Manifestazione leghista a Torino con la polizia che li protegge, Manganellate, lacrimogeni e fermi per gli antirazzisti.
Mille, quattrocentonovanta e sei. Tanti erano i leghisti, i metri che hanno percorso tra Porta Nuova e piazza San Carlo e i minuti impiegati per l’indegna gazzarra che la loro radio chiamava “manifestazione nazionale per la legalità”. Una manifestazione contro l’immigrazione a poche ore dall’ennesima strage nel Mediterraneo che il partito di Bossi e Maroni e Cota (governatore del Piemonte) non hanno avuto la decenza di annullare e nemmeno rimandare all’indomani della strage di Lampedusa, la più grande del genere con 339 vittime, nemmeno dieci giorni fa.
Il popolo della Lega, quel che resta dello zoccolo duro, è ingigantito dalle bandiere e dai fumogeni verdi. La piazza che li contiene è quasi vuota. Le bandiere ripetono fino all’ossessione “Prima il Nord”, “Prima il Nord” e, ancora, “Prima il Nord”. Lepenismo cialtrone. Qualcuno li fischia, gli grida buffoni, la polizia impedisce il contatto, i passanti ridacchiano.
Pochi metri e molti robocop più sopra (il centro è blindato), un megafono spiega che Cota chiude gli ospedali ma trova i soldi per un fondo di garanzia per le imprese del Tav. Ecco perché non resta che il vecchio armamentario razzista, rivendicando tutta la ferocia della Bossi-Fini, per cercare di parlare alla pancia di una città in crisi «ma che non li ha mai amati troppo». Così spiega Gippo Ngandu, portavoce a Torino di Sinistra Anticapitalista, l’organizzazione sorta dalla fine dell’esperienza di Sinistra critica e che proprio ieri ha tenuto la sua prima uscita pubblica. Intorno a lui c’è almeno lo stesso numero di persone dell’altra piazza ma è solo la manifestazione cittadina di un pezzo dell’antirazzismo. Un’altra parte ha preferito «non mescolarsi con i violenti» (Libera, Arci ecc…) come se fosse meno violenta la compagnia di pezzi del Pd, il partito di chi ha partorito la Turco-Napolitano e i lager per migranti.
In realtà, fa notare ancora Ngandu, «la composizione della piazza è la medesima del 19 ottobre a Roma, una convergenza positiva che potrebbe andare oltre quella data». Da due anni, in Italia, non c’è una chiamata nazionale che provi a cucire il pulviscolo di lotte, resistenze e movimenti che ci sono ogni giorno e fra una settimana lo sciopero generale del sindacalismo di base, prima, e il corteo dei movimenti poi proveranno a manifestare l’urgenza di una connessione che dia efficacia a ciascuna lotta e fornisca loro una prospettiva.
Gli antirazzisti/antifascisti si muovono da Piazza Castello quando li raggiunge un altro corteo, quello “contro le nocività, a bassa velocità”, che era partito da Porta Susa. Molte città hanno iniziato così una settimana di mobilitazione che arriverà fino al 19. Le bandiere e gli striscioni parlano di lotte contro il Tav (“associazione a resistere”), contro gli inceneritori, in difesa del paesaggio, per il diritto alla casa e a un salario garantito. Si riconosce la gente dei centri sociali, del sindacalismo di base, del movimento. Ci sono anche i militanti di Rifondazione che non sono scesi a Roma per la “via maestra” di Landini e Rodotà.
Il corteo antirazzista tenta l’avvicinamento a Porta Nuova, per ripulire simbolicamente quel luogo da cui s’è mossa la passeggiata xenofoba dei leghisti. I reparti di celere e carabinieri sono nervosi e sbarrano la strada a ogni traversa. Quando i cellulari premono sulla testa del corteo che era entrata in via San Tommaso sembra evidente che è la questura a cercare lo scontro. E’ il momento degli spintoni, delle urla e della carica a rispondere al lancio di uova e patate. «Vergogna, vergogna!», gridano gli altri mille e si fa il giro largo. In Via Madama Cristina la polizia cattura almeno due persone. Entrano in azione gli avvocati del movimento, un paio di cassonetti finiscono in mezzo alla strada.
