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Torturato per 18 anni nel nome dello Stato

di Claudio Vitale da L’Unità

Per 18 anni, fino al 27 luglio 2023, ho vissuto, anzi, sono sopravvissuto al 41 bis, luogo per eccellenza di tortura, sofferenza, odio, violenza, dolore. Ero sepolto vivo, sottoposto a un regime penitenziario nato in nome della logica aberrante dell’emergenza, frutto di una giustizia concepita da uno Stato che vede nella terribilità della sua azione la soluzione di ogni problema. Può uno Stato di diritto, come l’Italia ama definirsi, tollerare che la propria Costituzione sia calpestata da una legge che si pone in contrasto con l’articolo 27, quello della rieducazione, che vieta i trattamenti contrari al senso di umanità? Dell’articolo 13, che riguarda la tutela della libertà personale nella condizione di detenzione? Dell’articolo 15, che riguarda la violazione del principio di riservatezza, con riferimento al controllo sulla corrispondenza? Dell’articolo 3, che riguarda la differenza di trattamento rispetto alla detenzione ordinaria? Possono i cittadini italiani, che amano definirsi un popolo accogliente e che si scandalizzarono per quanto avveniva a Guantanamo, tollerare che nel proprio carcere vi sia un circuito differenziato dove tortura, sofferenza, odio, violenza, dolore si respirano insieme all’aria? Fino a quando l’Italia e i cittadini italiani tollereranno che le leggi che hanno stabilito quel patto di comune convivenza, permettano di torturare esseri umani?

Il 41 bis è una tortura legalizzata mascherata da legge. Una norma crudele e malvagia attraverso la quale si manifesta la faccia più crudele e malvagia dello Stato. Ho subito 18 anni di torture, torture che si sono riverberate anche sui miei familiari. Affermo senza mezzi termini che è necessario e doveroso che lo Stato italiano, le sue istituzioni, i suoi cittadini si interroghino sulla legittimità e l’opportunità dell’esistenza o abolizione del 41 bis, sull’esistenza o abolizione di un sistema che in loro nome, per loro conto, vessa, tortura, opprime degli esseri umani che sono trattati come animali da vivisezione. Per quegli animali nacque l’associazione anti vivisezione. Furono concepite leggi che vietano e puniscono i maltrattamenti e la violenza contro gli animali. Mentre si accetta e si condivide l’aberrazione che esseri umani, propri concittadini, vengano privati di ogni diritto, sottoposti a ogni tortura. Oggetto di violenza, bersagli di odio e disprezzo, sottoposti a ogni dolore, privati di umanità in nome loro e per loro conto. Si smetta di fare finta di non sapere. In Italia ci sono dei lager costituiti dalle carceri nelle quali sono presenti i reparti 41 bis, un mostro che fagocita tutto e tutti: coloro che vi sono sottoposti e le famiglie di coloro che vi sono sottoposti.

Il 41 bis ha avuto effetti nefasti anche sulla mia posizione giuridica. Sono un ergastolano e sto scontando una condanna all’ergastolo per un reato che non ho commesso. Sono innocente e ancora sto lottando per riprendermi la mia vita. Il 41 bis non mi ha permesso di avere una difesa, come previsto dalle norme, poiché i colloqui con i difensori erano pressoché inesistenti in quanto ero ubicato in carceri lontane dal luogo di residenza, Terni, Novara, Cuneo, Opera. E non potendo presenziare in Aula, ma solo tramite video, non ho potuto difendermi. La mia difesa era monca. Non solo, la sottoposizione al 41 bis ha influito anche nel pregiudizio sulla mia persona da parte da chi mi doveva giudicare. E, infatti, il pregiudizio li ha condizionati a tal punto che, dimostrata con prove alla mano la mia innocenza per i fatti contestatemi, le prove che mi scagionavano non sono stato prese in considerazione. Sono giunti a un verdetto di colpevolezza per il quale oggi sto scontando una pena all’ergastolo per un reato che non ho commesso e che mai commetterei. Il mio difensore sta preparando l’istanza di revisione del processo e spero che lo stigma dell’essere un detenuto ex 41 bis non influisca negativamente anche sulla valutazione di questa richiesta di revisione.

Rivolgo il mio appello alle istituzioni, al legislatore, ai cittadini italiani, all’opinione pubblica. Si adottino provvedimenti per umanizzare il carcere, per renderlo un luogo di recupero per chi ha sbagliato. Siano potenziati gli strumenti per favorire il mantenimento dei rapporti familiari, anche prevedendo l’istituto dell’affettività in carcere. Un pensiero e un ringraziamento particolari vanno ai miei cari che da tanti anni mi supportano, e soffrono della mia situazione. E, poi, si migliorino le condizioni di vita in cella. Nelle celle si soffre il freddo. Ci si interroghi se oggi il 41 bis debba ancora esistere o debba essere superato.

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