«Sindaco!! Dì quarcosa de destra!». E’ sembrata una nemesi della celebre battuta di Nanni Moretti l’esibizione di ieri di Gianni Alemanno dopo l’incontro con il ministro dell’Interno Maroni.
Le avvisaglie c’erano già state nei giorni scorsi con i richiami alle deportazioni di cittadini rom comunitari messe in campo da Sarkozy, ma evidentemente non avevano sortito l’effetto propagandistico necessario. Aumentare la rapidità con cui verranno demoliti i campi rom ritenuti abusivi nella capitale? Troppo poco. Istituire il numero chiuso (non più di 6mila rom in città)? Improvvisare regolamenti per cui solo chi è presente sul territorio da almeno 10 anni potrà restare? Idee trite e ritrite che non finiscono neanche sulla stampa locale e non contribuiscono allo scopo per cui vengono sbandierate: far crescere il consenso di una amministrazione che in questi due anni si è distinta per inadeguatezza totale ad affrontare i problemi reali di tutte e tutti coloro che a Roma ci vivono, indipendentemente dalla loro provenienza.
Del resto gli annunci di Alemanno e quelli di Maroni sono interdipendenti: soluzioni ad effetto, sfoderamento di muscoli e cattiveria contro i più vulnerabili e poi spesso nulla di concreto. Il risultato è comunque che la percezione di insicurezza su cui si fonda la fabbrica della paura non è affatto sparita mentre le questioni sociali che ne sono causa ed effetto restano immutate. E allora ecco un bel “decreto sicurezza”, l’ennesimo che il ministro si è impegnato a emanare entro 15 giorni – a detta di Alemanno – con tre bersagli precisi: rom, prostitute e senza fissa dimora. Avveniva anche 500 anni fa, l’ha ripetuto il fascismo e ci si riprova oggi con modalità pressappoco inalterate.
Esiste, a differenza del Ventennio, un soggetto chiamato Europa, che regola attraverso una direttiva del 2004 la libertà di circolazione. Direttiva che offre gli strumenti per bloccare l’afflusso delle persone non gradite, è sufficiente che rischiare di pesare sul bilancio sociale e che venire ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica. Non basta. Maroni, dice Alemanno, proporrà all’Ue di rendere ancora più restrittive le condizioni di movimento e di far sì che i singoli Stati possano agire indipendentemente dalla direttiva, per espellere magari intere comunità ritenute non integrate o “numericamente” troppo onerose. E per quanto riguarda in particolare la Capitale? Alemanno è in prima fila: non importa se il tanto decantato Piano nomadi sia un mistero in itinere, non importa se un giorno il sindaco dichiara di aver individuato le aree per 6 campi attrezzati e il giorno dopo diventano 3, non importa se i campi abusivi siano, a seconda della necessità di allarmare la popolazione, 100 o 200. Sgomberi e demolizioni, è questa la risposta, trovando poi soluzioni di accoglienza economicamente compatibili. «Non è accettabile che esistano strutture che costano 72 euro al giorno per ospite e strutture che ne costano 19», tuona il sindaco, senza spiegare quale mai possa essere la differenza e perché l’amministrazione garantisca convenzioni cosi diversificate.
Per eliminare la prostituzione non basta invece un’ordinanza comunale – scopre l’ineffabile sindaco – il meretricio si continua ad esercitare a cielo aperto e in tutti i quartieri, secondo la legge universale della domanda e dell’offerta. Ma anche per questo problema Alemanno ha pronta una soluzione immediata: rendere tale attività reato. Il tutto in un decreto legge. Come con i rom il risultato è garantito: maggiore invisibilità, ricattabilità e fragilità in cambio del tanto decantato “decoro urbano” di veltroniana memoria.
Terzo bersaglio: chi è senza fissa dimora, chi vive in condizioni di povertà estrema. L’idea, anche questa copiata di sana pianta da passati regimi, è quella del Trattamento sanitario «realmente obbligatorio» per i vagabondi. In pratica: homeless, mentalmente sofferenti o perfettamente lucidi non importa, trascinati contro la loro volontà e abbandonati per qualche giorno o settimana in strutture di contenzione e poi di nuovo fuori, nel freddo e nella polvere: ma nel frattempo un marciapiede, un angolo riparato saranno rimasti “puliti”, non più ingombri di cartoni e frammenti di vita.
Frasi ad effetto forse, per riacquistare credibilità. Polvere nascosta sotto il tappeto come strategia di governo e campagna elettorale strisciante, purtroppo cogliendo un malessere diffuso. Ieri, oltre al mistero pestaggio di un “branco” che ha ridotto in fin di vita un uomo alla Magliana, in un altro quartiere periferico, Tor Sapienza, un’aggressione ha scatenato la rabbia della popolazione, in particolare contro rom e transessuali. Una problematicità, quella delle periferie che andrebbe affrontata con piani di sviluppo sociale inclusivi, altro che demolizioni. Ma per contrastare il sindaco che soffia sul fuoco, occorrerebbe una sinistra capace di affermare che la vera sicurezza è quella che passa per maggiori risorse per il welfare.
Stefano Galieni
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