Accolta l’incriminazione di 16 persone per le manifestazioni del 2013. La magistratura e la politica tentano di far passare quel movimento, eterogeneo e partecipato, come parte di un piano criminale diretto a realizzare un golpe, quello fallito del luglio 2016
Duramente represso, calpestato dall’autoritarismo di Erdogan e dalla riforma costituzionale che gli ha dato super poteri, il movimento di Gezi Park subisce l’ennesima violenza.
Ieri la 30esima Corte penale di Istanbul ha accettato l’incriminazione e la richiesta di ergastolo per 16 persone per i fatti di piazza Taksim. Tra loro l’uomo d’affari e attivista per i diritti umani Osman Kavala. Kavala è accusato di aver finanziato le proteste e di essere coinvolto nel tentato colpo di stato del luglio 2016. Stesso dicasi per gli altri 15, tra cui l’ex direttore di Cumhuriyet, Can Dundar, già in esilio in Germania, gli attori Memet Ali Alabora e Pınar Alabora e l’avvocato Can Atalay.
Un piano criminale unico, è questo che il sistema giudiziario – su spinta della politica, visto che parte civile è l’intero governo dell’epoca e lo stesso presidente Erdogan, all’epoca premier – vuole far passare, come se le proteste di Gezi Park (partecipatissime, eterogenee, a cui hanno preso parte movimenti di sinistra, islamisti, comunità Lgbtqi e comunità alevita, ultrà) fossero state il primo passo di un grande complotto per rimuovere il presidente Erdogan.
Kavala è già in prigione da un anno con l’accusa di aver ordito le manifestazioni di Gezi già nel 2011. Secondo la procura, gli accusati “volevano costringere il governo alle dimissioni o a indire elezioni anticipate” e “preparare il terreno per una guerra civile o un golpe”. Su spinta, aveva aggiunto lo scorso novembre Erdogan, di George Soros, la longa manus che più di un regime populista usa per compattare l’opinione pubblica interna.
Le opposizioni all’Akp, il partito di governo e del presidente Erdogan, leggono l’incriminazione e la richiesta di ergastolo come l’ennesimo tentativo del governo di polarizzare la già divisa società turca e di raccogliere consensi in vista delle elezioni comunali di fine marzo, quando a votare saranno chiamati tra gli altri i cittadini di Ankara e di Istanbul. Un voto, dunque, importante ai fini della legittimità di un regime che sta chiudendo il suo secondo decennio al potere e che necessita di nuova spinta “popolare” a un anno e mezzo dal sì referendario alla riforma costituzionale che aveva spaccato il paese.
Per farlo il governo “diffama e sporca la onorevole storia di Gezi”, scrive in un comunicato l’Unione degli architetti e degli ingegneri.
da Nena News