Torture al Cpt di Lecce Regina Pacis, a rischio il processo a don Lodeserto
Stiamo parlando di una “vecchia” e brutta storia denunciata per la prima volta anche in ” Mare nostrum ” (un film inchiesta del 2003 che nessuna tivù, neppure la “mia” Rai, ha mai mandato in onda integralmente). I fatti: un Cpt fondato e retto dalla Curia salentina in provincia di Lecce, il “Regina pacis”, dove un prete dal nome inquietante (don Cesare Lodeserto) seviziò e torturò insieme ad otto carabinieri e ad un manipolo di aiutanti a libro paga della fondazione ecclesiale leccese, un gruppo di magrebini internati nel Cpt. La loro colpa era quella di chiedere perchè stavano rinchiusi da settimane dentro a quel luogo di pena e violenza e di cercare di scappare. Per questo furono picchiati, umiliati e torturati. Dopo averli pestati, ai nostri migranti musulmani in quel di San Foca, fecero ingoiare con l’aiuto dei manganelli di ordinanza pezzi di carne di maiale crudo in sprezzo alla loro religione. Li lasciarono per ore nudi all’addiaccio passando ogni tanto per regalargli qualche calcio, qualche sputo o altre diavolerie del genere. Così accoglievano i migranti in fuga da guerre e carestie alla “Casa Regina pacis”. Da quel Cpt infatti passarono negli anni, tra plausi e applausi e costruendo su quel luogo un ” eroico modello di accoglienza” poi esportato nella allora neonata Bossi-Fini. Ma la verità prima o poi viene a galla. E anche in quel caso al verminaio propagandato come “albergo a 5 stelle” fu tolto il coperchio anche grazie alla battaglia degli stessi magrebini torturati, di qualche avvocato e di un gruppo eterogeneo di cittadini leccesi che avevano a cuore il rispetti dei diritti umani e civili degli immigrati. Si aprì un processo, poi due, tre, quattro, anche su altri fatti che andavano dal sequestro di persona alla truffa. Il prete capobastone finì pure in galera per qualche settimana. Ma prima del carcere, per oltre un anno, il Cpt prima di essere chiuso continuò ad “accogliere” e incassare rette e finanziamenti di ogni genere. Quasi nessun giornale e nessuna televisione aveva mai dato spazio prima di allora allo scandalo, già pubblico, e su cui erano state presentate tra Camera e Senato decine e decine di interrogazioni parlamentari. Addirittura, per evitare che altri giornalisti impiccioni potessero scovare altre storiacce simili in altri Cpt italiani, l’allora ministro degli Interni Pisanu impedì ai giornalisti l’accesso in qualsiasi Guantanamo italiana: una vera e propria censura preventiva di governo all’informazione. Anche in questo caso quasi nessuno si lamentò, compreso l’ordine nazionale dei giornalisti. Ma questa è un’altra storia. Quello che ci interessa ora, invece, è l’epilogo del “caso Regina pacis”. Dopo circa tre anni arrivò il verdetto di primo grado. E dato che in Italia non esiste il reato di tortura, la condanna sancì “gravi violenze con sevizie e crudeltà ” per il prete e gli altri aguzzini di turno. Condanna lieve lieve per la gravità dei reati contestati (un anno e tre mesi), ma comunque condanna. Ora che il don Lodeserto fa “opere di bene” in Moldavia che nessuno controlla e che hanno ancora il sostegno della Curia di Lecce e persino finanziamenti pubblici (nonostante il prete capobastone si sia guadagnato sul campo anche l’interdizione ai pubblici uffici), il processo giace in Corte d’ Appello a Lecce. Una ennesima udienza dopo una serie corposa di rinvii sarà il 22 ottobre. Ma a tutto ciò c’è una spiegazione. Se questi continueranno ad essere i tempi della giustizia, in questo caso giustizia non si farà perchè il processo cadrà in prescrizione. Cancellato, come se nulla fosse successo. E allora questo appello va ai cittadini onesti e rispettosi dei diritti umani e della nostra Costituzione, leccesi, pugliesi, italiani. E a quei parlamentari o rappresentanti delle istituzioni, da Russo Spena a Nichi Vendola, da Dalla Chiesa a Beppe Giulietti e tanti altri, che ai tempi si impegnarono per fare chiarezza e ottenere giustizia. Chiediamo a tutti loro, anche in tempi così difficili per la nostra democrazia, la libertà di stampa e soprattutto per il rispetto dei diritti dell’uomo, se possiamo permettere che tutto ciò accada nel silenzio e nell’oblio generale.
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Ma questa è una catena di Sant’Antonio don Cesare Lodeserto si è risparmiato il carcere perchè mandato in Moldavia in missione fidei donum dall’arcivescovo Ruppi che guarda caso è stato indagato per corruzione nell’ambito di un’inchiesta che vede coinvolto il suo amico Fitto che guarda caso è idagato dalla procura di Bari per corruzione,falso e illeciti finanziamenti ai partiti…continuo