Torino, Freccia Tricolore si schianta contro un’auto. Morta una bimba
- settembre 17, 2023
- in misure repressive
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Il velivolo ha colpito un’auto con una famiglia: muore una bimba di 5 anni, grave il fratello. Una giovane vita stroncata per una esibizione militare è uno scandalo assoluto, uno spreco di soldi dannoso, diseducativo, e anche pericoloso
di Mauro Ravarino
Il cielo grigio, il rombo delle Frecce tricolori e un velivolo della pattuglia che, in fase di decollo, precipita: fiamme e fumo nero e nell’impatto a terra viene colpita un’auto con una famiglia a bordo. Muore una bambina di cinque anni, il fratello di 12 viene soccorso e ricoverato al Regina Margherita con ustioni di secondo grado. Ustionati anche i genitori; codice giallo per il maggiore Oscar Del Do, a bordo di Pony 4, che è riuscito a salvarsi catapultandosi con il seggiolino eiettabile.
È STATO UN POMERIGGIO tragico nel Torinese, a San Francesco al Campo, a due passi dall’aeroporto di Caselle (lo scalo civile di Torino), all’inizio della due-giorni piemontese dedicata al centenario dell’Aeronautica, che doveva concludersi con un airshow, domenica, proprio sulla città della Mole.
È successo intorno alle 16.30, la pattuglia delle Frecce era appena decollata dall’aeroporto di Caselle per recarsi a Vercelli, dov’era attesa per un’esibizione, quando uno degli aerei si stacca dalla formazione e punta dritto verso le case. Il mezzo è ingovernabile e il pilota perde il controllo e aziona il dispositivo di eiezione dalla cabina. Pony 4 si schianta, il carburante si incendia al fondo della pista dove passa una strada e in quel momento transita la macchina della sfortunata famiglia.
Con tutta la retorica che si portano appresso, le esibizioni delle Frecce tricolori – la pattuglia acrobatica dell’aereonautica militare italiana – hanno spesso sollevato critiche politiche, spesso zittite, e non sono mai riuscite davvero a cancellare l’ombra tragica dei fatti del 28 agosto 1988, quando un incidente durante un airshow a Ramstein, in Germania, provocò 70 morti.
SUL LUOGO DELL’INCIDENTE si è recata, ieri, Gabriella Viglione, procuratrice capo di Ivrea, piccolo tribunale (a corto d’organico dopo gli ultimi tagli e riforme) che già conduce le indagini sulla strage ferroviaria di Brandizzo dello scorso 30 agosto. «Sono in corso accertamenti che saranno lunghi e complicati. Non è il momento per le diagnosi. Sulle cause non posso dire ancora nulla».
Gli inquirenti stanno raccogliendo i reperti del velivolo e dell’automobile. Chiuso l’aeroporto di Caselle e sospesi i prossimi eventi delle Frecce tricolori.
UNA PRIMA IPOTESI parla dell’urto dell’apparecchio con uno stormo di uccelli, un bird strike. Da valutare anche una possibile avaria. Il maggiore Del Dò, friulano di 35 anni, avrebbe comunicato al caposquadra di avere un problema al motore e di doversi sganciare. È entrato nella pattuglia nel 2020 ai comandi di Pony 4.
Si dice attonito il ministro della Difesa Guido Crosetto: «È profondo il dolore per il tragico incidente di volo di un componente delle Frecce tricolori il cui velivolo nel precipitare ha drammaticamente coinvolto un veicolo con a bordo una famiglia». La Difesa esprime «la propria vicinanza ai familiari consapevole che ci sono perdite incolmabili e che mai vorrebbe ricevere tali notizie».
Tra i commenti politici si sono sollevate anche voci critiche: quella di Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Prc, che definisce le Frecce tricolori «uno spreco di soldi dannoso, diseducativo, e purtroppo anche pericoloso», e di Luana Zanella, parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, per la quale le esibizioni della pattuglia «dovrebbero essere abolite».
Scheda
Ciò che salta subito all’occhio ripercorrendo le vicende che hanno visto protagonista la pattuglia acrobatica sono però le tante, troppe catastrofi che da più di sessant’anni hanno coinvolto i suoi mezzi. Solo dal 1961 al 1967, quattro tra Capitani e Sergenti Maggiori – Massimo Raffaello Scala, Mauro Venturini, Eugenio Colucci e Raffaele D’Andretta – persero la vita a causa di incidenti aerei. Tre sul campo di aviazione di Rivolto, uno su quello di Forlì. Poi, il 2 giugno 1973, nel corso di un’esibizione nel quadro della grande parata militare della Festa della Repubblica, durante un sorvolo di Torvajanica (Roma) il velivolo guidato dal pilota Angelo Gays si scontrò con quello di Antonio Gallus: Gays morì sul colpo, mentre il secondo rimase ferito. Il suo destino però fu solo rimandato, poiché Gallus trovò la morte nella cornice di un altro incidente di volo il 2 settembre del 1981, mentre sorvolava la base di Rivolto con le Frecce. Poi, nel marzo del 1974, due Frecce entrarono in collisione nei cieli di Codroipo, in provincia di Udine. Le vittime furono, in questo caso, i sottotenenti Sandro Santilli e Ivano Poffe. Nel 1978, a morire fu poi l’aviatore Graziano Carrer.
