Torture nel carcere di Foggia. Arrestati 10 agenti penitenziari
Dieci agenti di polizia penitenziaria sono stati arrestati con l’accusa di tortura, abuso d’ufficio e abuso di autorità su due detenuti nel carcere di Foggia
Due detenuti sono stati pestati l’11 agosto 2023 nel carcere di Foggia. Dopo le percosse, secondo quanto emerso dalle indagini della Procura, gli agenti arrestati avrebbero predisposto e sottoscritto atti falsi finalizzati a nascondere le violenze compiute e a impedire che venissero emesse diagnosi ospedaliere per le lesioni riportate dai due carcerati. Per questo motivo, i dieci agenti in questione sono accusati anche di omissione di atti d’ufficio, danneggiamento, concussione, falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri.
Le immagini riprese dalle telecamere interne al penitenziario questa volta immortalano quattro, cinque, sei o più agenti accerchiare e colpire con schiaffi, calci e pugni un detenuto. I volti, nei filmati mostrati, sono oscurati ma le movenze sono eloquenti. I video insieme alle testimonianze sono le prove che hanno portato ieri all’arresto di dieci agenti della polizia penitenziaria del carcere di Foggia, accusati a vario titolo di tortura nei confronti di due detenuti compagni di cella, abuso d’ufficio, abuso di autorità contro arrestati o detenuti, omissione di atti d’ufficio, danneggiamento, concussione, falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri. Una delle due vittime ha patologie psichiatriche, con pregressi tentativi di suicidio e atti di autolesionismo.
I fatti accertati dai carabinieri risalgono all’11 agosto 2023 e sono riportati nelle 96 pagine dell’ordinanza con cui la Gip di Foggia, Carla Protano, ha stabilito gli arresti domiciliari per i dieci indagati: un ispettore, la sua vice e altri, con ruoli ed età diverse (nati tra il 1968 e il 1998). Sono indagati a piede libero anche due medici e un altro agente. Secondo i militari, «nel corso delle indagini sarebbe stata documentata la predisposizione e la sottoscrizione di atti falsi finalizzati a celare le violenze perpetrate e a impedire che venissero emesse a carico delle persone offese le diagnosi delle lesioni riportate. Sarebbero state, inoltre, accertate minacce e promesse di ritorsioni attraverso le quali due indagati avrebbero costretto le vittime a sottoscrivere falsi verbali di dichiarazioni, in cui fornivano una versione dei fatti smentita dagli esiti delle indagini».
Uno dei due detenuti vittime del pestaggio dell’11 agosto è affetto, scrive la Gip, da patologie psichiatriche anche sfociate in atti autolesivi e tentativi di suicidio, e quindi maggiormente vulnerabile. Questa persona, invece di essere curata, è stata sottoposta, secondo la giudice, «ad un trattamento inumano e degradante» consistente «in un’aggressione protratta nel tempo da parte di più persone» e ha subito «lesioni al capo, ad un occhio e al torace, acute sofferenze fisiche e un verificabile trauma psichico». L’esposto che l’uomo ha fatto uscire dal carcere di nascosto è arrivato in procura il 17 agosto. Vi si racconta di come sarebbe stato “punito” per un atto di autolesionismo compiuto davanti ad un’ispettrice che è rimasta offesa dal gesto.
Come fa notare Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, questo è uno dei tanti casi di agenti indagati, imputati o già condannati nei primi gradi di giudizio per tortura. «Se ci fosse una modifica dell’attuale legge, approvata nel 2017, come il Ministro Nordio ha dichiarato e ribadito essere nelle intenzioni del governo, tutte queste indagini e processi potrebbero saltare. Per questo – conclude Gonnella – difenderemo strenuamente l’attuale impianto normativo».
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