rappresentanti dell’organo consultivo dell’Unione europea che ha portato alla creazione del bilancio militare per il 2022 “erano affiliati a società di armi, istituti di ricerca sulle armi e a un’organizzazione di lobby dell’industria delle armi”. Il riferimento contenuto nel rapporto è in particolare ad Airbus, Bae systems, Indra, Leonardo, Mbda e Saab, agli istituti di ricerca sulle armi Fraunhofer e Tno, e all’organizzazione di lobby dell’industria delle armi AeroSpace and Defence Industries Association of Europe. “Il processo decisionale è stato indirizzato da aziende altamente lucrative che sfruttano gli spazi politici per il proprio guadagno”, ha detto Niamh Ní Bhriain del Transnational Institute presentando il rapporto a Bruxelles. Secondo gli autori del dossier, il conflitto d’interessi è reso ancora più palese dal fatto che le stesse aziende rappresentate nell’organo che definisce le spese per la difesa europee si sono viste assegnare per il 2022 finanziamenti per 86 milioni di euro.
Il programma Diana è legato al nuovo business del riarmo europeo. Se n’era discusso la prima volta nel giugno del 2021, a un summit dei capi di stato e di governo europei a Bruxelles. La prima città candidata a ospitarne la sede era Londra, ma il governo italiano ha avanzato subito la proposta di portarla a Torino. La candidatura è stata presentata in via ufficiale il 20 gennaio 2022, durante un incontro tra il segretario generale della difesa Luciano Portolano e il vicesegretario della Nato, l’olandese David van Weel, nella sede della regione Piemonte.
Il 28 aprile, a margine dell’Innovation cybersecurity summit a Roma, il sottosegretario alla difesa Giorgio Mulé, di Forza Italia, ha annunciato che la città sabauda è stata “scelta” per ospitare il programma Diana, dopo una selezione che ha definito “durissima”. “Torino riceverà una dote finanziaria e organizzativa dalla Nato per poter finanziare e accompagnare con le startup quelle idee che non solo nell’ambito della difesa, ma anche nelle biotecnologie, intelligenza artificiale e sicurezza, potranno nascere in Italia”, ha detto Mulé in quell’occasione. Il 4 giugno il consiglio comunale di Torino ha approvato una mozione presentata da Silvio Viale, un ex radicale noto per le sue battaglie a favore della pillola abortiva Ru486, che impegna il sindaco Stefano Lo Russo, del Pd, e la giunta di centrosinistra a “sostenere e facilitare la candidatura di Torino a diventare la sede europea della futura struttura del Defence innovation accelerator for the north Atlantic”. La mozione ha ricevuto 21 voti a favore, appena tre in meno di un ordine del giorno approvato lo stesso giorno per aderire alla campagna sul disarmo nucleare “Italia, ripensaci”, promossa dalla Rete italiana pace e disarmo e da Senzatomica, e a un appello internazionale delle città contro le armi nucleari. A votare contro sono stati solo i due esponenti del Movimento 5 stelle, mentre le due consigliere di Sinistra ecologia e libertà hanno abbandonato l’aula.
Le proteste
La guerra in Ucraina e le minacce alla sicurezza europea provenienti da est hanno creato un consenso trasversale al progetto e soffocato sul nascere qualsiasi voce critica. Così, a opporsi sono rimasti in pochi. Il 10 marzo, l’Unione sindacale di base e alcuni collettivi studenteschi hanno contestato un convegno promosso dal Politecnico insieme ad alcune aziende del settore aerospaziale. Gli attivisti hanno accusato l’università di “collusione con l’industria delle armi”. A loro dire, con il declino del settore automobilistico, nella ex città della Fiat la ricerca accademica si starebbe spostando dal settore dell’automobile verso quello della difesa, anche con “start up universitarie attive nella progettazione di sistemi aerospaziali militari”. Il 2 luglio gli antimilitaristi della Federazione anarchica italiana (Fai) hanno protestato davanti all’ingresso della galleria San Federico contro quella che definiscono “la città delle armi”.
Il progetto della città dell’Aerospazio prevede la creazione di 2.600 nuovi posti di lavoro, in un settore che in Piemonte conta già 300 imprese e 20mila lavoratori. “Prevediamo 350 imprese, sette miliardi di fatturato all’anno e 25mila addetti”, ha dichiarato all’Ansa l’assessore regionale alle attività produttive Andrea Tronzano, di Forza Italia. I sindacati però sostengono di non essere stati coinvolti e lamentano la mancanza di comunicazione delle istituzioni. “Finora non c’è stato nessun confronto con il territorio e neppure all’interno delle aziende coinvolte, è una città che nasce senza cittadini”, dice il segretario della Fiom-Cgil piemontese Valter Vergnano. “Prima di pensare a nuove assunzioni, cominciamo a stabilizzare i precari di cui le aziende del settore sono piene”, hanno affermato in una nota congiunta i delegati sindacali delle aziende Altec, Avioaero, Collins, Leonardo e Thales Alenia space. “Purtroppo in questo momento i lavoratori sono solo degli spettatori”, conclude Vergnano.
da L’Essenziale