«Lo diciamo adesso, non dopo. E’ un errore madornale che si permetta oggi pomeriggio, a Torino, lo svolgimento di una manifestazione di chiara impronta razzista, xenofoba da parte della Lega Nord – aveva detto prima del corteo Ezio Locatelli, segretario torinese del Prc – questa manifestazione è un insulto alla città, una vera e propria provocazione tanto più in queste ore in cui l’Italia intera vive la tragedia di centinaia e centinaia di migranti morti nel Canale di Sicilia, una vera e propria strage perpetrata dalla chiusura della frontiere, da dispositivi repressivi, dalla legge Bossi-Fini. Torino oggi vive una condizione di degrado e malessere sociale derivante da disoccupazione, precarietà, perdita diritti in totale assenza di risposte politiche. Chi ha la responsabilità di queste mancate risposte non può permettersi di fomentare una guerra tra poveri».
Checchino Antonini da Liberazione
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Pubblichiamo un’altra cronaca della giornata torinese della manifestazione contro la Lega a Torino che ripercorre le cariche, i lacrimogeni e i fermi contro il corteo antirazzista ma riporta anche qualche dato realistico sulla sfilata in quattro gatti per i razzisti con la camicia verde.
di Andrea Doi – Nuova Società
Sabato pomeriggio blindato quello torinese. Il corteo nazionale della Lega Nord contro l’immigrazione ha trasformato il centro in una zona rossa: blindati con tanto di grate di metallo per fare da filtro, da piazza Lagrange e piazza Paleocapa. Da una parte le camicie verdi, arrivate a Torino con 150 pullman, in prima fila il senatore Umberto Bossi, Roberto Maroni, Mario Borghezio e il governatore del Piemonte Roberto Cota. Dall’altra una città che non li vuole.
Un corteo nazionale, dicevamo, molto corto: da piazza Carlo Felice, difronte alla stazione di Porta Nuova, fino a piazza San Carlo. Giusto il tempo di contarsi e rendersi conto che non è più tempo per loro di manifestazioni oceaniche, come era accaduto nei primi anni ‘90. Poche centinaia di metri che però hanno il potere di preoccupare, soprattutto le forze dell’ordine. Infatti in piazza Castello si sono dati appuntamento i collettivi antifascisti e antirazzisti, gli antagonisti e i militanti dei centri sociali. La parola d’ordine è: nessun razzista deve sfilare a Torino, medaglia d’oro alla Resistenza. E la società civile, compresa l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia per voce del presidente regionale e provinciale Diego Novelli, il Sermig di Olivero, e Don Ciotti avevano chiesto che questa manifestazione non sfilasse, soprattutto dopo la strage di Lampedusa.
Invece, i difensori della Bossi-Fini hanno preferito non annullare l’appuntamento. Nonostante abbia il sapore della provocazione, visto che nel mare di Sicilia continuano a venire a galla i cadaveri degli immigranti e continuano ad affondare le carrette della morte.
Pochi i momenti di tensione. Almeno per quanto riguarda il primo pomeriggio.
La “scorta” per i leghisti è ben nutrita e la zona rossa appare invalicabile.
Se si guardano i cordoni nelle vie laterali a via Roma sembra quasi che siano più gli agenti di polizia e i carabinieri che i manifestanti, non più di duemila persone.
All’altezza di via San Tommaso c’è un tentativo di sfondamento da parte dei collettivi antifascisti. Vengono respinti, volano alcune manganellate, c’è un lancio di lacrimogeni in via Arcivescovado. Altri ne verranno sparati in serata, alle 18.30, quando ormai la manifestazione leghista è ormai conclusa, in via Madama Cristina. Qui si registra anche un fermo, mentre gli antirazzisti, per fermare le cariche, chiudono le vie del quartiere di San Salvario con i bidoni della spazzatura.
In pratica i cortei sono due: viaggiano parallelamente, ma non si sfiorano. In piazza Cln un presidio non violento, con tanto di bandiera della pace, mostra un cartello: «Italiani popolo di immigrati». Quelli del Carroccio vorrebbero mangiarli tutti in sol boccone. Bava alla bocca urlano, qualche spinta. Poi la polizia divide i due gruppi.