Il più grave incidente legato all’attività della Pattuglia Acrobatica Nazionale è però quella avvenuto nella città di Ramstein, in Germania, il 28 agosto 1988, durante una dimostrazione acrobatica per l’Airshow Flugtag nella base NATO. Nel corso dell’evento, cui assistevano circa 300mila persone, si verificò una collisione fra i tre Aermacchi MB-339PAN, pilotati dal Tenente Colonnello Ivo Nutarelli, dal Tenente Colonnello Mario Naldini e dal Capitano Giorgio Alessio, mentre la pattuglia eseguiva la figura del cordoide, o “cuore trafitto”. I primi due si schiantarono in fiamme sulla pista, mentre il terzo velivolo precipitò sulla folla, causando 70 morti e 450 feriti. Nessuno dei tre piloti si salvò. In seguito alla tragedia, per tre anni tutte le esibizioni acrobatiche furono interdette dallo spazio aereo tedesco. Successivamente, vennero aumentate le distanze minime tra gli aerei, nonché l’altezza alla quale eseguire le acrobazie in volo. Tre anni prima della tragedia, il 20 febbraio 1985, durante un addestramento aveva perso la vita un altro pilota, John Miglio. Pochi mesi dopo il disastro di Ramstein, invece, fu la volta tenente colonnello Paolo Scoponi, anche lui morto a Rivolto.
L’ultimo incidente che ha riguardato un aviatore assegnato alla Pattuglia Acrobatica Nazionale è quello che, lo scorso aprile, è costato la vita al Capitano Alessio Ghersi, assegnato alle Frecce dal 2018, che aveva svolto attività di difesa aerea sia a livello nazionale che nell’ambito di missioni NATO. Il pilota, in quel frangente, era alla guida di un Pioneer 300 della Alpi Aviation di Pordenone e stava svolgendo una breve uscita insieme ad un parente (anch’egli deceduto), quando si è schiantato sul Monte Musi, nell’Alta valle del Torre, a Lusevera (Udine), da un’altezza di 800 metri.
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Contro il capitalismo a mano armata e la militarizzazione-regressiva dei ceti popolari
‘’Le Frecce Tricolori sono conosciute, apprezzate e portano in tutto il mondo il nostro Tricolore”
Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Generale di Squadra Aerea Alberto Rosso.
Ed ancora:
‘’Esse sintetizzano tutto quello che è tecnologia, passione, capacità, competenza e professionalità che l’Italia è in grado di esportare e portare nel mondo”
Al di là della retorica neocoloniale del complesso militare-industriale italiano, la verità è ben diversa. Partiamo da una domanda, quando nascono le Frecce Tricolori? Alla fine degli anni ’20, l’acrobazia aerea collettiva venne pensata dal Fascismo come forma di esaltazione della potenza e dell’eroismo da parte del regime mussoliniano. Si tratta(va) della ostentazione, a fini propagandistici, di aerei da guerra utilizzati in ambito cosiddetto civile ma con il chiaro intento di mostrare al mondo la forza militare d’una potenza neocoloniale che, negli anni ’30, in un regime concorrenziale inter-imperialista rivendicava le proprie sfere d’influenza. Con la transizione dal Fascismo alla democrazia-liberale, la situazione non è cambiata; il sub-imperialismo italiano è passato dalla subordinazione geopolitica alla Germania hitleriana, alla sudditanza nei confronti degli Stati Uniti. Come disse Lenin ‘’l’imperialismo italiano è un ‘’imperialismo straccione’’’’.
Nel 1988 ci fu un grave incidente che coinvolse in Germania le Frecce Tricolori, forse una tragica fatalità, ma sufficiente a sospendere queste acrobazie in luogo pubblico; inutile ricordare ai lettori che non accadde nulla di tutto questo. Oggigiorno, l’élite aziendale italiana non ha nessun ‘’eroismo’’ da esibire. Le esercitazioni militari hanno una sola funzione, prevalentemente classista e geopolitica: ribadire la sudditanza militare della borghesia ‘’italiota’’ alla Nato ed all’imperialismo USA, il vero gendarme mondiale.
La domanda alla quale rispondere è un’altra, perché esibire aerei da guerra? La risposta è altrettanto semplice, ovvero assuefarsi alla nuova normalità della guerra, in una fase d’aggressione imperialista Nato a Russia e Cina, abituandosi alla militarizzazione-regressiva della società civile. Da questo punto di vista, l’Italia diventa sempre più simile agli Stati Uniti: un capitalismo a mano armata.
Comitato No Camp Darby
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