Con un’ordinanza datata 27 luglio il Comune di Torino ha disposto la chiusura del centro sociale autogestito Murazzi e l’interdizione alla struttura. La decisione avviene dopo una perquisizione della Digos avvenuta nel mese di giugno, all’interno di un pericoloso scambio di competenze tra i poteri della città
Il comunicato del centro sociale.
Ecco che assistiamo all’ennesimo capitolo della strategia messa in campo ormai da tempo dalla Questura di Torino per silenziare le lotte sociali e gli spazi di socialità liberata in città. Il CSA Murazzi, storico centro sociale torinese, è stato posto sotto sequestro dal Comune dopo che alcune settimane fa la Digos coadiuvata dai vigili del fuoco e personale Asl aveva perquisito le arcate occupate dal 1989.
Il sequestro è motivato da presunte “criticità strutturali e impiantistiche con concreto pericolo per l’incolumità pubblica”. Decine di migliaia di persone hanno attraversato il CSA Murazzi in questi trentaquattro anni di storia e chiunque si può rendere conto di quanto questa sia un’accusa strumentale, utilizzata per depoliticizzare attraverso un atto amministrativo un sequestro pienamente politico che si iscrive negli ormai costanti attacchi della Questura e della Magistratura torinese nei confronti dei movimenti sociali e delle realtà di lotta. Chiunque abbia attraversato quelle arcate sa quanta cura ed attenzione è stata dedicata allo spazio e alle attività che qui si svolgevano. Trattare un centro sociale occupato alla stregua di uno dei tanti locali della movida commerciale il cui unico obbiettivo è quello del profitto è indice di questo tentativo di depoliticizzazione.
Nonostante questa mascherata ipocrita è evidente che l’agire della Questura torinese si stia facendo via via sempre più politico, con la pretesa non solo di amministrare l’ordine pubblico, ma di vero e proprio governo della città. Ne è esemplificazione il fatto che tutto sia partito dalla perquisizione della Digos che scavalcando competenze classicamente svolte da altre istituzioni si è di colpo trasformata, tanto in questo caso, quanto in quello dell’inchiesta sul Festival Alta Felicità che ha visto coinvolto il sindaco di Venaus, in un corpo scelto di ragionieri che controlla scontrini e architetti che verificano integrità strutturali. È evidente che la Questura di Torino, con la complicità del Ministero dell’Interno, è ormai fuori controllo ed è disposta a fare di tutto per sedare quella parte di città ostinatamente ribelle che non accetta le condizioni di miseria che ci impone questo presente.
La vicenda sta assumendo i tratti patologici di un’ossessione e persino chi magari non condivide le lotte, le pratiche e gli obbiettivi dei movimenti sociali si dovrebbe rendere conto che da questo restringimento della libertà di dissenso non può venirne fuori nulla di buono. Il clima nel paese con questa destra al governo non è sicuramente dei migliori, tra attacchi continui ai più poveri, negazionismo climatico e soldi spesi per il riarmo militare. In questo contesto la Questura di Torino è la più fulgida rappresentazione degli “esecutori materiali” del progetto di paese che ha in mente il governo Meloni. Difendere gli spazi di libertà è dissenso, spazi preziosi, è imperativo. Quelle arcate che hanno visto generazioni crescere, danze liberatorie e iniziative culturali, momenti di lotta e di socialità, sorrisi, abbracci e pugni chiusi. Non permetteremo che schiaccino la nostra voglia di libertà sotto il loro grigiore.
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