Le “sciure” sventolano i foulard verdi e dicono che in Padania non c’è posto per il “negher” perché da «noi si lavora che si crede lei?» e aggiungono «se non vogliono annegare restino al loro Paese». Mentre il ministro Kynege farebbe meglio a tornare, in barchetta, «in Congo». E pensare che a pochi metri dall’ingioiellata signora che è «arrivata da vicino a Monza», c’è il suo segretario, un Roberto Maroni che continua a dire e a sostenere che quello di oggi non si tratta di un corteo razzista.
Roberto Calderoli dal palco minaccia che chi «tocca la Bossi-Fini muore». Intanto a chilometri e chilometri dalla Mole i disperati che fuggono dalla fame e dalla guerra continuano a morire veramente. Nell’indifferenza e nell’odio. Almeno di questa parte di italiani. Anzi. Come ancora dicono di chiamarsi, nel 2013, di Padani.
Comitati, associazioni e centri sociali hanno tentato più volte di raggiungere il comizio del Carroccio, organizzato in piazza San Carlo con Roberto Cota e i big del partito, ma sono sempre stati fermati dalle forze dell’ordine con cariche di alleggerimento e lanci di lacrimogeni. Due contusi tra gli agenti, due fermati tra i dimostranti
Giornata di tensione a Torino, attraversata da due cortei contrapposti. Da una parte, la marcia della Lega Nord, che ha poi tenuto un comizio in piazza San Carlo con il presidente della Regione e i big del partito. Dall’altra, la manifestazione antirazzista, che ha tentato più volte di raggiungere i militanti del Carroccio ma è stata sempre stata bloccata dalle forze dell’ordine con cariche di alleggerimento e lanci di lacrimogeni. Due agenti sono rimasti contusi, mentre almeno due manifestanti sono stati fermati dalla polizia.
Il corteo leghista, partito dalla stazione di Porta Nuova, ha percorso via Roma ed è terminato in piazza San Carlo, dove si è tenuto il comizio finale. Sono intervenuti Umberto Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Roberto Cota. Non molto distante, in piazza Castello, il raduno degli antirazzisti. Dopo avere raggiunto un buon numero di partecipanti, circa 2mila persone, i dimostranti sono partiti in corteo, con in testa lo striscione ”Nessuno spazio per i razzisti”. I manifestanti, tra cui antagonisti dei centri sociali, ma anche migranti, comitati e associazioni, hanno percorso via Pietro Micca urlando slogan “Siamo tutti antirazzisti” e “Fuori la Lega dalla città”. Imponente la presenza di forze dell’ordine che monitorava il corteo. Un altro spezzone, composto da attivisti No Tav, si era mosso poco prima in direzione via Po.
Il corteo antirazzista ha più volte cercato di raggiungere il raduno leghista. In un primo momento, all’altezza di via San Tommaso, i manifestanti hanno cercato di forzare un cordone di poliziotti, ma sono stati allontanati con cariche di alleggerimento. Un secondo momento di tensione si è verificato in via Arcivescovado, quando i dimostranti hanno provato a forzare un altro posto di blocco delle forze dell’ordine: Gli antagonisti hanno lanciato bottiglie e uova, i poliziotti hanno risposto con una serie di cariche, usando lacrimogeni. Il corteo ha ripreso la marcia percorrendo piazza Solferino, corso Re Umberto e corso Vittorio Emanuele. Un terzo momento di tensione si è verificato in piazza Cln, dove una ventina di persone hanno iniziato a discutere in modo animato con i leghisti e dalle parole si è passati alle mani, ma la situazione non è degenerata.
Gli scontri più gravi si sono verificati in via Madama Cristina, dove un gruppo di manifestanti ha tentato nuovamente di sfondare il cordone di polizia e lanciato grossi petardi e bombe carta. L’obiettivo era raggiungere piazza Carlo Felice, dove dieci pullman attendono i militanti leghisti per riportarli a casa. Gli agenti hanno respinto i tentativi di sfondamento degli antagonisti e hanno fermato almeno due persone. In tutta risposta, i dimostranti hanno improvvisato una barricata sulla strada con i bidoni della spazzatura. Una agente della Digos, colpita già in precedenza alla spalla durante gli scontri, è stata nuovamente aggredita con una mazza da un manifestante che cercava di liberare un compagno dalla presa dei poliziotti. Antirazzisti e forze dell’ordine non smettono di fronteggiarsi, con i manifestanti che continuano a cambiare direzione al corteo per confondere gli agenti per poi tentare di aggirare i posti di blocco della polizia.